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The Irishman, nuovo capolavoro di Martin Scorsese

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The Irishman, nuovo capolavoro di Martin Scorsese

A ventinove anni da “Quei bravi ragazzi” e a ventiquattro da “Casino” Martin Scorsese torna nei luoghi del mafia movie per consegnarci l’ultimo tassello di una ideale trilogia sull’argomento.

Tratto dal saggio di Charles Brandt, “Ho ucciso Jimmy Hoffa (I heard you paint houses)”, documento/intervista sul presunto assassino del leggendario leader del sindacato camionisti americano, Scorsese fa muovere su una narrazione a differenti piani temporali la vicenda di Frank Sheeran, gregario mafioso sotto la protezione di Russ Bufalino.

Confesso di aver aspettato che il mio animo si raffreddasse e che recuperassi un minimo di distacco, leggendo un po’ di recensioni in giro, prima di commentare un film verso il quale, istante dopo istante, mi sono semplicemente entusiasmato.

Ma, nonostante la cura in abbattitore continuo a ritenere “The irishman” un nuovo capolavoro di Martin Scorsese; come da un po’ non ne faceva.

Preceduto da numerose polemiche relative al fatto che il film sarebbe rimasto in sala per pochi giorni per poi traghettare su Netflix (l’unica compagnia che ha accettato di produrre il film), infiammato dalle esternazioni sfavorevoli del regista verso i film della Marvel, “the Irishman” è stato inseguito nelle sale da molti più spettatori di quanto si poteva prevedere. Io stesso non ho esitato ad affrontare pioggia e alta marea per recarmi a questo appuntamento.

Perché reputo “The Irishman” un film straordinario? Dei tanti punti di vista che rendono questa pellicola impeccabile il più evidente è che Scorsese, con la sua fluida arte narrativa, riesce a raccontarci 40 anni di storia statunitense in tre ore e mezza come se bevessimo un bicchiere di champagne pregiatissimo.

Man mano che il film prosegue siamo soggiogati dalla facilità con cui ci accompagna a passo di slow a conoscere relazioni tra mafia e potere, controversie tra una figura piena di luci e ombre come Hoffa e relazioni con la famiglia Kennedy e conflitto cubano.

La storia dell’”imbianchino” Frank Sheeran narrata dallo stesso mentre risiede in un ospizio è il viatico per una lezione magistrale di storia senza che un’oncia dello spettacolo vada persa. Ma il film non è solo questo. ”The Irishman” è una riflessione su vecchiaia, passato, colpa, responsabilità dell’individuo; un altro “uomo del sottosuolo” come Travis Brickle . Un individuo che non riesce a controllare eventi che lo travolgono e persone che lo comprano senza che nemmeno lui se ne accorga.

Per raccontare questa specie di parabola Scorsese recupera Robert De Niro e Joe Pesci (il quale si era ritirato dalle scene). E finalmente ingaggia l’attore che ci saremmo sempre aspettati di vedere in un suo film: Al Pacino.

Scorsese ha scelto di utilizzare la CGI per il ringiovanimento e l’invecchiamento degli interpreti; se forse questo può essere l’unico neo della pellicola il film è talmente importante che non è il caso di farne delle questioni che, purtroppo, stanno un po’ congestionando i social. Come se importasse la non perfetta resa degli effetti più della magnificenza di un film davvero importante.

E interpretato da attori importanti: se De Niro è capace di indossare i panni dell’uomo inconsapevolmente smarrito e sottomesso, Pacino giganteggia nel ruolo di Jimmy Hoffa con una performance sanamente istrionica. Ma a trionfare (sempre se vogliamo trovare un vincitore a ogni costo) è forse Pesci; il suo Russ Bufalino distaccato, cortese ma feroce; che fa giurare fedeltà con l’eucarestia di un pane all’uvetta e vin santo è una meraviglia di understatement recitativo. Senza dubbio uno dei punti più alti di una carriera splendida.

Consiglio di vedere il film in lingua originale; non solo per non perdere i passaggi in italiano degli attori ma per godere appieno dell’arte recitativa di un terzetto di eccellenze.

In “The irishman” l’aria di fine dei tempi che si respira non ha nulla di compiaciuto. A dirla tutta, ciò che di doloroso c’era in “Godfellas” e ancor più nel film monstre “Casinò” in questo terzo capitolo diventa non solo più amaro ma persino ineluttabile.

Un dettaglio spesso trascurato nei vari commenti e nelle recensioni è la rappresentazione del femminile all’interno del film. Che Scorsese abbia dato sempre peso al ruolo di mogli, amanti e congiunte nei suoi lavori è un dato già di per sé poco analizzato in genere. Ma sarebbe grave non soffermarsi sulle valenze delle silenti mogli dei protagonisti o sulla fondamentale presenza della figlia di Sheeran (interpretata da una recuperata Anna Paquin).

Non perdetevi “The Irishman”; anche se ormai non è più possibile trovarlo in sala vi invito a recuperarlo. E a recuperare lo sguardo verso un cinema che ha il diritto di prendersi i suoi tempi. Un film di un quasi ottentenne saggio e allo stesso tempo di un ragazzino affamato di cinema.

THE IRISHMAN
(2019- THE IRISHMAN; I HEARD YOU PAINT HOUSES)
Regia: Martin Scorsese
Con ROBERT DE NIRO, JOE PESCI, AL PACINO, ANNA PAQUIN, BOBBY CANNAVALE, RAY ROMANO

Giovanni Natoli

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