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Isis potrebbe usare armi chimiche in attentati futuri

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Isis potrebbe usare armi chimiche in attentati futuri

Isis potrebbe usare armi chimiche in attentati futuri e sta lavorando senza soste per metterle a punto. La convinzione mette tutti d’accordo: francesi, russi, americani e iracheni.

Gli Usa, insieme agli apparati di Bagdad, hanno individuato un’intensa attività da parte dello Stato Islamico, un programma che non è chiaro quanto sia avanti ma certamente ha attratto risorse.

I jihadisti — secondo informazioni rilanciate in queste ore — hanno reclutato esperti all’estero e ingaggiato un tecnico che ha lavorato nel settore all’epoca di Saddam Hussein. Come altri ex ufficiali oggi al vertice del movimento, ha offerto la sua conoscenza in un campo difficile come quello delle armi chimiche.

Isis sta perseguendo lo sviluppo di armi chimiche attraverso la realizzazione di una sezione dedicata alla ricerca e agli esperimenti con l’aiuto di scienziati siriani, iracheni e di altri Paesi della regione, hanno affermato funzionari dell’intelligence di Usa e Iraq citati in forma anonima dalla Ap.
Le fonti Usa hanno detto allo stesso tempo ad Ap di non credere che Isis abbia le capacità per sviluppare armi chimiche più sofisticate, come il gas nervino, meglio utilizzabili per attacchi terroristici.
Ieri, però, il Premier francese Manuel Valls ha detto davanti all’Assemblea nazionale che “non bisogna escludere niente…può esserci anche il rischio di armi chimiche e batteriologiche”.

Da diversi mesi si ritiene che Isis abbia utilizzato a più riprese gas mostarda in combattimenti in Iraq e in Siria, mentre a fine di ottobre il capo del dipartimento per la non
proliferazione delle armi del ministero degli Esteri russo, Mikhail Ulianov, ha affermato che i jihadisti dell’Isis hanno preso possesso delle tecnologie per produrre armi chimiche.

Tra i possibili scenari del terrore uno degli incubi è rappresentato dall’ iprite.
Iprite è l’arma chimica che con maggiore probabilità potrebbe essere utilizzate in un attacco terroristico da parte dell’Isis. Potrebbe provenire dalla Siria o dall’Iraq e potrebbe essere trasportata in piccole quantità per attacchi molteplici volti soprattutto a seminare il panico.
Meno probabile, invece, l’uso a fini terroristi di armi batteriologiche, più difficile sia da ottenere sia da manipolare.

Questo quanto ritenuto dagli esperti, alla luce degli allarmi sul possibile uso di armi chimiche lanciati sia dal primo ministro francese, Manuel Valls, sia da fonti Usa.

Uno degli scenari da incubo potrebbe essere quello di un attacco in più punti e con piccole dosi, ad esempio in una metropolitana, allo scopo di seminare il panico: i danni provocati in maniera diretta di per sé sarebbero ristretti, ma il panico ne farebbe di enormi.
Matteo Guidotti, dell’Istituto di Scienze e Tecnologie molecolari del Consiglio Nazionale delle
Ricerche (Istm-Cnr), afferma: ”Basti pensare all’effetto mediatico che un attacco chimico può avere rispetto a un attacco normale, come ha insegnato l’attentato del 1995 alla metropolitana di Tokyo, condotto con il sarin”.

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