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Spectre, il film di 007 dove Craig impersona la psicologia di Bond

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Spectre, il film di 007 dove Craig impersona la psicologia di Bond

Il ventiquattresimo episodio della saga più longeva della storia del cinema si propone come un appuntamento da non perdere.
“S.P.E.C.T.R.E.” ( Special Executive for Counter-intelligence, Terrorism, Revenge and Extortion), da sempre il nemico numero uno mondiale che, in molte incarnazioni, sia nelle vesti del dirigente che di affiliati, combatte una lotta pluridecennale con James Bond e l’Intelligence britannico. Estorsioni, malattie, controllo su farmaci, produzioni alimentari, energetiche… chi più ne ha più ne metta.

Fa specie che il film “Spectre” (seconda regia di Sam Mendes per la saga bondiana dopo il fondamentale “Skyfall”) esca in un periodo storico in cui il complottismo sembra surrogare e, in fondo, consolare le menti di mote persone alla ricerca di una risposta semplice ai complessi quesiti della odierna situazione mondiale. “Non siamo in un film di 007” mi verrebbe da dire.

Oggi più di ieri, in un periodo in cui si tenderebbe a crederlo. Lasciando da parte le osservazioni sociologiche, per via del contesto narrativo, il nuovo film della Eon sull’agente segreto più celebre della storia della narrazione prosegue il lavoro revisionista nato con “Casinò Royale” e portato ai massimi livelli di decostruzione in , “Skyfall”.
Daniel Craig si conferma attore ideale per rivestire per l’ennesima volta i panni di 007.

A dispetto di chi ha ancora delle riserve sulla sua scelta, Craig ha metabolizzato i nuovi elementi psicologici ma anche “fisici” di James Bond, che in fondo si riallacciano alla più schietta definizione fleminghiana.
Un “superuomo” sempre “super” ma con diverse fragilità e una malinconia sconosciuta alle incarnazioni che l’ han preceduto. Tormentato per la perdita della insostituibile Vesper (ma sempre tombeur des femmes), diviso tra sentimenti e doveri, dipendente dall’alcool, in questo film Bond deve fare i conti con una scoperta eclatante e che riguarda la sua relazione con il suo più acerrimo nemico; Hans Stavros Blofeld.

Ammetto che, all’uscita dal cinema, non mi sono sentito pienamente soddisfatto dall’esito del film. Probabilmente la ricchezza di motivi presente in “Skyfall” viene annacquata e alla fine, “Spectre” sembra più preoccupato di essere una parte di raccordo di una narrazione estesa che un film compiuto in sé.

The Moviegoer, appunti di uno spettatore cinematografico. Di Giovanni Natoli.

Manca il fascino dark del predecessore (e che, come dice Mendes, si rifà al Batman di Nolan) nonostante la cupezza sia sempre presente.
Vediamo riconfermate le nuove “costanti” dell’era Craighiana, ovverosia la Moneypenny nera di Naomie Harris e il cybernerd Q interpretato da Ben Whishlaw, toccasana per la (ri)generazione/Bond anche se con uno stile da serie tv un po’ prevedibile.

Più difficile da accettare la perdita di Judy Dench come “M”; la straordinaria presenza della magnifica attrice era un catalizzatore assoluto di interesse. Ma essendo morta nella “puntata” precedente era davvero impossibile rivederla…
A indossare i panni del superiore di Bond abbiamo inevitabilmente Ralph Fiennes, il Mallory superiore di M.
Se la Dench era una madre davvero edipica e forte per Bond, Fiennes è un padre fragile in una situazione fragile.

Tutto l’entourage di Bond sta per essere messo in soffitta da un revisore dell’ MI6; la battaglia che si gioca è del tutto per tutto. A coordinarla è nientemeno che Blofeld; la scelta ricaduta sul grande vilàin delgli ultimi dieci anni, quel Christoph Waltz che tanto ha meravigliato nel ruolo dello spietato ufficiale nazista Hans Landa in “Bastardi senza gloria” sembrava l’unica possibile.

Ma motivi di sceneggiatura (stiamo cuocendo l’episodio 25?) non ci permettono di godere appieno del suo istrionico appeal di cattivo in guanti bianchi, altezzoso, superomista, sarcastico. Visto e considerato il finale di questo film, il Blofeld del terzo millennio mi sembra un antieroe in fase di (ri)costruzione non ancora definito.

Per quanto riguarda l’ennesima Bond Girl, figlia di un “dissidente” della S.P.E.C.T.R.E. che Bond visiterà per avere informazioni sulla società segreta e che funzionerà come guida per raggiungere Blofeld (c’è anche un hitcockiano viaggio in treno alla maniera di “Intrigo Spectre, il film di 007 dove Craig impersona la psicologia di Bondinternazionale”), il gioco dei corteggiamenti, tra un’esplosione e l’altra non ha la forza del duetto Craig/Green in “Casinò Royale”. A conti fatti, e tralasciando l’ennesimo imbarazzante cameo recitativo di una sempre inetta Monica Bellucci nell’episodio romano, “Spectre” sconta, come maggior difetto, l’eccessiva similitudine con ritmi e temi da serie tv. Non è autonomo come i film che lo precedono, troppe cose sono ancora cucinate a metà. Non è debole come “Quantum of solace” (il peggiore degli 007 craighiani) ma è un po’ sospeso nel limbo di una serialità che non mi ha convinto. Alla prossima.

SPECTRE (2015), Gran Bretagna
regia: Sam Mendes
con Daniel Craig, Lèa Seydoux, Ralph Fiennes, Christop Waltz

giovanni natoli columnist la voce di venezia

Giovanni Natoli

07/12/2015

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