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Infermiere del Suem di Mestre dà l’addio a tutti: suicidio con un’iniezione di farmaci

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Infermiere del Suem di Mestre dà l'addio a tutti: suicidio con un'iniezione di farmaci

Una panchina, un fiume, i colori della sera. E un uomo con il viso rivolto al Sile, che si è tolto la vita. Un suicidio che lascia senza parole. Siamo a Casier, è lì che è andato, è questo il posto che ha scelto per iniettarsi in vena un liquido mortale. Sa quel che fa, è un infermiere di quarant’anni del Suem, lavora all’Ospedale all’Angelo di Mestre, è un operatore stimato e apprezzato, i colleghi lo ricordano come un uomo generoso e sempre pronto a prestare aiuto.

E’ sposato con un’infermiera, anche lei dell’Angelo e la coppia ha due bambini piccoli. Quando esce di casa, verso le 18.00, avverte la moglie, dice che non vuole più vivere. E si allontana lasciando in angoscia la consorte che lo chiama ripetutamente al cellulare, senza ottenere risposta alcuna, informa la polizia che riesce a comunicare con l’infermiere, cerca di farlo desistere da quel gesto estremo, ma inutilmente.

E’ proprio lui a spiegare alla polizia con lucidità che si sarebbe iniettato un medicinale che gli avrebbe procurato un arresto cardiaco. Intanto in questura approfittano della comunicazione per tentare di capire da dove parla e individuano la zona di Treviso. A pochi minuti dalla comunicazione giunge una telefonata che interrompe ogni speranza di arrivare in tempo e di salvarlo: un uomo è stato trovato a Casier, seduto su quella panchina davanti al Sile, privo di vita.

A nulla è valsa l’ambulanza e vani i tentativi di rianimazione. Il farmaco iniettato in vena ha provocato la morte di quell’infermiere professionale che operava come volontario anche con la Croce Verde di Mestre, apprezzato per il suo lavoro di formatore nei corsi di aggiornamento rivolto agli operatori sanitari. Un uomo allegro, dicono, che amava scherzare, un buon compagno e amico nel lavoro e nella vita.

Un uomo buono e generoso, così lo ricordano gli amici e i colleghi, che lo aspettavano per il turno di notte, gli stessi che stentano a credere a quel che è successo. Eppure aveva pensato a tutto, come procurarsi il farmaco, all’autorizzazione a donare le cornee (il giorno prima del suicidio).
Difficile se non impossibile per la famiglia, per quanti gli hanno voluto bene, individuare le cause che lo hanno portato davanti al Sile, nell’ora che si avvia alla notte, a sedersi e addormentarsi definitivamente su quella panchina.

Andreina Corso

04/11/2016

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