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Ripresa delle scuole tra prof e personale Ata no vax, tra green pass e tamponi a pagamento

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La ripresa delle scuole fragile e confusa si appresta a riaprire le aule e a consegnare la sua vulnerabilità alle contraddizioni che ancora si agitano e preoccupano in tema vaccinale.
Il Corriere Veneto ci consegna l’analisi e i dati di una situazione che da mesi, ormai, tenta di ricapitolare i diritti e doveri di chi lavora a scuola e si appresta a creare a un rinnovato contatto con gli alunni e gli studenti.
I genitori si aspettano chiarezza e protezione.
La ripresa delle scuole con lezioni in presenza, sembrano essere molto più gradite di quella a distanza, anche se quest’ultima rassicura rispetto la prevenzione.
La sete di ‘normalità’ che caratterizza i desideri dei più, si misura con l’esibizione del Green pass, di un tampone ogni 48 ore al costo di 15 euro per chi ancora non si è vaccinato, perché non vuole o non può per ragioni di salute?
Corre l’obbligo di una riflessione sulla tutela. Sul diritto alle scelte, sul diritto al lavoro, sulla compenetrazione dei bisogni e sulla loro compatibilità.
Le sospensioni dal lavoro e la riduzione dello stipendio possono convincere i docenti e il personale Ata a vaccinarsi?

I dati si posizionano, scrive il Corriere, su 92.280 lavoratori vaccinati su 107.469.
Se ne deduce che l’86% del personale della scuola in Veneto si sia già sottoposto al vaccino.
Tutto chiaro? No, perché le percentuali stimate dal ministero dell’Istruzione e dai servizi sanitari regionali, fra loro non collimano, sono discordanti e talvolta sottoposti all’esigenza di tutelarne la privacy.
Intanto Settembre e la ripresa delle scuole si avvicinano e si sta facendo sempre più tardi per gli elementi di chiarezza necessari per partire con il piede giusto.

Il governatore Luca Zaia non ha dubbi, «Chi lavora nel mondo della scuola deve vaccinarsi», afferma in vista della riapertura delle scuole a settembre.
«A noi, all’avvio della campagna vaccinale hanno dato 827 .000 dosi – aggiunge – poi ci hanno spiegato che la scuola doveva avere la priorità e ci sono stati anziani che hanno atteso il loro turno per cedere vaccini alle categorie essenziali. Spero, quindi, che, nell’ambito della libertà, tutti facciano una riflessione seriamente». Un bel dilemma, quello della libertà, che ha interessato in questi anni di pandemia tutte le discipline della conoscenza.
L’art. 32 della Costituzione prevede il diritto di rifiutare qualsiasi trattamento sanitario, e tale è un vaccino.
Ma prevede altresì che il trattamento possa essere imposto per legge, atto normativo di rango primario.
In tal modo si giunge al massimo possibile di certezza del diritto, di eguaglianza, di garanzie nella formazione e dopo l’entrata in vigore (promulgazione, controllo di costituzionalità).
Al tempo stesso, con la legge c’è piena e pubblica assunzione di responsabilità politica di fronte al paese nella sede di massima rappresentatività.
Si potrebbe con legge giungere alla vaccinazione forzosa di ogni uomo o donna nel paese laddove ve ne fosse la necessità, ad esempio per l’arrivo di un virus ad alto tasso di letalità, come l’Ebola.
Siamo lontani da simili scenari. Ma rimane il principio, che si applica anche a interventi che indirettamente costringano alla vaccinazione, ponendola come condizione. (Fonte il Manifesto)


 

Sono stati chiamati in causa i pediatri, che potrebbero informare, rassicurare i genitori che temono il contagio della variante Delta per i loro figli adolescenti e la Regione Veneto ha insistito affinché siano gli stessi pediatri a sollecitare il vaccino.
Richiesta accolta a metà, infatti, solo il 50% ha aderito alla campagna vaccinale (265 su 530).
Altri passaggi studiati dalla Regione, riguardano i test salivari (possibilmente gratuiti) e la prevenzione strutturata sulla Rete della scuola.

Sulla base dei dati delle regioni, i docenti che si sono vaccinati o lo stanno già facendo sono l’89% del totale.
Probabilmente è una sottostima: oltre alle regioni che non hanno ancora fornito i numeri aggiornati, Trentino, Piemonte, Sardegna, Toscana e Veneto, hanno comunicato solo il dato relativo alle persone completamente vaccinate.

