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Sbarco dei profughi a Lampedusa impedito: pm chiedono processo per Salvini

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Sbarco dei profughi a Lampedusa impedito: la vicenda, avvenuta in agosto del 2019, riguarda la nave Open Arms per 19 giorni ferma in attesa di approdo al largo di Lampedusa per disposizione dell’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini. Alla fine ci pensò il procuratore capo di Agrigento, lo stesso pm che aveva sbloccato il “caso Diciotti”, a sbloccare la situazione ordinando lo sbarco dei migranti. Ora per quei fatti i pm chiedono il rinvio a giudizio di Salvini con la giustificazione che il divieto di sbarco fu sua decisione e non un atto politico.

Matteo Salvini non si basò su nessuna decisione condivisa, nessuna scelta collegiale, nessun atto politico, dicono i pm. A stabilire che la Open Arms con i 147 profughi soccorsi in mare non potesse attraccare a Lampedusa fu solo Matteo Salvini, allora ministro dell’Interno.
Al termine di una lunghissima udienza preliminare, dunque, tutto si conclude chiedendo il rinvio a giudizio del leader della Lega per il caso Open Arms.
All’epoca la nave catalana si trovò davanti al divieto del titolare del Viminale di attraccare a Lampedusa, ma la scelta di trattenere a bordo i profughi per i pm costituì una violazione di legge. Gravi i reati contestati al senatore: sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio, accuse punite con il carcere fino a 15 anni. “Preoccupato? Proprio no. Sono orgoglioso di aver lavorato per proteggere il mio Paese rispettando la legge, svegliando l’Europa e salvando vite. Se questo deve provocarmi problemi e sofferenze, me ne faccio carico con gioia. Male non fare, paura non avere”, ha commentato Salvini che prima delle conclusioni dei pm ha rilasciato al gup lunghe dichiarazioni spontanee.

L’udienza si è aperta con la richiesta del procuratore di Palermo Francesco Lo Voi di far assistere la stampa all’udienza che, per legge, si svolge a porte chiuse. Ma il gup, nonostante le difese non si siano opposte alla presenza dei media in aula, è rimasto fermo sulle sue posizioni negando l’accesso ai giornalisti che hanno atteso fuori dall’aula bunker dell’Ucciardone la conclusione del procedimento. La Procura – sono intervenuti oltre al capo dei pm, l’aggiunto Marzia Sabella e il pm Gery Ferrara, – ritiene il divieto di sbarco di Salvini un atto amministrativo e non politico. Lo Voi ha citato la deposizione dell’ex premier Giuseppe Conte nel procedimento in corso a Catania in cui Salvini risponde, per una vicenda analoga, sempre di sequestro di persona. “Conte – ha detto il procuratore – ha riferito che mai in Consiglio dei Ministri si è discusso di singoli casi o della concessione di autorizzare attracchi a navi che avessero soccorso migranti”. “La decisione la assunse Salvini – ribadisce la Procura – che informava poi i colleghi del Governo con cui condivideva solo le linee generali della politica in tema di migranti. Come quelle relative alla redistribuzione dei profughi e al pressing da esercitare sull’ Europa per superare le regole di Dublino”.

Per nulla stupita della richiesta di mandare a processo il senatore è il suo avvocato, Giulia Bongiorno. “Ce lo aspettavamo – commenta – Nulla di nuovo”. “Questo processo – spiega – contesta a Salvini il sequestro di persona perché il divieto di sbarco disposto dal Viminale sarebbe stato poi annullato dal Tar. Prego tutti di leggere il provvedimento dei giudici amministrativi, perché sospese solo in parte l’efficacia del divieto e solo al fine di poter prestare aiuto ai migranti che avessero bisogno. Il Governo infatti fece entrare la nave e si diede soccorso a chi ne aveva necessità, quindi non ci fu nessuna disobbedienza”.
“Da tutti gli atti – prosegue la legale – emerge che la nave della ong catalana aveva più opzioni : la Spagna, Malta, ma non le volle. E’ come se io fossi chiusa in una stanza e restassi dentro nonostante avessi delle porte spalancate attraverso le quali poter uscire. Potremmo parlare di sequestro?”.
Decisamente di diverso avviso il comandante della Open Arms che si è costituito parte civile all’udienza: “Temevamo una rivolta dei migranti a bordo: erano disperati. – ha raccontato – Malta aveva offerto di far sbarcare solo 30 di loro e gli altri non avrebbero certo accettato di rimanere sulla nave. La Spagna era a ore di navigazione. Sarebbe stato incomprensibile per gente stremata e impaurita riprendere il mare quando, davanti a loro, avevano un porto”. La parola ora sarà il 17 aprile per la difesa del senatore. Poi la decisione del gup.

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