Se a chiudere è una libreria, se a chiudersi è la sua vetrina piena di libri, volumi, di ogni genere e di migliaia di autori che attendono di essere letti, questo Verbo assume toni desolati e costringe me, verbo assonnato a rimettermi in moto.
Se chiudere fosse un verbo magico, si trasformerebbe in aprire e così si spalancherebbero nuovamente le porte della Libreria francese a San Giovanni e Paolo, che qualche mese fa ha lasciato il posto ad un ristorante e ora chiude anche la Giunti a San Polo, spegnendo i fari di una cultura che pur avrebbe diritto a qualche soddisfazione.
Chiudere gli occhi, chiudere e basta, chiudere e sigillare, chiudere e mutare.
Chiudere per non capire, chiudere per morire, chiudere perché si deve.
Eppure tutto ciò che si apre è fatto di parole da spendere, da dire, da raccontare, da ingoiare.
Aperta è la mente che legge e conserva gli scritti e le idee.
Le parole sono il suo prato e l’erba verde ci guarda.
Mutano gli sguardi nelle porte chiuse, si abbassano e cercano riparo là, dove nasce nuovamente il tempo di aprire un libro e stringerlo tra le mani.
Andreina Corso