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Tribunale Venezia: condanna confermata ai genitori che rifiutarono chemio per la figlia che poi morì

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Morì a 17 anni avendo rifiutato la chemio, una storia drammatica e dolorosa che nasce con la segnalazione in procura da parte del responsabile del reparto di Padova che, come da protocollo, segnala l’impossibilità di curare una paziente.
Negli anni si è cristallizzata l’accusa verso i genitori: omicidio colposo.
E’ questo il reato per il quale i coniugi Lino Bottaro e Rina Benini, che nella vicenda persero la figlia Eleonora, malata di leucemia, dopo averla convinta a rifiutare la chemioterapia, si sono visti confermare in Appello la condanna a due anni di reclusione ciascuno (con sospensione della pena).
Ammalatasi a 17 anni di leucemia linfoblastica, Eleonora morì nell’agosto 2016, poco dopo il 18/mo compleanno.
I genitori, che ne avevano la potestà genitoriale, non firmarono mai l’autorizzazione per sottoporla alla chemio come richiesto dai medici.
Con la terapia medica, secondo i sanitari, avrebbe avuto “buone possibilità” di farcela.
I Bottaro scelsero invece di abbracciare il discusso “metodo Hamer”, messo a punto dal tedesco Ryke Geerd Hamer, fautore della “Nuova terapia germanica”, per la quale il tumore sarebbe solo l’effetto di un grande trauma psicologico.

Il metodo ‘Hamer’ cura i tumori con vitamine, cortisone e psicoterapia.
Ma la ragazza morì invece in pochi mesi.
Nel giugno del 2019 c’era stata la prima condanna: due anni di reclusione, emessa dal giudice monocratico di Padova.
Poi c’è stato il ricorso fatto dalla famiglia, e oggi arriva la decisione della Corte d’appello di Venezia, con la conferma della sentenza.
Uno dei primi medici a visitare Eleonora fu il professor Giuseppe Basso, primario di oncoematologia pediatrica di Padova, un’autorità in materia (deceduto per Covid due mesi fa).
Basso era convinto che la paziente si sarebbe potuta riprendere in breve tempo, grazie anche agli enormi passi fatti dalla scienza nel campo delle leucemie infantili.

“Eleonora aveva ottime chance di guarire, sono amareggiato e deluso” aveva detto il prof. Basso, commentando la sentenza di condanna in primo grado.
Ma con i genitori della studentessa padovana tutti gli sforzi di convincimento dei medici erano stati inutili.
Lino e Rina non volevano sentir parlare di chemioterapia.
La ragazza sottratta alla potestà genitoriale e guidata da un tutore, non si discostò mai dalla linea antiscientifica dei genitori, ai quali era molto legata.
Nella motivazione con cui i giudici del tribunale di Padova hanno condannato la coppia in primo grado si legge: “L’ordinamento non pone il diritto di vita o di morte dei figli nelle mani dei genitori, al contrario i genitori sono custodi della vita dei figli, che hanno l’obbligo di proteggere”.

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