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Ultima notte a Soho, il film di Wright lascia il segno

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Presentato fuori concorso alla 78ma Mostra del cinema, il nuovo film di Edgar Wright è un complesso racconto di liberazione oltre che di formazione. Ma non solo: in questa pellicola si racconta di passaggi temporali, di sorellanza e in scena abbiamo un articolato reticolo di citazioni da tanti film di genere che il regista rielabora senza subirli passivamente o strizzare l’occhio allo spettatore più erudito. E, soprattutto, si parla di una città che, ieri come oggi, continua ad attirare l’immaginario del mondo.

In “Ultima notte a Soho” abbiamo Ellie che lascia alle spalle la Cornovaglia per recarsi a Londra a inseguire il suo desiderio di diventare stilista. Ellie ha una passione per tutto ciò che riguarda la Swinging London; vive immersa in un sogno che è anche un rifugio, dato che sua madre è morta suicida. Che in questa storia si affronti un’ambigua situazione, forse paranormale, forse no, lo si scopre subito: Ellie rivede sua madre riflessa nello specchio. Wright prosegue per tutto il film in questa alternanza di doppio, calando il suo personaggio a cavallo di due epoche, quella del presente che si presenta ambigua e inaffidabile sin da subito e il trip per la Londra dei favolosi sixties, che nella prima parte del film esplode in tutto il suo vigore, grazie a una scrupolosa ricostruzione d’epoca, grandi canzoni del tempo (tra cui anche un cameo della Graham Bond Organization) e l’alter ego di Ellie, ovverosia Sandie.

Complessivamente il film può definirsi riuscito: barcamenandosi tra passato e presente, giocando con atmosfere e luci che ricordano certo cinema di Mario Bava/Dario Argento, proponendoci a fianco di giovani attrici di sicuro talento, come Thomasin McKenzie (su cui grava il peso del film) o Anya Taylor-Joy (straordinaria come sempre, nuova musa dell’ambiguità un po’ alla Barbara Steele) vecchie glorie del mitico cinema inglese dei sessanta come Diana Rigg, Rita Tushingham e Terence Stamp.

Il film, per gran parte del suo percorso, affascina e stordisce per quanto ci arriva agli occhi e per come il regista ce lo fa arrivare. Punto debole della narrazione: quando si comincia a tirare le fila, quando siamo coscienti che lo stupefacente sogno nasconde dentro di sé un incubo, “Ultima notte a Soho” si affanna e ingarbuglia, creando un certo affaticamento in chi lo vede. Se c’è una pellicola che più di tutte il film di Wright ce la fa ricordare, questa è certamente “Repulsion” di Roman Polanski.

In un certo senso Ellie deve molto alla Carole interpretata dalla Denevue in quel film del 65 (e non è un caso che il film di Wright sia ambientato proprio in quell’anno). Ma nonostante ciò la differenza tra due epoche è data proprio dalla risoluzione dei due differenti film. Se in “Ultima notte a Soho” siamo sin da subito avvertiti che “Londra non è quel posto meraviglioso” che si pensa, in “Repulsion”, film di quel tempo, la seconda natura della città è appena stata scoperta. Nel complesso il film di Wright lascia il segno, offrendo al glamour quel che basta per non cadere in trappole nostalgiche; si offre per riflessioni contemporanee sul femminile, regala due generazioni di attori a confronto, senza che nessuna delle due deluda. Con un po’ di pazienza il film può risultare una buona sorpresa.

ULTIMA NOTTE A SOHO
(Last Night in Soho, 2021 USA-UK)
Regia: Edgar Wright
Ccon: Thomasin McKenzie, Anya Taylor-Joy, Diana Rigg, Rita Tushingham, Terence Stamp

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