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Processo Bossetti, sequela di colpi di scena. La moglie: io cercavo immagini di ragazzine al pc

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Processo Bossetti, sequela di colpi di scena. La moglie: io cercavo immagini di ragazzine al pc

Alma Azzolin, 61 anni, di Trescore Balneario, ora ricorda bene. Al processo per l’omicidio di Yara Gambirasio guarda l’imputato e dice: «È il signor Bossetti». Lui, Massimo Bossetti, è l’uomo che ha visto in auto con una ragazzina, nell’estate del 2010, nel parcheggio del cimitero davanti alla palestra di Brembate Sopra. Con sicurezza, più di quella messa a verbale nel novembre 2014, dice anche che la ragazzina era Yara: «Sì, per me sì».
Ma il giorno del processo a Bossetti riserva anche altre sorprese.

Ester Arzuffi, la madre di Bossetti, che preferisce lasciare irrisolto il mistero sugli anni in cui concepì suo figlio Massimo, accusato di aver ucciso la tredicenne Yara Gambirasio: preferisce non rispondere. Suo figlio Massimo, che la scienza ha stabilito non essere figlio di suo marito ma dell’autista di autobus Giuseppe Guerinoni, morto nel 1999. E per questo, davanti ai giudici della Corte d’assise di Bergamo, davanti ai quali si celebra il processo a suo figlio, si avvale della facoltà di non rispondere come ha fatto l’altro suo figlio, Fabio.

Marita Comi, la moglie dell’accusato che per difendere il marito arriva a viso aperto a vivisezionare la sua vita più intima, attribuendosi la responsabilità delle ricerche a sfondo pedo-pornografiche
trovate nei computer di casa saltate fuori dall’analisi dei pc.
«Sì, le facevo io». L’avvocato Pelillo elenca a Marita una serie di titoli a luci rosse, anche con la parola «ragazzine» e lei se ne assume la responsabilità. Anzi, ribatte: «Perché, è illecito?». Bossetti sbotta: «È intollerabile, basta». Ma la parola «tredicenne», no, quella Marita dice di non averla mai digitata. Bossetti nemmeno.
“Mai fatto ricerche su tredicenni”, quindi per quanto riguarda le ricerche a sfondo pornografico, “qualche volta le facevo io, qualche volta insieme, oppure io da sola”.

Marita, giubbetto di pelle nera, sciarpa di seta al collo, ripercorre il suo rapporto col padre dei suoi tre figli e ribadisce che di quel 26 novembre del 2010 in cui Yara scomparve di casa per essere trovata uccisa tre mesi dopo in un campo di Chignolo d’Isola, a pochi chilometri dalla sua abitazione, non ha ricordi precisi, ma “siamo abitudinari, ceniamo sempre alla stessa ora, se fosse tornato più tardi me ne sarei ricordata”.

“Marita Comi, si ricorda quando in carcere poneva domande insistenti su quel pomeriggio che mandò in frantumi la vostra vita?”, incalza il tribunale. “Ero travolta dalle notizie che arrivavano, che sembravano certezze e io volevo verità”. Se, dopo quelle domande le fossero rimasti dei dubbi avrebbe detto basta: “Anche per tutelare i miei bambini”.

L’udienza è stata una sequela di colpi di scena: Alma Azzolini ha ricordato come nell’estate del 2010, qualche mese prima della scomparsa di Yara, nel parcheggio di un cimitero, vide una ragazzina di 13-14 anni che era salita a bordo di un auto il cui conducente la fissò fino a metterla a disagio. Per lei quella ragazza era Yara e quell’uomo era Massimo Bossetti. “Possiamo dimostrare – hanno spiegato gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini – che Bossetti non poteva essere lì”.

Poi l’ultimo ‘giallo’: il cognato di Bossetti, Osvaldo Mazzoleni, ha ricordato come il 9 dicembre del 2010 avesse chiesto “un piacere al Massi di andare a prendere della sabbia” per ultimare un marciapiede delle villette alle quali stavano lavorando. Una circostanza che non aveva mai riferito prima nelle sue deposizioni durante le indagini riguardo un fatto che gli inquirenti ritengono sospetto perché avvenne a poca distanza dalla sparizione di Yara e perché l’azienda di Chignolo d’Isola in cui Bossetti acquistò la sabbia non rientrava tra i fornitori di allora della ditta di Mazzoleni.

Mazzoleni ha spiegato di essersene ricordato “due settimane fa”, dopo aver visto durante una trasmissione televisiva i luoghi del cantiere e l’agenda delle presenze e aver fatto “mente locale”.

Mario Nascimbeni
25/02/2016

(cod procebo)

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