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Hellas Verona: pietà, vi chiedo pietà

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Hellas Verona: pietà, vi chiedo pietà

Pietà, vi chiedo pietà.
La stessa che implorano in tifosi dell’Hellas Verona da tempo, in merito a prestazioni imbarazzanti, formazioni surreali dichiarazioni dell’allenatore post-partita in perfetto stile Zelig.

Dopo la sconfitta di Genova, si sperava di non sentir parlare più di salvezza, di buona prestazione e altre frasi fatte imbarazzanti.

Un tre a uno che non diritto di replica e condanna i gialloblù a una giusta, anzi giustissima retrocessione.

La verità è che dall’inizio dell’anno la formazione di Fabio Pecchia non ha mai dimostrato di poter raggiungere l’obiettivo. Limiti tecnici, di gioco e soprattutto caratteriali.

Se per i primi bisogna chiedere spiegazioni a chi questa rosa l’ha costruita, per gioco e carattere il primo responsabile è l’allenatore. In due anni non si è mai visto uno sprazzo di schemi e idee, se non nelle prime tredici partite del campionato cadetto.

Passaggi in orizzontale, zero tiri in porta, mai superiorità numerica e una fase difensiva colabrodo. Problema mai risolto dai tempi di Mandorlini.

Si può certamente comprendere l’inesperienza del mister ma non si può arrivare a quattro giornate dal termine e non capire che per salvarti in A, non si può puntare al possesso palla.

Inoltre la mancanza di una formazione base e i continui cambiamenti di giocatori e ruoli è indice di insicurezza e mancanza di idee. Proporre con insistenza Fares punta centrale, lasciare Zuculini (l’unico che ci mette gli attributi) in panchina e non dare uno straccio di posizione a Romulo è masochismo.

Se le colpe dell’allenatore sono tante, quelle di Presidente e DS sono almeno il doppio.

A inizio anno non ci si può presentare in conferenza stampa ammettendo candidamente che da almeno un paio di anni non vengono messi soldi per la squadra. Non si possono utilizzare i soldi di paracadute e diritti TV per appianare buchi di bilancio delle gestioni passata.

Non si può cominciare una querelle tra presidente e l’ex direttore sportivo Sean Sogliano, accusandolo di incapacità, protagonismo e di spese pazze. Quando se ancora oggi crei plusvalenze è grazie alle sue intuizioni e acquisti. Inoltre chi avallava gli acquisti? Nelle società normali il Presidente, quindi si presume Setti nell’Hellas Verona.

Inoltre, il caso Cassano con cui tutta Italia ha riso. Evidentemente il barese era l’unico ad averci visto lungo.

In fine, il mercato di gennaio con gli addii di Pazzini, Bessa e Zuculini, accusati velatamente di aver creato malumori all’interno dello spogliatoio.

In cambio un attaccante come Petkovic, panchinaro in serie B e poco altro, con le speranze di salvezza su un ragazzino della Juventus di diciassette anni.

Tutte queste “operazioni” hanno palesato una Società che neppure ha provato a salvarsi.

Teoria confermata dallo stesso Maurizio Setti con le parole “Prima il bilancio, poi il risultato sportivo”.

Forse al presidente sfugge che “l’azienda calcio” produce introiti di pari passo con il risultato. Tutte le parole di consolidamento, modello Borussia e giocatori creati in casa attraverso i settori giovanili, si sono rivelate fumo negli occhi di tifosi e città.

(foto: uomo inginocchiato, scultura di Georges Minne)

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