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SDF-SENZA FISSA DIMORA di Giovanni Digiovanni

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Sono a Rimini in una di queste giornate di un dicembre semifreddo.
La giornata è umida e grigia ma non troppo scomoda, non è un viaggio di piacere ci sono arrivato, per risolvere una bega di perdita d’acqua di un quartierino dove non sono mai.
Rimini d’inverno è irriconoscibile. È una città che si è molto ingrandita.
Sono dalle parti di viale Settembrini, nella zona del nuovo ospedale. Mi pare si chiami ospedale «Infermi». Tutto regolare. Sarebbe strano si chiamasse ospedale «In buona salute»
È il ritorno. Ho scelto di tornarmene in stazione a piedi. Percorro viale Settembrini. È una lunga via che arriva poi in via Roma.
Lungo il percorso c’è una bella ciclabile e le fermate d’autobus sono tutte protette da una tettoia e hanno una panchina.
Arrivando verso mezzogiorno mi sono fatto un panino in treno ora è pomeriggio inoltrato ho acquistato una piadina farcita e una lattina di Sprite. Le fermate dell’autobus sono tutte deserte, molte invece le bici che filano lungo la ciclabile. Le vie discretamente animate. Diligenti gli abitanti di questa zona indossano tutti la mascherina. In modo più o meno regolare. Scelgo una fermata d’autobus quasi in linea con l’ospedale. Comincio a far colazione godendomi la poco impegnativa compagnia dei passanti, ciclisti e non. Poi arriva un giovane, che si avvicina incerto. Attacca discorso non so più su cosa. Ha un atteggiamento amichevole e cordiale.

La regolare mascherina sul viso. Alto con il cappuccio del giaccone che gli copre una folta capigliatura nera con un accenno di capelli grigi. Devo dire che approcci cordiali da parte di sconosciuti in Italia non mi accadono spesso. Diverso è quando sono in giro in paesi lontani come India, Eritrea o altro. Quando ero più giovane anche in Italia era diverso; è la Pandemia che divide? Oppure noi a nord dell’Arno siamo diventati più freddi, più Svizzeri?
Io sono ad una estremità della panchina lo invito a non rimanere in piedi e a sedersi all’altra estremità anche se non avevo previsto di avere compagnia in una situazione così alla spicciolata.
Rassicurato dopo aver rifiutato si siede e la prima cosa che mi dice è «Così anche tu sulla strada» più affermazione che domanda non voglio essere scortese e mi viene ,a bassa voce, un «Non proprio».
La conversazione si fa davvero interessante! .
Devo dire che dall’inizio della pandemia, seguendo i consigli non sono più stato da un barbiere. Ho capelli raccolti in un codino dietro la nuca.
Ho una barba intonsa di più settimane Questo perché, in particolare d’ inverno radermi il sottogola mi lascia la pelle fastidiosamente irritata per ore a volte anche la notte nonostante creme e attenzioni. Indosso un giaccone militare verde. Ho un copricapo di lana con visiera rotonda e spiovente. Così per uscire un po’ di più dall’anonimato lui mi chiede se io sia un jazzista io sottolineo, hai l’accento Riminese. E tu l’accento Emiliano mi dice di rimando.
Sì in effetti. È arrivato lì perché è stato costretto ad allontanarsi dal parcheggio dell’ospedale, dove probabilmente faceva la questua, da due poliziotti chiamati da qualcuno che evidentemente lo considerava pericoloso o solo antipatico. Così si parla del più e del meno. mentre continuo ad addentare la mia piadina. E mi dice, i miei amici dicono che sono un Persiano, come se fossi un emigrato.
Ma io sono Ariano. In effetti ha una carnagione leggermente olivastra, in parte a ricordo del sole estivo, gli occhi dal taglio orientale di colore nero come la capigliatura. In effetti questa costa est dell’Italia ha un passato di rapporti con l’Oriente che nulla ha da invidiare a quelli della Serenissima. Sono terre dell’Esarcato Bizantino. Ma per via della Grecia antica mai gli eserciti di Serse o di Dario sono giunti fino qui.

Non posso comunque non dirgli, i Persiani sono Ariani, ah non lo sapevo mi risponde Anzi sono gli Ariani storici, penso tra me. Niente a che vedere comunque con gli Ariani biondi e con gli occhi azzurri. Quelle genti avevano la pelle chiara ma occhi e capelli neri. Da dove poi provenissero questi Ari invasori non mi è mai stato chiaro fin dalle lezioni di storia del liceo.
Considerando che i popoli che si spostavano provenivano di solito dall’est e si portavano verso ovest. Nel caso degli Ari questi sbucati dall’altopiano Iranico e da territori anche più a nord sono andati contro corrente e hanno invaso a est le valli dell’Indo e del Gange dominando il subcontinente Indiano. Terra speciale l’Iran dove per alcuni è nata la fede monoteista anticipando o essendo contemporanea all’altro monoteismo quello nato in Egitto.
Certo se per ventura avessi dovuto rispondere a un quiz che avesse chiesto quali sono le principali preoccupazioni di un senza fissa dimora, nel caso specifico mai avrei indovinato. Impossibile prevedere gli argomenti di conversazione del mio ospite. Poteva essere una conversazione perfettamente salottiera. Mancava solo un servizio da te, cordialità e interessi culturali erano presenti.
Fortunatamente passammo ad argomenti più prevedibili e pratici.
Mi fornisce le indicazioni per raggiungere la più vicina mensa della Caritas. Da confratello a confratello, evidentemente. La mia risposta «Non proprio» è andata perduta.

Lo sfondo bianco dell’ospedale Infermi. La giornata bianca e grigia. La scomodità dell’umidità che riempie Rimini. I visi mascherati dei Riminesi, d’altra parte ci rendono così come tutti gli altri testimoni e protagonisti di questo periodo di difficoltà .L’ospedale poi ci ricorda chi soffre e chi è impegnato a combattere la pandemia.
Le mascherine calate sul mento, io perché impegnato con la piadina l’altro perché inoltrato nelle confidenze. Io ho chiuso con le donne, indovina chi mi fa compagnia. Non è difficile, i girovaghi che fanno la questua di solito sono accompagnati da un cane. Un cane, dico. Bravo, fortuna che non hai detto un gatto. E intanto mi mostra su di un telefonino incerottato la foto di un dobermann dallo sguardo poco rassicurante.
Ora, mi dice, l’ho parcheggiato a casa di una amica. Ma non aveva chiuso con le donne? Più facile dirlo che farlo, penso.
Ho finito la mia piadina. È ora di riprendere il cammino. Ci salutiamo stringendoci la mano. Virus più virus meno. Gli antenati ci hanno fatto giungere fino a qui, non ci abbandoneranno! In sintesi un Celta romanizzato dalla barba incolta un Bizantino molto cortese nonostante le difficoltà personali, una giornata di Dicembre. La vita ha un aspetto semplice a volte. Mi da appuntamento nella mia città dove verrà a fare la questua di fronte a quel tale supermercato del centro.

 

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