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Oppenheimer, film con momenti persino sublimi, e il regista un giorno diventerà adulto

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Prima di dire la mia sul nuovo film di Nolan vorrei soffermarmi sulla campagna promozionale che ha visto coinvolti in una challenge e in un battage pubblicitario in crossover “Oppenheimer” e “Barbie” di Greta Gerwig. Anche se in Italia questo martellamento è avvenuto solo in parte, dato che i due film sono usciti in contemporanea negli Stati Uniti, anche noi siamo stati subissati da immagini, meme, scambi di battute e discussioni sui due film in “concorrenza”. Se si tratta delle consuete idee promozionali che hanno colto la palla al balzo per attirare l’attenzione sui due titoli, a voler dare retta e seguire tutta la questione c’è stato di che essere estenuati, persino nauseati. Oggi abbiamo un diverso modo sia di promuovere che di informarsi sui film, grazie alla rete. In un certo senso è difficilissimo andare al cinema senza avere la testa fasciata da questo bombardamento, che solo in piccola parte riguarda informazioni necessarie per una visione più puntuale e appunto informata riguardo la tipologia di film e i temi trattati. Detto ciò passo a tirare le mie somme sul nuovo film di Nolan; il quale ha raccolto una messe di osanna e anche lauti incassi, che continuano a lievitare, segno che alla fin fine tale campagna a tappeto è servita ma anche che i due film erano degni di interesse a prescindere dal tam tam mediatico, di cui (differenza non da poco rispetto al passato) siamo complici ormai al 98%.

“Oppenheimer” è tratto dalla biografia sul grande fisico scritta da Kay Bird e Martin J. Sheren “Robert Oppenheimer, il padre della bomba atomica. Il trionfo e la tragedia di uno scienziato “ del 2006.
Nolan ha utilizzato pellicola IMAX da 65 e 70 mm, utilizzato il digitale al minimo e ha girato sia a colori che in bianco e nero. “Oppenheimer”, a parere di chi scrive, un bel film, con momenti buoni, altri ottimi, alcuni persino sublimi.

Nonostante l’accoglienza perlopiù positiva da parte della critica, non sono mancate le critiche negative. Che per fortuna esistono e servono sempre per equilibrare le altre, giusto per cercare di trovare una misura il più possibile “obbiettiva”, almeno come correttivo a certi entusiasmi da partigianerie.
Personalmente ho un rapporto conflittuale col regista britannico: interessante e talvolta notevole sperimentatore dei linguaggi, artista che, a prescindere dai risultati, cerca sempre una cifra autoriale che rifugga dal banale, in certi film mi sembra perdersi in giochetti che altro non mostrano che abilità, senza essere sempre necessari per il risultato complessivo.

Bene, in gran misura in “Oppenheimer” Nolan pare trovare un equilibrio quasi perfetto tra queste tentazioni e il servizio al film. Sì, certo; ci sono alcune note stonate. Personalmente non sono stato del tutto convinto del ritratto dato da Tom Conti per Einstein, che ho trovato abbastanza buffo (specie nella scena in cui appare come per prestigio dietro l’auto che si allontana dopo aver riportato all’abitazione il fisico atomico. In qualche momento lo spirito un po’ spielberghiano e dolciastro fa capolino. La bandiera americana che si vede garrire al vento non è corretta e alcune vicende non si sono svolte proprio come nel film. Ma al di là di questo e senza essere troppo pignoli per qualcosa che è un film e deve funzionare senza proporsi come saggio storico ma deve trovare delle “vie” estetiche che facciano arrivare sia il senso che i sintagmi che lo compongono, “Oppenheimer” ha la grande virtù di scorrere. E per scorrere intendo il modo tutto personale della consequenzialità delle immagini che si compongono in scene e che si abbracciano e concatenano tra di loro.

Nolan, come è tipico del suo cinema ossessionato dal tempo, mescola sia narrativamente sia alternando colore a bianco e nero, le vicende che han portato lo scienziato che ha cambiato il nostro mondo. Abbiamo la fase del processo voluto da Strauss (un eccezionale Robert Downey jr), presidente della Commissione per l’energia atomica, innescato dalle simpatie comuniste del fisico, il quale però non aderì mai al partito ma strinse una relazione sentimentale con Jean Tallock (Florence Pugh), attivista comunista che lo risveglierà sia a una consapevolezza politica più concreta, sia a una scoperta delle relazioni basate sull’autenticità (Oppenheimer era sensibile al fascino femminile, ricambiato).

La narrazione a colori riguarda invece la carriera di Oppenheimer come geniale studente e poi fisico, che superò Einstein nella ricerca. Dicevo: bel film, a tratti ottimo. Ma credo che a Nolan serva ancora qualche altro passo in avanti, in modo da dimenticarsi un po’. Per quanto appassionante, maturo al 70%, probabile passo verso un film ancora migliore, Nolan dovrebbe trascurare del tutto certi giochetti da cui è sempre infantilmente attratto e magari tenere conto che ci sono delle cose che l’ossessione giustificata per condurre la narrazione nel miglior modo possibile non deve proprio sacrificare tutto. Tipo la questione del territorio di Los Alamos che arrecò gravissimi danni alle popolazioni dei Nativi e che nel film non vengono prese in considerazione. Oppure la svolta finale del processo allo scienziato, che vede buttato lì il nome di Kennedy (e qui siamo nello spielberghismo nolaniano).

Se un film non deve esaurire tutte le questioni ma esaurirsi in quanto film, utilizzando tutto il potenziale, ci sono alcune circostanze storiche che hanno un peso ineludibile. Non per fare paragoni ma un Kubrick del “Dottor Stranamore” riuscì a porre tutti i dilemmi all’interno di una cifra pressoché perfetta. Ma forse registi come Kubrick avevano la Storia dietro alle spalle e si rendevano conto della gravità e della necessità di non trascurare forma e contenuto e anzi di far confluire il contenuto in una forma il più esauriente possibile (in Stranamore è la chiave grottesca). Ma detto ciò “Oppenheimer” è un film da vedere senza remore perché è cinema e in alcuni tratti a livelli considerevoli. Augurandoci che un giorno il regista di “Memento” e “Inception” diventi finalmente adulto.

OPPENHEIMER
(2023, U.S.A./U.K.)
Regia: Christopher Nolan
Con: Cillan Murphy, Emily Blunt, Robert Downey jr, Matt Damon, Florence Pugh

Giovanni Natoli

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La discussione è aperta: una persona ha già commentato

  1. non rende riconoscibile la faccia e nasconde la mano esponendoti al rischio che stia impugnando un arma
    in america lo avrebbero già seccato, se non fosse che gli faceva comodo
    usarlo per far cassa

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