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Cgil: Sanità vicina al collasso a Padova, 600 gli operatori sospesi

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Sanità vicina al collasso a Padova, dice la Cgil, a causa di 600 operatori sospesi perché senza vaccinazione.
A parlare la sezione della Funzione Pubblica della Cgil di Padova.
“La pandemia è stata affrontata, sul piano del personale sanitario, con armi troppo leggere. 180 persone in più in un organico di poco più di 7000 persone in tutta la Ulss 6, e a fronte delle 600 sospensioni di personale che non si è vaccinato, mettono a rischio l’assistenza” dice il sindacato.
I numeri sono stati presentati questa mattina in una conferenza stampa che si è tenuta nella sede della Cgil a Padova.
A parlare Raffaella Megna, segretaria provinciale della Funzione Pubblica della Cgil.
“L’Ulss Euganea cura un milione e mezzo di persone in un territorio molto vasto, 180 persone in più nel 2020 rispetto al 2019 sono una risposta troppo blanda, e non ci sono piani per nuove assunzioni” spiega la sindacalista. Noi non discutiamo la legge che impone l’obbligo del Green pass ai sanitari, diciamo solo che ci sono delle conseguenze da affrontare: abbiamo -4% di personale a Schiavonia, -4% su Padova e Piove di Sacco, – 6% Camposampiero -15% di Cittadella – aggiunge Megna – la turnazione delle ferie rischia di saltare, a tutto questo nessuno sta ponendo rimedio”.
Redazione – 30/09/21

Dello stesso argomento:
Dottoressa sospesa per no al vaccino: 1500 assistiti devono cambiare medico
dottoressa Maria Elena De Bellis è un altro medico di base sospeso perché non si vaccina
La Dottoressa De Bellis è una professionista stimata alla quale i suoi 1500 assistiti si sono sempre affidati con fiducia.
Sarà difficile per i suoi pazienti rinunciare a un rapporto solido e rassicurante, instaurato in un tempo di reciproco affidamento.
Eppure quell’ambulatorio in via Cesare Battisti a Camponogara ora è chiuso perché la dottoressa si è rifiutata di sottoporsi al vaccino anti Covid e almeno fino a dicembre, le è impedito di esercitare la sua professione.
Comprensibile lo sgomento degli assistiti della dottoressa che sono stati invitati ad attivarsi per la scelta di un altro medico.
Possono accedere al portale Sanità km zero, o recandosi al distretto Usl di Camponogara, ma non è solo una pratica, il cambio del medico, è qualcosa di più profondo, come ben sappiamo.
Con l’amaro in bocca che lasciano le cose irrisolte e difficili da accettare, questa storia della sospensione ci ricorda che altre situazioni simili stanno maturando (oltre cinque casi) e che il disagio di quella che potremo chiamare incompatibilità d’intenti, finisce per abbattersi sui cittadini, costretti a subire gli effetti del conflitto.

Un laconico cartello informativo appeso alla porta dell’ambulatorio sancisce la frattura e richiama alle ragioni di quelle scelte che si sommano a un lungo periodo pandemico che sembrava aver trovato nel vaccino la cosiddetta formula della riduzione del danno.
Non è così, evidentemente, come ci raccontano le cronache di questi giorni che hanno aperto nuovi varchi d’incompatibilità in materia vaccinale.
Lo spauracchio della sospensione dello stipendio ha forzatamente convinto tanti sanitari a rinunciare alla scelta di non vaccinarsi e forse anche la dottoressa Maria Elena De Bellis potrebbe adeguarsi (cedere, ripensarci, sentirsi costretta) e ritornare ad assistere i suoi pazienti.
La situazione è sgradevole e anche l’Ordine dei Medici esprime il disagio di dover assumere dei provvedimenti severi nei confronti dei colleghi decisi a non vaccinarsi ma richiamano la categoria dei sanitari al diritto dovere di contribuire con il loro esempio a migliorare lo stato di salute della collettività.
Per ora sembra non esserci stato un dialogo vero e proprio, un confronto fra la direzione dell’Usl e quanti definiti (erroneamente) novax, eppure questa sembra l’unica strada possibile per affrontare e accorciare le distanze.

>> vedi anche: Sanitari sospesi per mancata vaccinazione a Verona, uno è medico di reparto

Non basta sospendere la dottoressa Maria Elena De Bellis (ma sono già due i medici sospesi in provincia), bisogna conoscere per giudicare e forse, si spera, superare le avversità.
Senza questo passaggio il dialogo si spezza, rimangono le posizioni ferree e le dichiarazioni contrapposte.
In queste giornate è esploso il dibattito sul vaccino per il personale sanitario e in particolare sull’idea di renderlo obbligatorio o di destinare ad altre mansioni chi decide di non ricevere la loro dose.
Tra gli operatori sanitari, la maggior parte è favorevole al vaccino, anzi ha già ricevuto la prima e la seconda dose.
“Pur comprendendo le paure e le perplessità, spesso anche alimentate da una cattiva informazione, ritengo sia l’unica via d’uscita da questa situazione e bisogna vaccinarsi – dichiara un medico ospedaliero – Come tutte le cose che sono nuove, inaspettate e non conosciute, possono fare paura e spaventarci, ma in questo momento storico, è opportuno affidarci più che mai a quello che la comunità scientifica ci suggerisce e a quelle che sono le evidenze scientifiche in nostro possesso”.
“Non siamo untori, troppi interrogativi e confusione” lamenta un’infermiera no vax e spiega: ”La sperimentazione è stata troppo veloce, di solito ci vogliono anni per testare un vaccino. E in questo momento la confusione regna sovrana con disposizioni che cambiano da un giorno all’altro.


