IL PRIMO GIORNALE ONLINE DI VENEZIA | ANNO XVIII

domenica 28 Aprile 2024
20.6 C
Venezia

data pubblicazione:

ultimo aggiornamento:

LEGGI ANCHE:

“Elvis”, scintillante ma didascalico

pubblicità

Per fornire la mia impressione il più sinceramente e adeguatamente possibile riguardo questo film è stato utile raffreddare le speranze pregresse che il nome del regista aveva fatto crescere e dormirci sopra per svegliarmi con una percezione naturale, di cuore.

E cioè che questo biopic sul re del rock’n’roll è, gratta gratta, che siamo più prossimi alla normalità di un classico film biografico di maniera di quanto la pur eccellente confezione faccia sembrare.

“Elvis” è un film non certo privo di qualità, nel quale ritroviamo la capacità del regista di saper mettere in scena una narrazione vorticosa e senza tregua. Ma in questo caso l’originalità, forse discutibile ma personale, di pellicole come “Moulin Rouge” o “Romeo+ Juliet” è venuta in parte a mancare.

Non saprei trovare un motivo per cui questo “Elvis” non mi abbia soddisfatto integralmente se non nel fatto di essere un film a volte troppo compromesso tra l’esuberanza Luhrmanniana e il solito biopic tradizionale in cui, pigramente, seguiamo un ordine cronologico di tappe che tali e quali (nell’illusione di restituire la realtà e la verità) nella vita dell’artista in questione, si susseguono sino all’epilogo.


Elvis Presley has left the cinema building:
velocissimo excursus su Elvis Presley e il cinema

L’idea di far narrare al manager di Elvis Presley, Tom Parker (interpretato dal sempre impeccabile Tom Hanks) potrebbe essere un punto di vista interessante ma questo interviene solo a tratti, quando il regista lo abbandona per diventare narratore omniscente di una vita bigger than life; racconto di un’icona del rock che per prima contiene in sè tutti gli elementi che poi saranno sino ad oggi topici per ogni vita di talento distrutta dallo show business.

Tutti i debiti sono stati pagati nei confronti del personaggio; dalle origini umili, la passione per i supereroi, l’incontro con la comunità afroamericana che lo renderà un antirazzista convinto, l’incontro con la loro musica, blues e gospel, che saranno bagaglio inestinguibile per il suo modo di interpretare la musica.
La relazione con un padre imbelle e una madre appassionata. La passione per james Dean e la figura del ribelle senza causa che quest’ultimo, assieme a Brando, incarnava.

Forse nei ritratti dei musicisti afroamericani, dal padre musicale Big Boy Crudup a Big Mama Thorton e Sister Rosetta Tharpe si avverte una certa aria di clichè ma in fondo è tipico di Luhrmann essere sopra le righe per giocare su questi luoghi comuni.

Un eroe, appaga la voglia dello spettatore
di cinema della verità

Se Austin Butler non è così somigliante a Elvis abbiamo però un attore che sa dare corpo all’Elvis carnale, quello che finalmente portò ai bianchi l’esplicitazione del corpo sessuale, di dominio dei neri, fino a far scoprire al mondo wasp che i desideri della carne erano solamente addormentati.

In effetti la prima parte del film, nel bene come nel male, risulta quella più avvincente. Poi, proseguendo con la narrazione, si casca sulle risacche del dover narrare i fatti così come andarono e certe parentesi narrative risultano noiose; in particolare tutta la parte finale relativa alle esibizioni “carcerarie” del re del rock’n’roll all’International Hotel di Los Angeles con annessi e connessi sviluppi esistenziali risulta appesantita, quasi quanto la pessima idea di mostrare Austin Butler ingrassato grazie alla cgi, che è insostenibile, specie se confrontata con le ultime immagini del vero Elvis che canta una struggente, disperata “Unchained Melody”.

In definitiva “Elvis” è un biopic che mescola pregi e difetti, talvolta il fuoco che promette tende a spegnersi, nonostante a volte la follia di Luhrmann faccia capolino e la ricostruzione sia pressoché perfetta (incredibile la cura degli strumenti musicali che sono perfettamente identici a quelli usati nella realtà).

C’era una volta a… Hollywood,
caleidoscopico racconto su un mondo amato
e irrimediabilmente perduto

Potrei azzardare un paragone con il Tarantino di “C’era una volta Hollywood”, film che potrebbe essere confrontato con questo. Non un film che ho amato, anzi, ma senza dubbio che sa prendersi ampie libertà con la storia al contrario di questo, un terzo scintillante, due terzi didascalico.

ELVIS (2022 id. U.S.A., Australia)
Regia: Baz Luhrmann
Con: Austin Butler, Tom Hanks, Olivia DeJonge, Kodi Smith McPee

LEGGI TUTTO >>

RIPRODUZIONE VIETATA. SONO VIETATI ANCHE LA RIPRODUZIONE PARZIALE DI TITOLI, TESTI E FOTO ATTRAVERSO SISTEMI AUTOMATICI (CD AGGREGATORI) SU ALTRI SITI

Notizia interessante? Scrivi cosa ne pensi...

Scrivi qui la tua opinione
Il tuo nome o uno pseudonimo

notizie che hanno interessato i lettori

spot_img