Favoriva amici: agente della Polizia locale di Venezia a processo. Sicuramente due: un’amica in fase di separazione che aveva bisogno di risalire al proprietario di una targa, e un amico di un’agenzia immobiliare che aveva bisogno di risalire alle generalità di un soggetto per una notifica.
Infrante dunque le normative sulla privacy, ma non solo: l’obbligo del segreto professionale e di non fare interessi privati nelle mansioni d’ufficio sono andate calpestate.
Un agente della Polizia locale di Venezia dovrà andare a processo per questo. L’accusa: accesso abusivo nelle banche dati.
E’ stato rinviato a giudizio per aver utilizzato una chat interforze, in cui si scambiavano informazioni i componenti delle varie forze dell’ordine del Veneto, per agevolare amici fornendo dati che non erano parte di alcuna indagine.
Ieri, davanti al giudice Andrea Battistutti, l’udienza preliminare.
L’epoca dei fatti è il 2017 quando tutte le forze dell’Ordine creano un gruppo interforze per l’indagine dell’Audi gialla. In questo gruppo, però, non sono sfuggite richieste di informazioni in favore di una donna coinvolta in una separazione difficile e in favore di un agente immobiliare.
A fornire le informazioni richieste, alla fine, un carabiniere, ma evidentemente il tipo di richieste ha destato curiosità.
L’agente di polizia locale è dunque rinviato a giudizio, come richiesto dalla Procura.
Guido Simonetti e Simone Zancani, gli avvocati difensori, sostengono la assoluta buona fede del loro assistito.
Problemi anche per le due persone “aiutate” dal vigile.
La donna ha chiesto il rito abbreviato. L’agente immobiliare, attraverso l’avvocato Piero Coluccio, ha presentato un’istanza di messa alla prova.
Portata in difesa del vigile, tra l’altro, anche la scarsa importanza dei dati “rivelati”: attraverso l’Aci si potrebbe comunque agevolmente acquisire quei dati.