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“Vi invidio colleghi sospesi, passerete Natale a casa”: la lettera di una dottoressa in prima linea. Di Andreina Corso

Lettera di una dottoressa che combatte il Covid in prima linea ai colleghi sospesi: "Passerete Natale con i cari e poi tornerete al lavoro"

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Non resta che leggerle e assimilarle in silenzio quelle parole scritte da F.B. in un Social, uno scrigno, quasi, una lettera nella bottiglia affidata all’acqua e a occhi attenti e comprensivi.

F.B. è una dottoressa anestesista che lavora in rianimazione a Padova, nei reparti dell’ospedale universitario. Una lettera scritta con rammarico ma senza animosità, per essere ascoltata, una missiva che ha evidenziato tutta la fatica che lei con altri colleghi, ha messo al servizio delle persone malate e che si è svelata, con i segni della vulnerabilità, dopo il diluvio delle drammatiche responsabilità dovute al periodo pandemico.

Da un anno è mezzo lavora in prima linea, senza mai sottrarsi a turni e orari di lavoro impegnativi, e da molti mesi più che mai, considerando che i colleghi no vax, privi di certificazione verde, non possono esercitare il loro servizio con i pazienti e così i turni che rimangono scoperti devono essere fronteggiati dai colleghi in servizio.

La dottoressa non ha potuto fare a meno di comparare la sua vita con quella dei colleghi che sono a casa e che a emergenza finita, ritorneranno nel loro posto di lavoro.
Forse sarà la vicinanza del Natale, che lei non trascorrerà in famiglia: come l’anno scorso, sarà in ospedale a cercare di salvare vite umane e a consolare la solitudine dei pazienti.
Forse sarà che il lavoro è tanto e mancano i colleghi no vax, forse sarà che lei si è sottoposta subito alla vaccinazione per contribuire, fare la sua parte come persona e come medico, forse sarà che la stanchezza a un certo punto si fa sentire.

Ed è anche una prostrazione morale a rivelarsi, quando sai che a casa ci sono i figli che ti aspettano per essere aiutati a fare i compiti, gli adolescenti che hanno bisogno di te, sai che manca il tempo per andare in Centro a godersi le luminarie e cominciare a pensare ai pacchetti natalizi da mettere sotto l’abete.

Il presepe della nostra anestesista sarà quello struggente del dolore, della malattia che per fortuna qualche volta la stella cometa, illumina portando la guarigione ai malati. E in fondo è il regalo più bello, per chi s’ispira al cosiddetto Giuramento di Ippocrate: ” Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, mi asterrò dal recar danno e offesa”.

Si è concessa un comprensibile amaro pensiero, la dottoressa e il rammarico di dover vivere in apnea, per mancanza di personale, turni da coprire insieme al pensiero che i figli, dopo quasi due anni di Didattica a Distanza, che avrebbe bisogno della vicinanza della madre, della famiglia.

Vorrebbe anche lei poter trascorrere il Natale vicino ai suoi cari, ma è certa che anche quest’anno lo trascorrerà in ospedale.
Insieme al rammarico e alla malinconia, F.B. sente e sa di aver fatto il proprio dovere e che il sacrificio che ha pervaso la sua vita in questo lungo periodo diventerà lezione anche per i figli, che trarranno fiducia e solidarietà dall’abnegazione di medici come la loro madre e nella scienza, così come l’hanno tratta i 47 milioni d’italiani che si sono vaccinati nel rispetto di sé stessi e degli altri.

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7 persone hanno commentato. La discussione è aperta...

  1. Gentile Paolo e gentili tutte e tutti, vi confesso che anche chi scrive e riporta eventi, fatti di cronaca. Chi tocca e tratta argomenti delicati che riguardano la salute, il lavoro, le immani preoccupazioni che premono su ogni esistenza e che chiedono ascolto, rispetto e considerazione. . . vi confesso che a sua volta è immerso in un’unica preoccupazione: rispettare i fatti, la parola, tener conto delle voci di dentro che ci parlano mentre battiamo con le dita le lettere della tastiera. E sempre, leggiamo e rileggiamo, per paura di sbagliare, di non aver approfondito abbastanza, di non essersi espressi nel modo giusto o insufficiente. La conversazione nata tra di noi, mi ha arricchita molto e mi ha fatto ripensare, guardare più a fondo le ragioni di tutti. Penso, in quanto aspiro, ad una società più generosa, giusta e equa, una società che garantisca il diritto alla salute e al lavoro, una umanità capace di comprendere e di ripensarsi, dove nessuno dovrebbe uscirne sconfitto. Grazie ancora.

