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LA SIGNORA DELLE FALENE di Carlo Rizzo

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Un saluto ordinario, non mi sono neppure girato indietro: non potevo sapere quello che stava per succedere. A luci spente mi incamminavo verso le tenebre. Non sapevo che quella era stata l’ultima lezione della mia vita : non sarei mai più tornato in quell’aula, nella mia scuola , in nessun’altra scuola : mi aspettava il deposito , la pensione .
Rivedo i miei alunni sullo schermo da quassù nell’ultimo piano di un palazzo sotto un cielo oramai anonimo. Ma loro sono sempre più lontani, quasi irreali. Lo schermo è null’altro che l’oblò della mia navicella che sta andando alla deriva nell’infinito. Lo so, non rivedrò più il mio mondo, non tornerò mai più a casa. Sapere che tempo o mattino venga mi sembra inutile. Anche le voci e i quotidiani rumori, qui nel palazzo, non si sentono più .Ieri mi è giunta l’eco di una voce lontana , la canzone di qualcuno su un tetto , forse una preghiera. Vivo solo ed ora me ne rendo conto. Tra poco squillerà il cellulare. Succede ogni giorno ultimamente e ci spero .E’ un’ anziana signora del primo piano che qualche tempo fa

mi ha dato confidenza , sapendo che anche io sono professore . Veniva a farmi visita di quando in quando , adesso mi fa una videochiamata tutti giorni.
Mi da speranza : “Un giorno tutto questo finirà , verrà la bella stagione e torneremo tutti ad incontrarci ; al tempo della guerra non si era sicuri nemmeno in casa : bombardavano di notte “
Il tema dei suoi discorsi sono spesso le falene. Si perché nelle notti d’estate lei esce sul poggiolo ad ammirare le falene che danzano sul lampione di fronte. Vengono solo su quel lampione, solo per lei e lei le aspetta . “ Sono le mie fate “ dice . Credo che le conosca ad una a una , forse fa anche l’appello , chissà .
Quando me ne parla è come se fosse la prima volta: l’entusiasmo che esprime , il tono della sua voce , gli occhi che le brillano , le mani che con grazia mimano le danze, rendono lo stesso racconto ogni volta unico ed io la sto quasi incantato ad ascoltare . Vive anche lei sola .
Dicono che il marito un giorno

prese un treno , nessuno sa per quale destinazione ed avesse un biglietto di sola andata. Mi parla anche del suo lavoro di un tempo, ti tutte le matite e penne perse nelle aule, che nessuno ha mai rivendicato e che lei custodisce in tanti astucci.
Mi racconta dei fogliettini che gli alunni si scambiavano tra i banchi e che lei intercettava e conservava. “ Ne ho moltissimi “ dice .“ Portano scritte di affetto , di amicizia , anche d’ amore , li ho ordinati per anno scolastico , per classe , mi sembra di rivedere ancora l’alunno che lo sta passando “. Ne è molto gelosa e quando me ne parla abbassa il tono della voce e i suoi occhi del colore dell’oceano, sembrano farsi supplichevoli:” non lo dica a nessuno”. Sono quasi delle confessioni.
Squilla il cellulare:

è lei , la mia Signora delle falene . Mi sembra già di udire la sua voce flautata.
Oggi glielo chiedo: le dirò che – quando sarà – le farò visita io . Che un giorno scenderò da lei e leggeremo assieme tutti quei messaggi, perché sono convinto, Signora delle falene, che fossero tutti indirizzati a te.
Poi una notte d’estate verrò ancora e starò sul tuo poggiolo a vederti danzare con loro, con le tue fate, per tutta la notte e quella notte, forse, non avrà mai fine.

 

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