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Nuove regole regionali case popolari: lettera del prof. Mozzato a Ater, Regione e sindaci

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Nuove regole regionali case popolari: lettera del prof. Mozzato a Ater, Regione e sindaci

Egregi signori,

in seguito a quanto già segnalato in relazione alle conseguenze dell’applicazione della L.R: 39/2017, mi permetterei di inviare alcune proposte di modifica della stessa, al fine di metter fine a polemiche e proteste ormai estese a tutta la Regione, ottimizzando alcuni punti.

Considerato che:

A) PER QUANTO RIGUARDA I CRITERI GENERALI:

-la precedente L.R. 10/96 considerava, ai fini sia della determinazione del canone che della decadenza dell’assegnazione, il reddito da lavoro dipendente al 60 % e quello autonomo al 100% (probabilmente in virtù della difficoltà di controllare che quest’ultimo sia effettivamente quello percepito),

invece l’attuale L.R. 39/2017 non tiene conto, penalizzando pesantemente il lavoratore dipendente e il pensionato, di questa differenza, non facendo distinzione tra le diverse tipologie citate, e quindi aggravando del 40% (portandolo al 100%) il “peso del lavoro dipendente, avvicinando così con più facilità il valore al livello di decadenza, senza contare l’impatto sull’aumento dell’affitto.

L’Isee infatti pare sottragga dal citato reddito solo il 20%, per un massimo di 3.000 euro, e per un massimo di 1.000 € se da pensione! *)

*)= art. 4, comma 3 del DPCM 159/2013 e ss.mm.ii. : deve essere sottratto, fino ad un massimo di 3000 euro, il 20% dei redditi da lavoro dipendente ed assimilati o, se più favorevole, un’analoga quota dei redditi da pensione e dei trattamenti, fino ad un massimo di 1000 euro).

-in una società dove i servizi sociali e sanitari stanno diventando progressivamente a pagamento (si provi ad immaginare quanto costa fare la corona di un dente, cosa che la Ulss non rimborsa), o un semplice funerale dignitoso), appare irrisoria la franchigia prevista dall’attuale ISEE sui risparmi: 6.000 euro per una persona, 8.000 per due, e 10.000 per tre E PIU’ persone: quindi una famiglia di 4 persone che vuole garantirsi un futuro e una vecchiaia dignitosa, dovrebbe avere risparmi limitatamente ad appena 2.500 euro per ciascun componente per non subire decadenze o aumento di canoni d’affitto: somma che non copre nemmeno il costo di rifarsi due denti.

-nei nuovi contratti, voluti non dai cittadini ma dalla Regione, pare che ora le Ater addebitano persino l’iva al 10%, cosa che prima non avveniva, che va ad infierire sul costo dell’affitto delle famiglie: cosa inaccettabile.

Su un affitto di 2400 euro si sottrarranno ai cittadini altri 240 euro, solo per l’aver cambiato la legge.

-dall’approvazione della citata legge sono anche cambiati i criteri che determinano l’Isee (il DSU), che dal settembre 2018 (come indicato pure nelle lettere agli inquilini del giugno 2018) risultano ancor più penalizzanti, senza che di questo si sia adeguata le legge

– si esprimono anche perplessità in merito alle previsioni di aumento delle entrate economiche di comuni ed Ater derivanti dai proventi degli affitti:

se è vero che gli affitti sono prevalentemente aumentati (“nel veneziano su 7.565 alloggi Erp gli inquilini che rientrano nel limite ISEE-ERP dei 20 mila euro, hanno avuto un aumento del canone d’affitto sono 6.170, mentre quelli che hanno avuto una diminuzione del canone sono 1.395” ), ma al massimo di 50 euro, e che le circa 850 famiglie che superano il limite ISEE-ERP avranno un aumento,

è pur vero che queste ultime tra due anni, o forse anche tra qualche mese, se ne andranno e verranno sostituite dai primi inquilini in graduatoria, che sicuramente non pagheranno i medesimi affitti massimi, ma forse 40 o 50 euro, facendo così forse mancare, come detto giustamente anche dal presidente dell’Ater di Venezia Speranzon, anche l’80% di quelle entrate, mandando nel giro di due anni in crisi i bilanci di Ater e Comuni.

