IL PRIMO GIORNALE ONLINE DI VENEZIA | ANNO XVIII

sabato 23 Marzo 2024
12.7 C
Venezia

data pubblicazione:

ultimo aggiornamento:

LEGGI ANCHE:

HOME PAGEMoviegoer, appunti di uno spettatore cinematograficoLa Mia Vita con John F. Donovan: non è evoluzione, speriamo almeno sia transizione
Questa notizia si trova quiMoviegoer, appunti di uno spettatore cinematograficoLa Mia Vita con John F. Donovan: non è evoluzione, speriamo almeno...

La Mia Vita con John F. Donovan: non è evoluzione, speriamo almeno sia transizione

pubblicità

La Mia Vita con John F. Donovan: non è evoluzione, speriamo almeno sia transizione

Xavier Dolan diventa inglese e perde parte della sua anima; questo “La mia vita con John F. Donovan” cerca di tenere il piede su due staffe ma, per non scontentare nessuno, (aficionados del suo linguaggio esuberante e intimista allo stesso tempo e pubblico mainstream che poco sa della sua opera) scontenta tutti. O quasi.

Alcuni tenaci sostenitori dell’enfant prodige canadese che non vogliono vedere le quote di politically correct ed edulcorazione dei personaggi difendono questo film. Che, si badi bene, non è un film orribile. Ma forse è qualcosa di peggio, qualcosa che somiglia a una annunciazione di una perdita irreparabile se Dolan continuerà su questo passo.

La storia, in breve e senza spoilerare: una giornalista (T. Newton) è costretta, nonostante il poco tempo e il disinteresse, a intervistare Rupert Turner (B. Schnetzer) riguardo lo scomparso attore di serie John F. Donovan (K. Harrington). Sin da ragazzino Ben fu un grande fan dell’attore, al punto che per cinque anni tennero una fitta corrispondenza pur senza conoscersi. Ben vive solo con la madre Sam (N. Portman al suo peggio) ed è bersagliato dai bulli della scuola dove ha dovuto trasferirsi. Perché è un bambino dotatissimo e precoce e perché in odore di omosessualità.

L’intervista, che sarà il racconto della verità su Donovan, racconta in parallelo i segreti di questi.

Acclamato come genio ma a mio parere più enfant prodige che gigante del cinema, Dolan ha sempre avuto una sua rispettabilissima cifra, che potrà non piacere a tutti, specie riguardo l’enfasi riservata alle diversità; ma che è personalissima.

In questa pellicola, coproduzione Canadese/Britannica, ci sono dei problemi che avviliscono il linguaggio dolaniano. Intanto appare irritante la presenza nel cast di stelle attempate come Susan Sarandon e Kathy Bates; attrici di altissimo spessore che però, come spesso capita quando precipitano in altri universi cinematografici, sfoderano più professionismo e trucchi da caratterista che arte della recitazione. Palese che siano in questo film per renderlo più esportabile.

Imbarazzante invece la prestazione della Portman, che non riesce ad evitare un insincero manierismo in un ruolo a quanto pare inadatto; peccato, perché in altre pellicole è stata attrice più che valida.

Ma ancor più grave sembra la prospettiva con cui il regista guarda alle due storie dei due personaggi. Tralascio la prevedibilità del racconto dell’omosessualità negata che, in fondo, doveva far osare Dolan ma fino a un certo punto. D’altronde è il suo primo film internazionale e così come gli americani “ritoccano” le ricette altrui, altrettanto si dovevano smorzare i toni di un cinema che altrove era piuttosto spregiudicato ed eccessivo.

E non è colpa del volenteroso Kit Harrington, il John Snow di “Game of Thrones” che in fondo se la cava dignitosamente in un ruolo certamente rischioso, visto il precedente.

Purtroppo è il personaggio di John Donovan, star di una serie tv anni 90 tra magia e giovanilismo, a non essere così appassionante, nonostante la buona volontà di Rupert a volercelo far passare come paradigmatico.

Per non parlare dello stesso Rupert, bambino eccezionale sì ma dotato di una consapevolezza e padronanza di linguaggio persino eccessiva. E, diciamolo, abbastanza insopportabile nella sua petulanza (anche se il piccolo Jacob Tremblay recita benissimo).

Momenti come l’apparizione dell’anziano nella squallida tavola calda dove Donovan sta scrivendo a Rupert quella che è l’ultima missiva o il sorriso benedicente della Newton nel finale sono peccati mortali di un film che non sa tuffarsi in nessuna vera cifra. Forse Dolan conquisterà un nuovo pubblico; ma a che prezzo? Non si sa se si può parlare di evoluzione del suo cinema; speriamo almeno di parlare di transizione.

LA MIA VITA CON JOHN F. DONOVAN
(THE DEATH AND LIFE OF JOHN F. DONOVAN, 2018 CANADA/REGNO UNITO)
REGIA: XAVIER DOLAN
CON: KIT HARRINGTON, NATALIE PORTMAN, BEN SCHNETZER, JACOB TREMBLAY, TANDIE NEWTON,

LEGGI TUTTO >>

RIPRODUZIONE VIETATA. SONO VIETATI ANCHE LA RIPRODUZIONE PARZIALE DI TITOLI, TESTI E FOTO ATTRAVERSO SISTEMI AUTOMATICI (CD AGGREGATORI) SU ALTRI SITI

Notizia interessante? Scrivi cosa ne pensi...

Scrivi qui la tua opinione
Il tuo nome o uno pseudonimo

notizie che hanno interessato i lettori

spot_img