 

“Tanti sono i dubbi – continua – non conosciamo in modo certo quale sia la copertura e nemmeno se possano esserci effetti a medio – lungo termine. Sia a livello sperimentale che ora, i test sono stati sbrigativi e fallaci. Nessuno dei miei colleghi vaccinati ha fatto dei controlli sierologici sullo sviluppo degli anticorpi, non c’è la certezza che il vaccino copra al 100% e soprattutto serve solo per ridurre i sintomi e non la virulenza: quindi è utile solo a chi potrebbe riscontrare sintomi gravi, che le statistiche dicono sia circa il 20% dei positivi”.
“Inoltre chi è vaccinato può contrarre il virus e trasmetterlo, essendone però portatore sano. Mi chiedo, dunque, perché la ricerca non si concentri su un vaccino che riduca la trasmissibilità e su un farmaco che possa permettere alle persone di guarire: ora le stiamo solo aiutando, non esiste una cura vera e propria”.
“Ovviamente la mia è una scelta personale – rileva – a chi mi chiede consiglio, spiego le mie motivazioni senza cercare di convincere nessuno”.
Comprensibili e rispettabili le ragioni dell’infermiera, solo che la scelta per chi opera nell’ambito sanitario, non è personale ma legata alle esigenze della collettività che si rivolge all’ospedale per essere curata e forse lo sguardo dovrebbe aprirsi a largo raggio su tutte le necessità legate allo stato di salute, non ultima, la prevenzione.
Andreina Corso – 25/08/21

– O –

Dello stesso argomento:Sanitari sospesi dalla Ulss di Padova, erano contrari al vaccino
infermiere si toglie divisa camice ns 1240
Sanitari sospesi dalla Ulss Euganea. La notizia è di poco fa.
I sei vengono definiti dal comunicato “No Vax”, ma come noto, la distinzione è più complessa.
Sovente, infatti, i sanitari sono in regola con tutte le vaccinazioni ma rifiutano quella contro il Covid.
L’Ulss 6 Euganea ha quindi sospeso questa mattina i primi sei sanitari non in regola con la vaccinazione contro il Covid.
Si tratta dei primi soggetti a cui viene applicata questo tipo di misura di “disciplinare”.
In una nota, l’unità socio sanitaria locale informa che in data odierna sono pervenuti dal SISP competente in materia – presso il quale è stata istituita una apposita commissione con il compito di valutare le singole posizioni – gli atti di accertamento dell’inadempimento dell’obbligo vaccinale a carico dei sei dipendenti del comparto sanità.
“Sulla base di questi atti verranno adottati i conseguenti provvedimenti di sospensione come previsto dalla legge”.
L’ente precisa anche che questi lavoratori, nell’ambito del procedimento previsto, avevano inequivocabilmente espresso il rifiuto alla vaccinazione.


 

Proseguono, intanto, gli accertamenti su altri 335 dipendenti residenti in provincia di Padova.
Le indagini sono in corso e potrebbero seguire ulteriori provvedimenti nei prossimi giorni.
Altri 180 dipendenti Ulss 6 non residenti in provincia di Padova potranno essere soggetti all’accertamento da parte della Ulss di residenza.
Per contenere fortemente i disagi, sia per singolo che per la collettività, il direttore generale Paolo Fortuna “auspica fortemente l’adempimento dell’obbligo vaccinale previsto dalla legge, nell’interesse del lavoratore e della collettività, e ricorda che il vaccino è sempre possibile in qualsiasi punto vaccinale, ad accesso libero”.
Le sospensioni valgono fino al 31 dicembre come da normativa, salvo che l’interessato non decida di procedere a vaccinazione, nel qual caso viene riammesso in servizio.

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La discussione è aperta: una persona ha già commentato

  1. Leggo:
    Per ora sembra non esserci stato un dialogo vero e proprio, un confronto fra la direzione dell’Usl e quanti definiti (erroneamente) novax, eppure questa sembra l’unica strada possibile per affrontare e accorciare le distanze.
    Non basta sospendere la dottoressa Maria Elena De Bellis (ma sono già due i medici sospesi in provincia), bisogna conoscere per giudicare e forse, si spera, superare le avversità.
    Senza questo passaggio il dialogo si spezza, rimangono le posizioni ferree e le dichiarazioni contrapposte.”
    Ma stiamo scherzando?
    Stiamo parlando di personale sanitario (erroneamente no vax?) che per la propria professione deve essere tutelato dallo Stato e nel contempo tutelare i pazienti da possibili infezioni e che viene a creare disagi alla comunita’ degli assistiti e ai propri Colleghi di lavoro (a cui va tutta la mia riconoscenza).
    Quali e quante competenze hanno queste persone per smentire le regole dell’evidence based medicine? (che quotidianamente applicano)
    Cambino mestiere

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