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Una geografia, una bussola dell’accoglienza nei Paesi Europei

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Grazie al blog d’informazione Le Nius e alla ricerca di Matteo Margheri, si possono sgomberare giudizi e pregiudizi in ragione di una precisa definizione del Diritto di Asilo in Europa.

1. Secondo la Dichiarazione dei diritti umani ogni individuo ha diritto di chiedere asilo politico in un Paese altro quando sia in pericolo nel suo Paese. Sempre secondo la Dichiarazione, nessuno Stato può respingere un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita possa essere in pericolo.

2. La richiesta di asilo politico è un processo lungo in tutti i principali paesi, difficile la richiesta si esaurisca prima di un anno. Il sovraffollamento rischia di allungare ulteriormente i tempi.

3. Lo stato con più domande di asilo in Europa è la Germania, seconda è la Francia.

4. Il sistema che permette maggiore integrazione sembra essere in Germania: il richiedente asilo non può però scegliere dove fare richiesta, a causa del Regolamento di Dublino che impone di fare richiesta nel paese in cui si arriva.

5. L’alto numero di richieste di asilo in Italia è dovuto anche alla mancanza di alternative: chiedere asilo infatti è l’unico modo per provare a regolarizzarsi. Neanche avere un lavoro dà accesso ad un permesso di soggiorno.

Il “diritto di asilo” è la protezione che una persona può richiedere presso una nazione quando viene perseguitata nel proprio Paese d’origine. Secondo l’articolo 14 della Dichiarazione dei Diritti Umani: ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi, asilo dalle persecuzioni.

La “Convenzione che si riferisce allo status dei rifugiati”, adottata dagli Stati delle Nazioni Unite nel 1951, attribuisce lo status di “rifugiato” a coloro che hanno diritto ed esercitano il diritto di asilo. La stessa Convenzione pone paletti molto chiari per gli Stati contraenti in cui i perseguitati riescono a fuggire.

In particolare, l’articolo 31 recita: “Gli Stati Contraenti non prenderanno sanzioni penali, a motivo della loro entrata o del loro soggiorno illegale, contro i rifugiati che giungono direttamente da un territorio in cui la loro vita o la loro libertà erano minacciate nel senso dell’articolo 1, per quanto si presentino senza indugio alle autorità e giustifichino con motivi validi la loro entrata o il loro soggiorno irregolari”.

Inoltre, secondo l’articolo 33: “Nessuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche.”

È stato altresì istituito l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite (UNHCR), ora rappresentato da Filippo Grandi.

La normativa comunitaria sul diritto d’asilo nasce dall’alta affluenza migratoria degli ultimi dieci anni, quando la UE ha modificato il Regolamento di Dublino del 2013. Questo passaggio, significativo per il presente e il futuro dell’accoglienza, ha stabilito l’impedimento ai richiedenti asilo, di presentare più domande negli Stati europei, costringendo il primo Paese raggiunto ad ottemperare ai bisogni, ad essere responsabile delle procedure. Un migrante dovrà quindi restare e ottenere protezione in ’quel paese’ e perciò una volta riconosciuto come migrante in Italia (ad esempio), non può varcare altri confini europei.

Basterebbe rivedere gli accordi di Dublino per distribuire i migranti ma alcuni Paesi membri dell’Unione europea, desistono, pur mantenendo specifiche procedure di accoglienza per le domande di asilo.

In Germania, il sistema di richiesta d’asilo è decentrato e ogni stato federale si occupa di una nazionalità specifica. I tempi di attesa nel primo centro di prima accoglienza dove avviene la richiesta sono circa tre mesi, durante i quali si svolge anche l’intervista obbligatoria prevista dalla procedura.

Per i primi tre mesi di soggiorno ci sono delle restrizioni alla mobilità dal centro. Per esempio non si può abbandonare la regione in cui si è fatta richiesta di asilo, senza aver ottenuto un permesso dall’ufficio competente. Nei primi tre mesi i richiedenti asilo ricevono cibo, dei soldi e la possibilità di frequentare corsi di lingua, ma non in tutti i campi di accoglienza. Scaduti i tre mesi, il richiedente asilo viene spostato in un altro centro di accoglienza nella stessa regione.

Rispetto ad altre nazioni, il richiedente ha più opportunità. Deve provvedere da solo al proprio cibo, ma può lavorare e ricevere un compenso di 360 euro al mese. Può addirittura cercarsi un alloggio diverso da quello assegnato dallo Stato se in grado di mantenersi. Il tempo di attesa per ottenere i risultati dell’intervista è circa un anno, ma dipende molto dalla nazionalità.
Anche i centri di accoglienza tedeschi sono ormai da qualche tempo superaffollati e il sistema fa fatica a gestire le nuove richieste.

La Francia prevede fasi complesse e lunghi tempi d’attesa: per ottenere l’asilo prima di tutto, bisogna comunicare la propria residenza e l’attesa per ottenerla può arrivare anche a 5 mesi; subito dopo, viene rilasciata un’autorizzazione provvisoria al soggiorno (Aps) di un mese che il richiedente deve inviare entro 21 giorni all’Ofpra (Office français de protection des réfugiés et apatrides), l’istituzione che concede al migrante lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria (il tempo medio necessario per prendere una decisione va dai 3 ai 7 mesi).

