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Lunedì i bambini andranno a scuola? Il punto ad oggi

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Lunedì i bambini/ragazzi andranno a scuola o no? La situazione appare estremamente confusa. Proviamo ad entrarci con ordine.
In parole povere le Regioni sarebbero perlopiù contrarie in favore della Dad finché non passa il momento emergenziale, il governo però non vuole sentir parlare di questo.
“Nessun ripensamento sul ritorno a scuola in presenza” ha detto il ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi a margine delle celebrazioni dell’anniversario della nascita della bandiera Tricolore a Reggio Emilia. Il ministro è stato anche categorico sull’appello firmato da oltre 1.500 presidi per chiedere di posticipare di due settimane (restando in Dad) il rientro tra i banchi di lunedì, per permettere di vaccinare tutti gli alunni. “Siamo molto attenti a voci che ci arrivano dal Paese, ma anche dalle tante voci che ci dicono che la scuola debba restare in presenza”, ha detto Bianchi.

Ma il problema non coinvolge solo le linee di indirizzo, bensì anche il personale. A Sondrio, per esempio, hanno riaperto regolarmente venerdì tutte le scuole della provincia ma per la prima volta nella sua storia è clamoroso l’altissimo numero di insegnanti assenti.
Nel giorno della ripresa delle lezioni, è infatti di 239 persone – una cifra inedita in Valtellina -, la quota di personale scolastico che ha presentato un regolare certificato di malattia. “Si tratta nella quasi totalità dei casi, di insegnanti positivi al Covid o in quarantena – dice all’ANSA il provveditore della provincia di Sondrio, Fabio Molinari -. A questi si aggiungono poi i 23 docenti che sono stati sospesi perché non vaccinati. Per il mio ufficio, e per tutte le scuole interessate, inizia ora una difficile ricerca di supplenze e un’attività di riorganizzazione attraverso sostituzioni e variazioni che speriamo non compromettano eccessivamente gli orari scolastici”.

Anche i presidi della Toscana chiedono di rinviare la riapertura delle scuole per mancanza di prof. “Una parte dei docenti è in quarantena, un’altra parte è in isolamento e poi c’è una minima parte di sospesi dal lavoro perché non erano in regola con l’obbligo vaccinale. Il grosso problema per molti presidi è mettere in classe i docenti, per questa ragione molti di loro e la mia stessa associazione avevamo chiesto di procrastinare l’avvio delle lezioni, non tanto per la gravità della situazione epidemiologica, ma per le enormi difficoltà organizzative che ci troviamo ad affrontare”. Così Alessandro Artini, referente toscano dell’Associazione nazionale presidi su Radio Toscana.

Questa mattina il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi dalle pagine del Corriere della Sera insiste sul fatto che le scuole devono riaprire in presenza: “tutelare il più possibile la presenza e, con essa, i nostri ragazzi e i bambini che vengono da due anni difficili”, “che hanno segnato il loro apprendimento”. L’intenzione del governo, spiega Bianchi, “è procedere con i calendari già definiti”, e dunque nessun recupero delle lezioni a giugno. “Nessun governo nazionale dei grandi Paesi europei, come Francia o Spagna – sottolinea -, ha chiuso le scuole”, che “devono essere le ultime a chiudere”, ribadisce il ministro. “Il ricorso massiccio alla dad, oggi, come se i vaccini non ci fossero, sarebbe un errore”, ripete Bianchi, che individua proprio nella profilassi il motivo per mantenere le lezioni in presenza. “Rispetto all’anno scorso c’è”, spiega, “una grande differenza: il vaccino”, che è “lo strumento per tutelare la scuola, per un ritorno alla normalità”. E dunque a tutti chiede “un atto di responsabilità”, ovvero: “acceleriamo la vaccinazione”.

Il presidente della Campania Vincenzo De Luca ha deciso però di andare controcorrente e chiudere le scuole nella sua regione. Nonostante il no del Governo, il governatore della Campania De Luca va avanti sul mantenimento delle scuole medie, elementari e dell’infanzia, chiuse. Anticipando con una nota l’ordinanza numero 1 del 2022 con cui “con decorrenza dalla pubblicazione del presente provvedimento e fino al 29 gennaio 2022 è disposta la sospensione delle attività in presenza dei servizi educativi per l’infanzia di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, e dell’attività scolastica e didattica in presenza della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado”.

Ma “la legge è molto chiara – spiega il ministro Bianchi -: permette ai presidenti di Regione di intervenire solo in zona rossa e in circostanze straordinarie. Queste condizioni oggi non ci sono”. Ecco perché Bianchi ritiene che vi siano “gli estremi per impugnare quell’atto”.

A questo punto, dunque, per la situazione in Veneto, l’unico che potrebbe aggiungere qualcosa sarebbe il presidente Zaia, ma lo farà? E soprattutto: lo potrà fare?
In questo momento la riapertura delle scuole nella nostra Regione è confermata per lunedì 10.
In linea con l’indicazione centrale: “Il governo ha scelto di tutelare il più possibile la scuola in presenza e in sicurezza” ha detto il ministro della Salute, Roberto Speranza, al Tg1.

Su questo atteggiamento il Governatore si era già espresso: “L’unica novità sul fronte delle scuole è il caos” le parole del presidente del Veneto, Luca Zaia, spiegando che il decreto del Governo “impone delle fasi di testing che sono insostenibili. Tutte le regioni sono a fine corsa con la fase di testing. Non parliamo poi del contact test, cioè nel chiamare a casa i positivi e i loro contatti. Inutile buttarla in polemica: questa è la capacità di lavoro e oltre a quella non si va”. “Con 18 mila contagiati, come quelli di venerdì – ha spiegato -, si dovrebbero prevedere 18 mila telefonate a persone che, quasi sicuramente, avrebbero riferito una decina di nomi di contatti stretti. Sarebbero quindi 10 mila persone da contattare in un giorno. Impossibile”.

“Noi – ha precisato – dobbiamo fare l’amministrazione del possibile e per fare ciò credo sia sempre più doveroso modificare la definizione di caso. E dobbiamo avere un diverso atteggiamento da coloro che sono sintomatici positivi, e soprattutto di coloro che non lo sono”.
“Ci sono tante classi in quarantena, circa 2.400, – ha osservato Zaia -; poi ci sono docenti in quarantena, altri in malattia e quelli non vaccinati. In questo brodo primordiale non so cosa venga fuori, nel senso che abbiamo grosse difficoltà. Io immagino – ha sottolineato – si apriranno le scuole il 10, il Governo ha deciso che si dovrà aprire e la situazione sarà quella che molte classi saranno chiuse, altre saranno in Dad perché non ci sono altre soluzioni. Si cercherà di venirne fuori. Il problema grosso – ha concluso – non è l’apertura delle scuole ma la gestione di tutta la fase di testing e di screening che è una cosa paurosa”.

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