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IL NUNU di Sabrina Pegoretti [concorso letterario]

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Concorso Letterario de “La Voce di Venezia”. Prima edizione: “Racconti in Quarantena”

“Brumm, Brumm” correva avanti e indietro per il soggiorno, con la sua vespetta rossa da quando, qualche giorno fa, aveva capito come spingersi. Solo le punte dei piedini toccavano il parquet, ma la grinta che ci metteva era tale, da farlo muovere con disinvoltura quasi come un esperto motociclista.

La vespetta di plastica, ben ancorata al pavimento con delle piccole rotelle che la mantenevano in equilibrio, era un regalo del NUNU.

Così lo chiamava Paolo. Era stata una delle prime parole che aveva pronunciato e il NUNU si emozionava sempre quando si sentiva chiamare così.

Mario aveva altri due nipotini, fratelli maggiori di Paolo, ma con il più piccolo c’era un legame speciale. Questo nipotino se lo stava proprio godendo.

Tutte le mattine si recava a casa della figlia Giulia e si prendeva cura di Paolo.

Mentre la figlia accompagnava gli altri due nipoti a scuola, Mario si coccolava il piccoletto con una tenerezza infinita.

Se c’era il sole lo portava al parco, che raggiungeva velocemente spingendo il passeggino come fosse una macchinina, e lo faceva giocare sull’altalena o scivolare sullo scivolo.

Se invece faceva freddo o tirava vento, si sedeva sul divano con in braccio il nipotino e gli raccontava bellissime storie che si inventava di volta in volta, avvalendosi dei giochi sparsi per la casa.

Mario stesso si meravigliava della sua fantasia e di quanta immaginazione avesse.

Probabilmente, il duro lavoro che aveva da poco lasciato per la pensione, non gli aveva dato tanto spazio per esprimere il mondo immenso che aveva dentro.

Adesso che finalmente era libero da orari e fatica, aveva scoperto il suo bambino interiore e allora spesso si ritrovava a ridere e a fare cose, che nemmeno con sua figlia aveva osato fare.

Si metteva a carponi portando Paolo sulla schiena come fosse un cavaliere in sella al suo buffo cavallo, si nascondeva negli angoli della casa aspettando che il piccolo, con il suo passo incerto, arrivasse a cercarlo chiamando a gran voce: “NUNU”

E poi si perdeva estasiato a guardarlo mentre faceva la nanna.

In questi giorni di “prigionia forzata” nelle rispettive abitazioni, entrambi sembravano sofferenti.

Paolo si avvicinava alla finestra del balcone, da dove tutte le mattine sentiva il rumore della macchina del nonno, e lo vedeva scendere dopo averla parcheggiata nel cortile.

Il suo sguardo malinconico faceva trapelare la nostalgia che aveva per quegli incontri ormai sospesi.

Per Mario invece ogni scusa era buona per telefonare alla figlia e chiedere notizie di Paolo e degli altri nipoti.

“Papà se mi avessi dato retta, adesso potremmo fare delle video chiamate e avresti la possibilità di vedere Paolo e anche Matilde e Francesco!” lo rimproverava la figlia, che più volte lo aveva invitato a comprarsi uno smartphone.

Già, Mario aveva un vecchio Nokia, di quelli con la tastiera con i tasti grandi. Diceva che la tecnologia non gli apparteneva, era già tanto se possedeva un cellulare.

Così passavano i giorni e la nostalgia si faceva sempre più forte.

Poi quella mattina, mentre Paolo in sella alla sua vespetta rossa rigava il pavimento in legno del soggiorno, squillò il telefono di Giulia. Era una video chiamata da un numero sconosciuto.

Qualche attimo di titubanza, ma poi si decise a rispondere. Sul video apparve la faccia del NUNU sorridente, ma allo stesso tempo incredulo e un po’ imbarazzato.

“Ciao passami Paolo, Matilde e Francesco! Hai visto? Simone, il ragazzo che abita qui di fronte, si è intenerito quando gli ho raccontato di noi, l’altro giorno sul balcone e così mi ha prestato il suo telefonino! Sono felice di vedervi, mi mancano i vostri sguardi e i nostri abbracci. Quando tutto sarà finito corro al primo negozio che trovo e mi compro un cellulare come si deve, con tutte le applicazioni possibili!!”

Intanto Paolo si era avvicinato alla mamma e con il ditino puntato verso la faccia di Mario aveva gridato felice: “NUNU, NUNU”.

 

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