– non si comprende come la L.R. 39/2017 stabilisca il limite ISEE-ERP per la decadenza in modo così penalizzante rispetto alla Regione Lombardia, essendo in quest’ultima pari a quasi il doppio rispetto al Veneto

B) PER QUANTO RIGUARDA LA SPECIFICITÀ DI VENEZIA CENTRO STORICO

(ed eventualmente estendibile anche al centro storico di Verona, che analogamente subisce l’impatto negativo del turismo e il conseguente esodo dei residenti):

– il sistema ISEE è studiato per un territorio nazionale standard e non tiene conto della specificità e dei costi della città di Venezia

-appare pacifico che i residenti non hanno alternative abitative in centro storico, se non l’esodo in terraferma.

-appare pacifico anche che il costo della vita a Venezia sia doppio se non triplo rispetto ad altre città, quindi il potere d’acquisto, derivante da salari prevalentemente uguali alle altre città, è pesantemente ridotto-

-appare rilevante il fatto che i residenti nella città lagunare non hanno la patente e troverebbero grossi problemi finire in una città dove ci sarebbero, specie se limitati e saltuari come accade nelle periferie, solo mezzi pubblici.

-appare impraticabile per i residenti del centro storico di Venezia che sono assistiti o assistono familiari in loco, poter raggiungere gli stessi una volta esodati nelle periferie della terraferma (vaporetto + treno/bus + a piedi?)

Per quanto sopra si chiede pertanto cortesemente di ritirare in toto e con effetto immediato la citata legge, e in subordine di eventualmente riformularla con le seguenti modifiche che ci sembrano opportune ed irrinunciabili per un vero concetto di equità:

1) detrarre ulteriore 40 % del reddito complessivo da lavoro dipendente o da pensione dall’ISEE – ERP per ripristinare il precedente equilibrio della L.R: 10/96

2) detrarre dall’ISEE – ERP una ulteriore franchigia sui risparmi pari a 40.000 euro per ogni componente del nucleo familiare, e pari a 20.000 per ogni componente minore di 14 anni, al fine di tutelare il risparmio e il futuro socio – assistenziale dei cittadini

3) non far addebitare dalle Ater l’IVA al 10%, anche accollandosi in toto il costo della registrazione del contratto

4) adeguare la legge in base alle penalizzazioni conseguenti alla modifica dei criteri di calcolo del’ISEE e del DSU

5) valutare se davvero ci saranno degli aumenti delle entrate con l’applicazione della nova legge, o se non convenga, per evitare i cali di gettito illustrati, mantenere in essere contratti di locazione adeguando il canone anche a livelli di libero mercato (così sarà poi l’inquilino che deciderà se sia il caso di restare), che consentirebbero introiti ance venti volte superiori e consentirebbero il restauro e l’acquisizione di nuovi alloggi estendendo così il patrimonio ERP invece che fari “ruotare” le famiglie sempre ne medesimi insufficienti alloggi
6) portare il limite ISEE – ERP di 20.000 al pari della Regione Lombardia, e a 40.000 euro per Venezia centro storico (ed ev. altre città con notevole impatto del turismo come ad es. Verona)

Con spirito propositivo e collaborativo, certo della bontà delle proposte utili ad evitare rivolte, proteste ed iniquità (i furbi veri che dichiarano redditi da lavoro autonomo irrisori e magari ne guadagnano dieci volte tanto continueranno ad essere tali, specie a Venezia come avviene da anni sotto gli occhi di tutti…), confidando di veder accolta la presente richiesta che non potrà far altro che ridare prestigio alla Regione del Veneto e forse anche più case da assegnare ai veneti, ringrazio per la considerazione che vorrete dare alla presente e, in attesa di cortese riscontro in base alla L.241/90 e a disposizione per ogni approfondimento di quanto descritto, porgo distinti saluti.

Prof. Fabio Mozzatto

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La discussione è aperta: una persona ha già commentato

  1. Le modifiche richieste all’isee attuale di 20 mila euro sono fondate e motivate. Faccio i miei complimenti al Prof. Mozzato che ha saputo descrivere in maniera semplice e vera l’esigenza di cambiare questa legge regionale. Mi spiace solo che non verrà accolta la sua proposta. Lanzarin e Zaia hanno sbagliato . Non pensando che in tempo di elezioni regionali il presidente Zaia non avrà nessun voto da parte della popolazione Veneta. Forse farebbe bene a ripensare alla sua legge se vuole ancora rivestire la sua carica alla regione Veneto.

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