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Nei campi di concentramento libici torture inenarrabili, ma noi ci accaniamo con chi cerca di portarli in salvo. Di Andreina Corso

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Nei campi di concentramento libici torture inenarrabili, ma noi ci accaniamo con chi cerca di portarli in salvo

Leggendo le analisi e le riflessioni che in queste giornate si moltiplicano, anche e soprattutto in ragione della vicenda che ha coinvolto la capitana Carola Rackete e i 42 migranti, si comprende che poco si sa e si dà conto e si percepisce di quel che succede in terra libica.
Qual è la verità rimossa sui lager dei migranti in Libia?

È vero che l’Italia e l’Europa conoscono le condizioni di vita nei campi di detenzione? E noi cosa ne sappiamo?
Sorge il dubbio che molte affermazioni neutre o contrarie per principio alla sola parola migrante, siano proprio il frutto della non conoscenza. E che i luoghi che trattengono i profughi, che li circoscrivono rendendoli invisibili al mondo, di fatto risultino rassicurati per la coscienza che non vede, non sa, non deve rispondere a nessuno.

Ci aiuta a capire e ad affrontare il problema, l’organizzazione Human Right Watch (hrw.org) che ha definito “L’inferno senza scampo” quella realtà che condanna i migranti a vivere in “condizioni degradanti e intollerabili, esposti a rischio di torture, violenze sessuali, estorsioni e lavori forzati”.

Il rapporto di HRW, dopo i sopralluoghi nei centri di Tripoli, Zuwara e Misurata, non risparmia critiche alle politiche dell’Unione europea, che ha contribuito, con la sua distanza e indifferenza “agli abusi sui migranti in Libia”.

Per un’involontaria associazione, vengono in mente gli ospedali psichiatrici veneziani dell’isola di san Clemente e di san Servolo, che contenevano donne e uomini sulle isole, distanti dalla città, con la complicità inconsapevole dell’acqua.

Cos’hanno in comune i manicomi con i centri libici? La distanza fra gli esseri umani. La banalità del male, così rifletteva Hannah Arendt, esercitata da uomini spaventosamente normali, come quei gerarchi nazisti, durante il processo di Norimberga, che alle accuse dei magistrati risposero: “Non abbiamo fatto altro che ubbidire alle leggi”.

Meglio non addentrarsi in percorsi filosofici sul rispetto delle leggi, che ci porterebbero su terreni impervi e soffermarci invece sul libro curato da Maurizio Veglio “L’attualità del male. La Libia dei lager è verità processuale – Edizioni Seb 27”, perché è un volume scritto da giuristi che condannano l’Italia e l’Unione Europea che con le loro politiche hanno avallato la condotta libica, in spregio ai diritti umani.

Gli autori del volume analizzano la sentenza pronunciata dalla corte d’Assise di Milano il 15 ottobre 2017 alla luce del presente e di un passato più o meno recente.
Due giudici togate – riporta Il Manifesto in merito – insieme ai giudici popolari della corte di Milano avevano condannato all’ergastolo il cittadino somalo Matammud Osman.

Era stato fermato da altri suoi connazionali nei pressi della Stazione Centrale di Milano, che avevano riconosciuto in lui l’aguzzino che nel campo di Bali Walid in Libia li stuprava e torturava, costringendo i parenti a sentire le loro urla al telefono. Un sistema di ricatto collaudato, l’attività imprenditoriale più lucrativa oramai da tempo in Libia.

Per la prima volta una Corte di giustizia di un Paese dell’Unione Europea ha scritto nero su bianco quello che in questi anni sta succedendo ai migranti nei centri di detenzione libici e condannato uno dei carnefici, accusato da tredici uomini e quattro donne di indescrivibili crudeltà.

La sentenza stabilisce non solo la verità processuale, ma anche la verità storica di accadimenti che proseguono in Libia. Il documento descrive con rara chiarezza le stazioni della via crucis delle vittime fino al loro arrivo in Italia. Tremenda la descrizione del campo di Bali Walid, «dotato di un grandissimo hangar all’interno del quale venivano tenute recluse circa 500 persone. Intorno a questo capannone c’era un cortile sorvegliato da uomini libici armati. I migranti dormivano tutti insieme, uomini e donne, ed erano così ammassati che non c’era neanche lo spazio per muoversi. L’hangar non era areato, le condizioni igieniche erano del tutto scadenti, c’erano pidocchi ovunque, molti migranti soffrivano di malattie della pelle. Non potevano lavarsi, il cibo fornito era scarso. I profughi erano costretti a rimanere chiusi dentro il capannone giorno e notte, senza nemmeno poter parlare fra loro».

“L’accusato prelevava i reclusi ogni giorno, li portava in una stanza delle torture, dove li tormentava con scariche elettriche, gli faceva colare addosso plastica incandescente; li appendeva per le mani e li colpiva con bastoni di gomma e spranghe di ferro, li lasciava per ore incaprettati a disidratarsi sotto il sole. Per terrorizzare tutti, ne uccideva alcuni, lasciando i cadaveri esposti per giorni. Quotidianamente prendeva le ragazze anche minorenni e le sottoponeva a interminabili, gravissime violenze sessuali, ancora più penose per quelle infibulate. Una lettura insostenibile, ma è necessario far conoscere questa sentenza perché tali crimini continuano a essere perpetrati in Libia su sempre nuove vittime”.

Secondo Medici per i diritti umani, l’85% di chi è sbarcato in Italia dalla Libia tra 2014 e 2017 ha subito torture, eppure ciò non lascia tracce nel dibattito sulle politiche migratorie.

Come mai Il governo italiano, però, rivendica la bontà della “strategia” in Libia?

“L’Apocalisse ha il volto emaciato di centinaia di sciagurati ammassati in un hangar tra le montagne e il deserto” ha detto un testimone. Noi però che abbiamo tutto, che andiamo in crisi se ci privano delle cose più futili, pretendiamo che quei lager continuino ad esistere e ci accaniamo contro chi cerca di portarli in salvo.

Andreina Corso

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2 persone hanno commentato. La discussione è aperta...

  1. Sono in quei campi siccome la mafia internazionale governa l’immigrazione clandestina. Stanno in quei campi con la speranza di arrivare in Europa. Se non avessero più la speranza di entrare in Europa, non ci sarebbero nemmeno più quei campi e staremmo meglio sia noi che loro che vivono di false speranze! Dunque, finiamola con questa retorica! Chi ragiona così non fa altro che aumentare il business dell’immigrazione clandestina!

  2. La capitana ha fatto risaltare sia la malignità del governo che dell’Europa, sia la disperazione de* migranti*. La narrazione che l* vuole usurpator* dimentica appunto i lager libici avallati da Minniti, il PD e l’Europa. Nella ridda di dichiarazioni brevi e veloci dovute ai social si insinua come un veleno nelle menti di tutt* noi nutrendo le peggiori nefandezze dell’essere umano. A questo si deve resistere e va ripetuta martellante la verità. Grazie Andreina

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