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La previdenza sociale del «precario disoccupato»: la DIS-COLL

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L’art. 15 del Decreto Legislativo 4 marzo 2015, n. 22 (in attuazione della Legge 10 dicembre 2014, n.183, meglio nota come «Jobs Act») ha istituito, con riferimento agli eventi di disoccupazione verificatisi nell’anno solare 2015, una generale prestazione previdenziale mensile denominata DIS-COLL destinata ai «precari». La Legge di Stabilità ha prorogato tale indennità per tutto il 2016. Dunque, una prima osservazione: lavoro precario a cui corrisponde un «sussidio» legislativamente anch’esso precario in caso di disoccupazione, in quanto introdotto in via temporanea.

Quali sono i «precari» che hanno diritto alla DIS-COLL dopo la perdita involontaria della loro occupazione?
La DIS-COLL è riconosciuta ai collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto, che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione dal 1 gennaio 2015.

Quali soggetti non hanno diritto alla DIS-COLL?
Tale indennità di disoccupazione non viene riconosciuta alle seguenti categorie di soggetti:

1) i collaboratori titolari di Partita Iva;
2) i collaboratori titolari di pensione o assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie;
3) gli amministratori e i sindaci;
4) gli assegnisti e i dottorandi di ricerca titolari di borsa di studio.

Quali sono i requisiti per avere diritto alla DIS-COLL?
1) Attualmente non è più necessario avere almeno un mese di contribuzione nell’anno solare. Tuttavia, occorre essere in stato di disoccupazione al momento della presentazione della domanda ed è indispensabile avere maturato per lo meno tre mesi di contribuzione nel periodo compreso tra la cessazione del rapporto di collaborazione e il primo gennaio dell’anno precedente;
2) iscrizione alla Gestione Separata INPS in via esclusiva e continuativa nel periodo di collaborazione che fa maturare il diritto alla DIS-COLL.

A quanto ammonta la DIS-COLL?

Diritto del Lavoro, a cura dell’Avv. Gianluca Teat

La misura dell’indennità è equivalente al 75% del reddito mensile se questo è inferiore a 1.195 Euro. Se il reddito prodotto supera il predetto limite, è previsto un lieve aumento. In ogni caso, l’indennità non può superare i 1.300 Euro. Si evidenzia che la misura dell’indennità si riduce del 3% ogni mese a decorrere dal quarto mese di fruizione.


 

Qual è la durata della DIS-COLL?
La durata di tale indennità è piuttosto limitata nel tempo. Infatti, essa corrisponde a un numero di mensilità pari alla metà dei mesi di contribuzione accreditati in precedenza. In ogni caso, la DIS-COLL non può superare i 6 mesi complessivi. Per i periodi di fruizione di tale prestazione previdenziale non sono riconosciuti i contributi figurativi.

Come si presenta la domanda e entro quanto tempo?

La domanda deve essere inoltrata all’INPS unicamente in via telematica entro il termine di decadenza di 68 giorni dalla fine del periodo di collaborazione. Per ogni ulteriore dettaglio si rinvia alla recentissima Circolare INPS n. 74/2016 che chiarisce numerosi aspetti di tipo tecnico-operativo.

gianluca teat avvocato lavoro

Avv. Gianluca Teat

Potete contattarmi anche via e-mail avv.gianluca.teat@gmail.com o interagire con il mio profilo Facebook Avv. Gianluca Teat

16/05/2016

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Una breve nota per far meditare il lettore: chi sosterrà i consumi con questo tipo di occupazioni, con redditi di sussistenza e con tali indennità di disoccupazione? Come si può pensare che si uscirà dalla «crisi» senza politiche salariali elevate, lavori stabili e tutele per le famiglie? Monti, Renzi, Unione Europea, Fondo Monetario Internazionale non sono la soluzione, ma il problema!
Oggi siamo arrivati a questo grazie alle vittorie della Thatcher e Reagan degli anni Ottanta con le loro politiche monetaristiche a cui sono seguite la globalizzazione incontrollata e la speculazione finanziaria sistematica. O si torna al grande John Maynard Keynes o queste masse di precari saranno presto socialmente incontenibili. Se oggi esiste la «pace sociale», lo dobbiamo all’economia keynesiana che «esiste ancora» sotto forma delle vecchie pensioni e dei vecchi tipi di contratto di lavoro (foto di epoche passate in via di esaurimento). Terminato questo benessere, cosa accadrà?

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3 persone hanno commentato. La discussione è aperta...

  1. Gentile Veronica,
    capisco il Suo commento, ma rilevo il seguente fatto: Lei ragiona con gli schemi dei tempi di mia mamma quando esisteva la piena occupazione e si andava in pensione a 55 anni o anche prima. All’epoca non lavoravano realmente solo i pigroni scioperati!
    Purtroppo oggi i nostri economisti non seguono più Ford e Keynes, le economie sono sature e morenti e si sta creando un nuovo proletariato che non può sostenere più i consumi aggravando così la crisi giorno dopo giorno, mentre le merci dei paesi emergenti inondano i nostri mercati.
    In questo contesto è principalmente il benessere delle precedenti generazioni sotto forma di pensioni e salari più elevati a garantire la pace sociale. Poi cosa accadrà? Non sarà di certo lavoricchiando un po’ in giro che si sosteranno i consumi e lo sviluppo economico.
    Inoltre, Lei stessa ha affermato di essere una giovane mamma. Provi a pensare a una mamma di 45 anni che perde il lavoro a cui mancano tanti anni prima di arrivare alla pensione (e con quali contributi?) e scoprirà ben presto che una società civile non sopravvive “lavoricchiando”.
    Avv. Gianluca Teat

  2. Effettivamente penso che sia una cosa inventata per accontentare chi non vuole lavorare e garantire qualcosa a chi non vuole cercare. E parlo da giovane mamma che comunque prima di avere un contratto q tempo “indeterminato” ha lavoricchiato in giro ( quindi qualcosa da fare in giro sempre c’è!). Per quanto in certe situazioni può essere utile, proverei a valutare ogni caso, visto che soldi non ce ne sono e mantenere chi non vuole lavorare mi sembra economicamente impossibile.

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