All’interno dell’offerta Netflix una benemerita presenza è il film “Diamanti grezzi”; chi non lo avesse ancora visto ha la possibilità di recuperare questo titolo, datato 2019.
Diretto dai fratelli Safdie, registi indipendenti già realizzatori del precedente “Good Time” e stelle crescenti del cinema alternativo americano, “Diamanti grezzi” è il racconto di un uomo senza qualità che finisce in un gioco che a malapena riesce a controllare.
La traduzione italiana del titolo è scorretta in quanto l’oggetto della contesa è un opale nero, silicato di enorme valore, che Howard, il protagonista riesce ad ottenere di contrabbando dalle miniere etiopi, dove i minatori scavano alla ricerca di gemme con paghe da fame.
Howard è un gioielliere ebreo newyorkese ludopatico, sempre rincorso dai creditori: l’opale è il “colpo di fortuna” che potrebbe rimettere a posto la sua situazione finanziaria ma certamente non quella delle relazioni con la famiglia e gli amici, perché i suoi rapporti sono semplicemente disastrosi, compromessi dalla dipendenza dalle scommesse. A complicare tutto ci sono le incursioni dei recuperatori di debiti e la relazione adulterina con la commessa, improntata su un registro di alti e bassi spasmodici.
“Diamanti grezzi” impronta la sua messinscena con un linguaggio realistico, con riprese a mano, dialoghi che si sovrappongono come nel parlato reale, fotografia livida per il giorno e cupa per la notte; riprese con camera a mano. L’effetto è volutamente frastornante, in sintonia
con le giornate affannate e sempre in fuga di Howard, costantemente barcollante tra disperazione e temporanee salvezze.
Il film dei Safdie ha raccolto una messe di premi notevole e recensioni quasi unanimemente positive. Ed è certamente un bel film, che merita la visione e che non tradisce. Inoltre è una grande scommessa per Adam Sandler, che di regola conosciamo come comico con esito spesso imbarazzante. In “Diamanti grezzi” l’attore si prodiga in una performance perfettamente aderenziale al personaggio e sia fisicamente che dal punto di vista recitativo è quanto di meglio si potesse trovare. I suoi denti esposti in una perenne smorfia tra sorriso e digrigno, pelle dal colorito cereo e guastata da punti neri e segni di stanchezza, abiti dozzinali e anelli vistosi rendono l’idea di un certo tipo di uomo e di commerciante ebreo newyorkese.
C’è però un “ma”, per come la vedo io; “Diamanti grezzi” è un film che racconta perfettamente ciò che vuole narrare ma non è né nuovo, né particolare: Siamo nell’universo filmico di Martin Scorsese (che è uno dei produttori del film) o Spike Lee e comunque nei confini di un linguaggio narrativo già esplorato in altre pellicole;
quindi non riesco a essere completamente entusiasta per i film dei Safdie. Nonostante ciò, e senza chiedere particolari illuminazioni cinematografiche, il film tiene per tutta la sua durata e coinvolge, portandoci all’interno dell’universo di certe famiglie ebree newyorkesi, mettendo alla berlina la ludopatia come modo di vivere che porta sempre a conseguenze nefaste e anche gettando qua e là nel film, una sufficientemente dura critica al sistema di sfruttamento di alcune popolazioni africane, ridotte in schiavitù per i desideri di ricchezza e potere dei popoli cosiddetti civili.
Un film che esibisce in maniera giustamente tortuosa il torbido di un’esistenza sbagliata e nel quale l’unica cosa trasparente è l’opale purissimo e innocente motore di una sarabanda crudele.
DIAMANTI GREZZI
(Uncut gems, 2019)
Regia: John e Benny Safdie
Con: Adam Sandler, Eric Bogosian, Julia Fox, Lakeith Stanfield, Judd Hirsch