Dunque, a quella percentuale vanno aggiunti gli operatori che si sono prenotati o hanno già ricevuto la prima dose in quelle regioni, e quelli che dopo aver avuto il Covid devono attendere prima di ricevere la somministrazione.
Perciò, è plausibile che tra scuola e università la componente novax sia ben al di sotto del 10%, e non il 18% come sostenuto inizialmente dal generale Figliolo.

Una percentuale non trascurabile, ma non lo spauracchio che ha fatto presagire un nuovo anno scolastico in Dad a personale, alunni e famiglie.
La percentuale sarebbe superiore alla media nazionale, che tra le persone in età lavorativa (20-70 anni) non va oltre il 71%.


 

La regione in cui il generale era stato più approssimativo è la Sicilia.
Come aveva già rivelato un’inchiesta de Il Manifesto, il dato reale sull’isola è in linea con la media nazionale: l’89% del personale (126.045 dipendenti su 144.440) ha già ricevuto almeno una dose di vaccino, non lo striminzito 58% dichiarato finora da Figliuolo.
Anche in Liguria i novax non sarebbero il 35% come affermato solo una settimana fa, ma appena l’8%, dunque meno della media nazionale.

Dal 1° settembre scatta l’obbligo per il personale scolastico dell’esibizione e del possesso del green pass con la ripresa delle scuole, ovvero la certificazione verde Covid, per recarsi a scuola. L’obbligo è fissata fino al 31 dicembre, data in cui cessa lo stato di emergenza: non si sa se verrà confermato. Il Ministero dell’Istruzione, con l’ultima nota allegata al protocollo di sicurezza per l’avvio dell’anno scolastico 2021/22, chiarisce la questione dibattuta sulla gratuità dei tamponi.

Il green pass si può ottenere in una delle seguenti condizioni:
aver fatto la vaccinazione anti COVID-19 (in Italia viene emessa sia alla prima dose sia al completamento del ciclo vaccinale).
essere negativi al test molecolare o antigenico rapido nelle ultime 48 ore.
essere guariti dal COVID-19 negli ultimi sei mesi.
A meno che non si sia guariti da Covid negli ultimi sei mesi, le uniche possibilità per svolgere le attività scolastiche in presenza restano il vaccino o il tampone ogni 48 ore.

Se dopo un’apparente apertura da parte del Ministero durante la riunione con le Organizzazioni sindacali per la sottoscrizione del protocollo di sicurezza circa la gratuità dei tamponi per il personale scolastico come alternativa valida per ottenere il green pass, frutto probabilmente di un’interpretazione distorta del documento, la nota del 18 agosto a firma del capo di dipartimento, Jacopo Greco, non lascia spazio a dubbi.
I tamponi gratuiti sono solo per i lavoratori fragili, esenti da certificazione Covid, come da circolare del Ministero della Salute del 5 agosto, ossia per coloro che per certificati motivi di salute non possono sottoporsi a vaccinazione.

“Le scuole potranno utilizzare parte delle risorse assegnate, e in corso di assegnazione, per l’effettuazione tramite le ASL o strutture diagnostiche convenzionate di tamponi nei confronti del solo personale scolastico fragile, dunque esentato dalla vaccinazione“, chiarisce definitivamente il Ministero all’Istruzione.
Il personale scolastico che per qualsiasi ragione non si sottoporrà a vaccinazione (l’Anp stima siano circa 100 mila unità) entro il primo settembre e non risulterà guarito dal Covid negli ultimi sei mesi, dovrà obbligatoriamente sottoporsi a test molecolare o antigenico rapido ogni 48 ore, circa ogni tre giorni a settimana, a proprie spese.

I prezzi dei tamponi variano da regione a regione e da centro a centro: quello molecolare ha costi più elevati, arrivando anche a 70 euro, quello rapido ha invece prezzi più contenuti, ma arriva in ogni caso in qualche centro a 40 euro.
Da un calcolo fatto qualche settimana fa, dalla ripresa delle scuole risulterebbe una spesa per ogni docente o ATA di 2-4 mila euro l’anno, considerando una media di 100 tamponi effettuati nell’arco di un anno scolastico, e considerando una spesa più contenuta di 20-40 euro a test.

Non c’è altra via per il personale scolastico che vorrà prestare servizio a scuola. Sono infatti previste sanzioni da 400 a mille euro per chi non sarà in possesso del green pass a scuola, con lo stop alla retribuzione dal primo giorno di assenza ingiustificata. (Fonte Orizzontescuola.it)

Andreina Corso

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