  2. Mi permetto di inserirmi in questo civile scambio di opinioni perché il messaggio della dottoressa per me non è stato affidato ad una bottiglia alla ricerca di un lettore al di là della storia ma è uno sfogo pubblico, lo specchio di un rancore che la dottoressa porta dentro neri confronto di chi la ha abbandonata al suo compito. Di chi ha tolto il camice perché non si sente di sottostare ad una imposizione che potrebbe ledere la propria salute. Perché dal vaccino ho barriere per proteggermi, da un possibile veleno che contrasta con il mio corpo non ho difese una volta inoculato.
    I lunghi giorni e i penseri di chi erode i propri risparmi per tirare avanti non sono meno di quelli di chi svolge con impegno il proprio lavoro. Il Natale non sarà occasione di festa, sicuramente sarà in casa con la speranza che chi sia come regalo, sotto l’albero virtuale, un atto giudiziario amministrativo che li reintegri al lavoro, come tutti i lavoratori che hanno deciso di non vaccinarsi. Con tampone, che garantisce più del vacino, e la volontà di riprendere da dove è stato interrotto quel rapporto lavorativo che è così importante per la Società.
    Mi duole che nela sua esposizione della lettera non abbia voluto prendere in considerazione la posizione di chi, allievo della scienza, non riconosce in questa emergenza sanitaria l’unica scelta che la politica ha voluto considerare. I sanitari che fino a l’altro ieri erano gli Angeli della corsia hanno dimostrato che non solo sanno applicare protocolli, ma a necessità sanno prendere decisioni importanti sia a tutela dei propri pazienti come per sé stessi (non basta il vacino per essere certi di non essere vettori di virus per altri)
    La ringrazio per le pagine di poesia che pubblica e che accompagnano la nostre giornate di veneziani aggiornati anche con le sue cronache.

  3. Nicoletta ottima riflessione. Concordo pienamente. Penso che sono più controllate le persone che fanno il tampone ogni 48ore che quelli che hanno fatto il vaccino e vanno in giro senza mascherine a contrare e a diffondere il virus ,senza che nessuno più controlli.
    Per specificare il vaccino l’ho fatto, ma la mascherina la tengo comunque, dovunque, sapendo che il vaccino non protegge. Visti i tanti decessi nonostante vaccinati.

  4. La dottoressa che ha scritto la lettera si è vaccinata ma potenzialmente infetta e trasmissibile di infezione ad altri; il vaccino però le consente di disporre di un Green pass di lunghissima durata. Basterebbe far lavorare i sanitari che non si sono vaccinati con un tampone ogni quarantotto ore e sarebbero certamente più sicuri della dottoressa.

  5. Come al solito, i medici sono eroi solo quando vengono mandati in prima linea a combattere a mani nude, come capitò con la prima ondata. Poi, quando il medico non si piega ai diktat della nomenklatura che detiene la VERITA’, così come in Russia c’era la PRAVDA, ecco che può essere privato di lavoro e stipendio e pure dileggiato sui media. Io mi sono vaccinato, ma porto rispetto per chi ha voluto compiere una scelta diversa.

  6. Gentile Nicoletta, mi permetto di conversare con lei e con chi ci legge sulle osservazioni e gli stimoli interessanti che le sue parole suggeriscono.
    Penso sia giusto dire che gli operatori sanitari sospesi sono sempre i bravi professionisti, che hanno dato corpo e anima per la cura dei pazienti e che per motivi diversi e diversificati non si sono sottoposti al vaccino. A questi si deve rispetto e il riconoscimento delle difficoltà che stanno vivendo, da non confondere con chi ha fatto di tutto per creare conflitti e disordini..
    Speriamo tutti che le Aziende sanitarie indichino una strada possibile e compatibile con le rispettive esigenze.. E soprattutto con quelle dei pazienti contagiati che crescono ogni giorno di più. La lettera della dottoressa di Padova, ha svelato un sentimento, un mondo interiore provato dalla fatica, dalle difficoltà, dalla nostalgia di un tempo migliore. Si è abbandonata per un momento ad una debolezza comprensibile e veniale, ci ha consegnato la sua storia, le sue paure, le preoccupazioni, che in fondo sono quelle di tutti. La ringraziamo e la salutiamo con cordialità.

  7. Non sono d’accordo sul tono e contenuto della lettera … questi medici che passeranno il Natale a casa sono gli stessi che erano stati in prima linea prima fosse reso obbligatorio un vaccino (che loro per motivi che non stiamo qui a discutere) non vogliono fare… fosse per loro continuerebbero a lavorare… Dico solo una cosa, se questi erano considerati bravi medici prima, perché ora vengono così amaramente giudicati?… Se questi decidono di fare il tampone tutti i santi giorni perché non possono lavorare anche senza vaccino? Ci sarebbero molte cose da dire in merito, ma questa storia strappalacrime su famiglia e Natale magari se la potevano risparmiare… tanto per precisare personalmente non sono contro i vaccini
    NDG

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