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Scuola Media Di Vittorio di Mestre: costretti ad andare a prendere i figli. Chi ha ragione?

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Nel fitto bosco delle leggi scritte e da rispettare, la Scuola Media Di Vittorio di Mestre ha fatto da Pollicino. E i sassolini trovati per strada hanno condotto in via Tevere e all’apertura dei cancelli della scuola.

Nell’aria le note di una circolare del Ministero all’Istruzione che impone alle famiglie di andare a prendere i loro figli in classe e quando suona la campanella e si apre il cancello, ecco la scuola invasa da genitori, nonni e fratelli maggiori a correre svelti tra i corridoi, a lamentarsi a voce alta con gli insegnanti e prendere per mano i ragazzi che tentano di schivarli: si scherniscono, si sentono grandi, ma niente da fare.

Qualche adulto approva, dice che i tempi sono brutti e che è giusto così, altri minacciano vie legali, spiegano che non riescono ad andare a prendere i figli per motivi di lavoro, altri ancora riferiscono che un’insegnante ha dichiarato che se un genitore non ce la fa ad arrivare a scuola, portano i ragazzi dai carabinieri. E ancora si sentono scavalcati da una decisione che avrebbe dovuto coinvolgerli.

Alle proteste, i docenti spiegano che la decisione della Ministra Valeria Fedeli si prefigge di prevenire eventuali problemi: malviventi, spacciatori che si vedono spesso fuori delle scuole e la presenza di un adulto potrebbe scoraggiare le loro intenzioni. Ragione per ragione, forse hanno ragione tutti:

i docenti che devono rispettare le circolari ministeriali;
i genitori che non sempre ce la fanno, nonni compresi ad andare a prendere i ragazzi a scuola;
Le famiglie straniere alle quali non è stato spiegato in modo comprensibile il perché del provvedimento;
i ragazzi ai quali si chiede di essere autonomi e invece si vedono capitare in classe i parenti;
il buonsenso di chi chiede la Scola bus andata e ritorno;
la perplessità sulla bontà di questo contestato procedimento scolastico.
A. un bivio, con La Legge di bilancio in essere, alcuni emendamenti in tema di liberatorie e responsabilità, anche se la Cassazione ha stabilito che il coinvolgimento di un minore in un incidente fuori dal confine scolastico non esclude la responsabilità della scuola.

Ma dal punto di vista pedagogico, è giusto che i ragazzini, che vanno a passeggio fra amici, che vanno al parco, al cinema e in biblioteca, che girano in bicicletta per la città, si sentano ancora bambini piccoli obbligati ad essere accompagnati dai genitori? E’ giusto che la sollecitazione adulta a diventare grandi e consapevoli, si scontri con questa privazione di autonomia? E quale confine tra tutela e autonomia? I social in questi giorni si sono scatenati: genitori a confronto, lamentele, approvazioni, dubbi.

Spiega Valeri Fedeli “È un argomento su cui abbiamo fatto un lungo approfondimento istituzionale. Come scritto in un lungo comunicato, le scuole, attualmente, stanno operando scelte che sono conformi al quadro normativo vigente in materia di tutela dell’incolumità delle studentesse e degli studenti minori di 14 anni. La recente ordinanza della Cassazione ha sollevato un problema che era preesistente, che è molto delicato e non va sottovalutato in nessun aspetto”.

Contraria la sociologa Chiara Saraceno, che su Repubblica afferma che la circolare “è un insulto al buon senso e che le città europee sono piene di ragazzini che vanno a scuola da soli, prendono il tram. . .”

E insiste sull’importanza di un processo di maturazione che nasce proprio dalle responsabilità individuali, che nulla hanno a che vedere con i provvedimenti legislativi e che basterebbe ripristinare il semplice buon senso.

Ai margini, ma non ultimo il sentimento di paura, il bisogno di protezione che questa società induce e che sembra prevalere anche in campo legislativo a sfavore della responsabilità consapevole e della ricerca di autonomia cui aspirano i ragazzi in crescita.

Andreina Corso

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