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Venezia, polizia trova latitante per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina

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sicurezza servono leggi più severe
Al Terminal di Fusina è arrivato un uomo che era stato condannato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, ma di cui si erano perse le tracce.

Lo scorso weekend gli agenti dell’Ufficio di Polizia di Frontiera Marittima di Venezia hanno arrestato il quarantasettenne apolide, condannato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sbarcato da un traghetto proveniente dalla Grecia.

Come di consueto i poliziotti hanno svolto stringenti controlli di sicurezza al Terminal di Fusina durante l’arrivo dei traghetti passeggeri provenienti dalla Grecia, perché questo collegamento è estremamente sensibile sotto il profilo dei reati connessi all’immigrazione irregolare.

A questo si aggiungono le misure relative all’emergenza epidemiologica da Covid-19 (distanziamento, uso di mascherine e autocertificazioni per lo spostamento) sul cui rispetto la Polizia di Frontiera è chiamata a vigilare.

Attraverso il controllo di sicurezza dei passeggeri ed il profiling svolto dagli operatori, è stata intercettata una vettura Renault Laguna con targa spagnola, condotta da B.M.M., soggetto di origini egiziane, apolide, sul quale pendeva un ordine di esecuzione per la carcerazione emesso dalla Procura della Repubblica Presso il Tribunale Ordinario di Ancona, dovendo lo stesso scontare una pena di oltre due anni di reclusione con il pagamento di una multa pari a € 27.000, per favoreggiamento della immigrazione clandestina attraverso la frontiera marittima di Ancona.

Lo straniero, dichiarato irreperibile fin dal 2016, risulterebbe essere stato prima in Svezia e successivamente in Spagna.

Effettuati tutti i riscontri del caso e appurata l’attualità del provvedimento coercitivo, l’uomo è stato pertanto tratto in arresto e accompagnato al carcere di Santa Maria Maggiore a Venezia.

Nel veicolo utilizzato dal medesimo sono inoltre stati rinvenuti e sequestrati due documenti, uno dei quali oggetto di ricerca in ambito Schengen, che si ritiene potessero essere utilizzati per la commissione di reati analoghi a quello per cui l’uomo è stato già condannato.

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