Il Legislatore, non ha, ad oggi, fornito una riposta.
Di conseguenza, è ragionevole argomentare che la sede “naturale” ove verrà risolto tale problema è quello della contrattazione collettiva, in particolar modo quella di livello aziendale.
Datori di lavoro e rappresentanti dei lavoratori potranno, in virtù della loro autonomia negoziale, decidere come ripartire quest’onere.
Vi potranno essere delle aziende che, per venire incontro alle esigenze dei propri dipendenti, accetteranno di farsi carico di questa spesa.
Non è escluso che alcune imprese stipulino delle convenzioni con delle farmacie e che, di conseguenza, vengano costituiti dei “centri tamponi” all’interno della stessa struttura aziendale al fine di rendere più agevole e semplice l’ottenimento del Green Pass.
Altre aziende potrebbero accordarsi per dividere il costo (ad esempio 50% dipendente e 50% datore). Altre imprese saranno, invece, meno disposte a trattare e riterranno che l’onere economico gravi sul singolo lavoratore.
Quanto indicato al precedente paragrafo si applica, ovviamente, alle aziende medio-grandi.
Molto diversa è la situazione in una piccola realtà ove, ad esempio, vi sono 5 dipendenti di cui solo uno deve effettuare il tampone ogni 48 ore.
In questo caso non esisterà un livello di contrattazione collettiva aziendale, ma la questione verrà rimessa al rapporto tra singolo datore di lavoro e singolo lavoratore.
Cosa accade in tutti quei casi in cui non esiste un accordo (collettivo o individuale) tra datori di lavoro e lavoratori su come ripartire l’onere economico dei tamponi?
Sul punto è possibile argomentare che ai sensi dell’art. 2087 c.c. e dell’art. 15 del Decreto Legislativo 81/2008 il costo del tampone, in quanto attinente alla materia sicurezza/igiene sul lavoro, è un onere economico che grava sul datore di lavoro. In particolare, l’art. 15, comma 2, Decreto Legislativo 81/2008, stabilisce testualmente “Le misure relative alla sicurezza, all’igiene ed alla salute durante il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori.”
Tuttavia, altri colleghi hanno espresso opinioni differenti, argomentando che il costo dei tamponi grava sul lavoratore siccome non è stato espressamente stabilito dal Legislatore che tale spesa sia a carico del datore.
La questione pertanto rimane aperta. E’ auspicabile che il Legislatore si esprima sul punto il prima possibile.
Cosa può fare un lavoratore che vuole ottenere il rimborso dei tamponi dal proprio datore di lavoro?
Preliminarmente deve inviare una richiesta/diffida. In caso di risposta negativa o di mancata risposta, deve ricorrere al Giudice del Lavoro, chiedendo il rimborso della spesa sostenuta per effettuare i tamponi. Sarà poi il singolo Magistrato a decidere in assenza di una disposizione normativa specifica che stabilisca come ripartire il relativo onere economico. Non è escluso che vi siano Giudici del Lavoro che forniscono interpretazioni divergenti in tale delicata materia.
Avv. Gianluca Teat
Autore del Breve manuale operativo in materia di licenziamenti, 2018 (Seconda Edizione), Key Editore
Coautore di Corte Costituzionale, Retribuzioni e Pensioni nella Crisi. La sentenza 30 aprile 2015, n. 70, 2015, Key Editore
Potete contattarmi via e-mail all’indirizzo avv.gianluca.teat@gmail.com oppure attraverso il mio profilo Facebook Avv. Gianluca Teat o visitare il mio sito internet
http://licenziamentodimissioni.it/index.html
Lo stato deve pagare i tamponi al lavoratore perché sta facendo a proprie spese il tracciamento che doveva fare il governo a suo tempo che purtroppo non è’ stato in grado di fare come tutte le altre cose!
Fino al 29 luglio l’Italia ha speso 4,1 miliardi di euro per i due vaccini utilizzati!!!!