Nell’attesa di entrare in uno dei centri di accoglienza Cada (Centre d’accueil pour demandeurs d’asile), il richiedente ha diritto a ricevere l’Ata (Allocation temporaire d’attente) e un contributo economico di 11,01 euro al giorno. L’accoglienza nel Cada è garantita per l’intera durata della procedura di asilo, compreso l’eventuale ricorso. In Francia sono circa 300 i centri di accoglienza riservati ai richiedenti asilo, per un totale di circa 21.500 posti. Sono finanziati dallo Stato e date in gestione ad associazioni specializzate.

Il migrante in attesa di risposta ha la possibilità di cercare lavoro se la domanda di asilo non è ancora stata esaminata da più di un anno o se ha fatto ricorso. Se il tasso di disoccupazione nella regione francese in cui è stata presentata è troppo alto o il settore in cui si vuole lavorare secondo le autorità è saturo, la prefettura può negare il permesso.

A chi ha ottenuto lo status di rifugiato è garantito un permesso di soggiorno valido per 10 anni. A questo punto, il rifugiato deve recarsi presso l’Ufficio francese dell’immigrazione per sottoscrivere il “contratto di accoglienza e integrazione”. Questo prevede: una giornata di formazione civica sui valori della Repubblica francese, una sessione informativa sulla vita in Francia, un corso di lingua francese di 400 ore.
I rifugiati possono inoltre chiedere immediatamente la nazionalità francese.

In Spagna, la domanda di asilo deve essere presentata personalmente o, in caso d’impossibilità fisica o legale, da chi rappresenta l’interessato entro un mese dall’arrivo sul territorio spagnolo. La richiesta consiste in un colloquio personale uno a uno con un funzionario addetto, col supporto di un eventuale interprete e alla presenza di avvocato.

Il colloquio prevede una serie di domande circa i dati personali, i motivi che hanno spinto a chiedere protezione internazionale, eventuali informazioni sui famigliari accompagnatori e come è si arrivati in Spagna. Al termine di questa prima procedura, ad ogni richiedente viene assegnato un funzionario pubblico incaricato di fornire le informazioni e il supporto necessario per la compilazione della richiesta.

Al richiedente viene a questo punto rilasciata la “tessera bianca”, con valore temporaneo fino alla decisione del Ministero dell’Interno sull’ammissibilità della richiesta. La “tessera bianca” autorizza al soggiorno ma non al lavoro. Se l’esito della valutazione è positivo, il richiedente ottiene la “tessera rossa” che dà la possibilità di lavorare dopo sei mesi dalla richiesta d’asilo.
La procedura per la richiesta di asilo si conclude o con il riconoscimento dello status di rifugiato, o della protezione sussidiaria oppure con il rigetto della domanda.

E ora ritorniamo in Italia Il richiedente asilo presenta una domanda di protezione internazionale alla questura o alla polizia di frontiera che viene poi esaminata dal Dipartimento delle libertà civili e immigrazione. Le domande di protezione internazionale vengono analizzate dalle Commissioni Territoriali composte da un funzionario della prefettura, uno della questura, un rappresentante dell’ente locale e un membro dell’Agenzia dell’Onu per i rifugiati (Unhcr).

Le Commissioni decidono in base a interviste individuali, in presenza di interpreti, se alla persona deve essere riconosciuta una forma di protezione.

In Italia sono previste tre differenti forme di protezione di cui possono beneficiare chi fugge dalle persecuzioni del proprio Paese: lo status di rifugiato protegge chi è costretto a lasciare il proprio paese perché perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche.

Le politiche comunitarie di accoglienza hanno introdotto anche la protezione sussidiaria, che viene riconosciuta a chi rischia di subire un danno grave, come una condanna a morte, atti di tortura o trattamenti inumani o degradanti, minaccia alla vita nel caso di ritorno nel paese di origine; infine, vi è la protezione umanitaria che viene concessa quando si valuta su base individuale se esistono gravi motivi di carattere umanitario per i quali il rimpatrio forzato potrebbe comportare serie conseguenze per la persona.

La Commissione territoriale è incaricata di stabilire a quale forma di protezione il richiedente asilo ha diritto, sulla base dell’esito del colloquio individuale.
Ogni Commissione territoriale ha un carico di lavoro e tempi di analisi diversi. Nonostante l’aumento del numero delle Commissioni previsto per far fronte alla massiccia ondata migratoria, si possono stimare tempi di attesa di circa un anno.

Il sistema dei centri di accoglienza in Italia è diviso in tre “anelli”: i centri di accoglienza (Cda) garantiscono prima accoglienza allo straniero rintracciato sul territorio nazionale per il tempo necessario alla sua identificazione e all’accertamento sulla regolarità della sua permanenza in Italia; i centri governativi (Cara) dove vengono smistati i migranti che hanno inoltrato la propria richiesta di asilo; vi sono poi i centri del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) che sono piccoli centri dislocati su tutto il territorio nazionale che garantiscono un buon livello di servizi.

Gli stranieri giunti in modo irregolare in Italia che non fanno richiesta di protezione internazionale o non ne hanno i requisiti sono trattenuti nei centri di identificazione ed espulsione (Cie).

Il tempo di permanenza, 18 mesi al massimo, dovrebbe servire alle procedure di identificazione e a quelle successive di espulsione e rimpatrio.

Al termine della richiesta d’asilo, qualora la domanda fosse respinta, il migrante ha la possibilità di fare ricorso entro trenta giorni dalla notifica del rifiuto. Con l’adozione del decreto Minniti-Orlando, da agosto 2017 non è più possibile presentare appello nel caso il ricorso venisse respinto. (Fonti Le Nius)

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