L’esame di Maturità e la grande svolta.
Certo il gioco è sottile e a rinforzarne il fascino c’è il mistero di quelle tre buste, lettere scarlatte nelle mani dei docenti che si offrono ambigue ai candidati maturandi che si affidano giocoforza alla fortuna.
Le ragazze, i ragazzi si stanno apprestando ad affrontare la nuova prova orale, che dopo gli scritti (chissà se sono andati bene!?) investono su quei 45 minuti di colloquio, il loro domani, la soddisfazione o la delusione, la scelta di continuare o lasciare gli studi.
Saranno tanti gli elementi che dopo cinque anni di studio, determineranno l’idea di sé che gli studenti hanno raccolto nel loro percorso e nelle relazioni interpersonali.
Si potrebbe partire dall’autostima, motore centrale del discorso formativo, così necessaria per aspirare ad un futuro possibile, per procedere verso il rispetto, la reciprocità del rispetto che segna prima di ogni altra disciplina, la peculiarità del rapporto umano.
Alla fine del quinquennio si solleva la rete dal mare che ci offre la qualità e la quantità della pesca. Vi si trovano difficoltà, svogliatezza, poca o tanta voglia di studiare, simpatia o antipatia per alcuni professori, o per i compagni di avventura, qualche ingiustizia subita, qualche stoltezza riparata, qualche sufficienza risicata.
Messa in soffitta la rassicurante tesina degli anni precedenti dal Ministro all’Istruzione Marco Bussetti, i ragazzi dovranno mettere insieme un discorso aperto concettualmente legato alle materie di studio, all’esperienza dell’alternanza scuola lavoro, e alle attività legate alla Cittadinanza e alla Costituzione.
La busta da scegliere, come nei temuti quiz televisivi, non abilita però al gioco, ma ad uno sforzo, che investe la cultura, la professionalità sociale e la preparazione dei docenti, e che incoraggia ad una narrazione, un viaggio improvvisato sulle conoscenze, sui dubbi e sulle certezze che ogni singolo ragazzo e ragazza ha riposto nel paniere in cinque anni di scuola.
Qui e ora sul piatto della fiducia, la vita di un giovane si offre, mentre tante cose intorno a lui paiono non funzionanare. La scelta dell’università, sa che è un’incognita, le prospettive di lavoro, una chimera.
Vorrebbe crescere sentendosi un buon cittadino, ma intorno a lui c’è indifferenza, la si vede, la si respira, così come la diffidenza, fino a dubitare di poter diventare un essere umano rispettoso di quella Costituzione che ha pur studiato con passione.
Si dice che i giovani abbiano bisogno di esempi, di modelli valoriali, i docenti sanno che molto della vita futura dei loro studenti, dipenderà anche da loro, da quanto avranno seminato e l’altissimo l’impegno che il corpo docente mette a disposizione per educare e formare è encomiabile.
Fuori dalle aule scolastiche c’è la vita che racconta loro di 55 milioni di italiani che non ce la fanno a pretendere di far scendere a terra dei disperati prigionieri del mare, uomini e donne osservati da chi governa come fossero cose, che le carceri sono sovraffollate, che c’è imbroglio e corruzione nella vita di tutti i giorni.
Che le cronache raccontano di odio e di violenza, che. . .
Che i ragazzi ce la mettono tutta per dimostrare di essere maturi ad una società che la loro maturità non la merita.
Andreina Corso
Con i 18 anni e il diploma di maturità sono in grado di dare il loro contributo alla società in cui vivono e anche di migliorarla. Greta insegna!
Credo nella limpidezza degli studenti e sono sicura che faranno bene. Dobbiamo imparare da loro, e spingerli ad aver fiducia nel domani.
Mi sono sentita così dopo la maturità, ero delusa e arrabbiata. Poi sono stata promossa e ho sperato in qualcosa che cambiasse la mia vita. Mi sono adattata a un lavoro precario e mi dicono di ringraziare il cielo. Auguri a tutti i ragazzi.