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Il rifiuto del vaccino: uno su 9 all’Ulss 3. Sono Oss, infermieri e medici

Perché scatta il rifiuto del vaccino? Il tema delle vaccinazioni in generale porta con sé timori e accuse controverse, nel caso del Covid c'è la paura degli eventi avversi, per quanto rari, che sfuggono alle razionalità statistiche, e poi ci sono le teorie complottistiche che affondano le radici nell'originalità del pensiero "fuori dal coro".

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“Rifiuto il vaccino, no, grazie”. Come spiegare la diffidenza di una parte consistente di popolazione nei confronti del vaccino, dell’agognato siero che la scienza ha prodotto in pochi mesi e che, ci assicurano, ci salverà dal Covid 19? È possibile che la paura ci abbia travolto a tal punto da renderci incoscienti fino a rifiutare il vaccino?
Le notizie nel merito sono poco rassicuranti quando riguardano i lavoratori della Sanità.
Gli operatori sanitari dell’Usl 3 che hanno rifiutato il vaccino sono circa mille su settemila e potrebbero essere soggetti a provvedimenti punitivi, qualora persistessero nel rifiuto.
Solo nell’azienda Serenissima, il rifiuto è arrivato da un operatore su nove, 760 in totale.
Per la stragrande maggioranza si tratta di operatori socio-sanitari (Oss), seguiti a distanza dagli infermieri.
Tra i medici, il vaccino è stato rifiutato da uno su venti.
Ma i numeri più impressionanti si registrano tra i dipendenti di case di riposo e strutture sanitarie private, tra medici di famiglia e pediatri: tremila “no” tra i residenti nel territorio dell’azienda Serenissima.
Nel Veneto orientale il rifiuto è arrivato da oltre centinaia di operatori, di cui cento dipendenti diretti dell’Usl.

Il decreto Draghi incombe e già si fa riferimento a controlli e verifiche che potrebbero essere evitati con l’adesione spontanea alla profilassi d’obbligo.  
Un appello e cinque giorni di tempo, quindi, per sollecitare i ritardatari, gli indecisi e per scansare sanzioni, situazioni sgradevoli e imbarazzanti per chi svolge un lavoro di cura nei confronti degli altri: questo principio deontologico da solo dovrebbe indurre alla coesione responsabile.

Il testo dell’Appello del Direttore Generale dell’Usl 3, Edgardo Contato, nelle sue parti essenziali, sollecita:
“Diamo insieme una spallata al Covid, per metterlo all’angolo definitivamente grazie alla vaccinazione.
Anche a nome dei medici e di tutto il personale sanitario delle nostre città, sento di rivolgere oggi un appello alla cittadinanza, che spero i media locali vogliano sostenere. L’appello è semplice: la vaccinazione non è come un’uscita fuori porta, che se il tempo non è ideale si rimanda al prossimo fine settimana. No, la vaccinazione non può attendere, e ciascuno di noi deve sentirsi in dovere di sottoporsi al vaccino non appena ne ha acquisito il diritto. Per sé e per gli altri, perché tutti insieme, vaccinati, respingiamo l’attacco del virus.[…]”

“Rimandare significa rallentare la risposta al virus, lasciargli spazio, concedergli una tregua, mentre invece dobbiamo essere decisi a incalzarlo insieme. Chi ha il diritto al vaccino, ha il dovere di vaccinarsi appena possibile. Se siamo nelle classi di età tra i 60 e i 79 anni, ricordiamo che altri attendono: prima si concluderà il lavoro sulle fasce d’età oggi prioritarie, prima la vaccinazione sarà aperta a tutti gli altri – le generazioni più giovani – che ora stanno a guardare e ci chiedono di fare presto, perché venga presto anche il loro turno”.


 

Spicca però il dato del Veneto che rileva 10.200 operatori sanitari tra medici e infermieri che non si sono ancora vaccinati contro il Covid.
Non è chiaro se non hanno potuto o abbiano scelto di non sottoporsi al vaccino.
Si sa che rappresentano il 15% degli oltre 60mila sanitari veneti, compresi ospedalieri, medici sul territorio, addetti nelle strutture socio-sanitarie, nel settore pubblico, privato, convenzionato.

Ma quali sono i motivi, le ragioni dello scetticismo nei confronti del vaccino. Perché quasi un italiano su due non ha fiducia nella profilassi vaccinale?
A opporsi sono soprattutto le donne e i giovani.
Perché invece di essere più uniti di fronte alla malattia ci facciamo guidare da sentimenti negativi?
Il dottor Michele Cucchi, psichiatra e psicoterapeuta e Direttore delle Aree Mediche di Humanitas Medical Care, ci avverte sul pericolo della disinformazione:
“In questo momento di tensione e incertezza sono entrati in gioco diversi fattori, alcuni contingenti e altri strutturali, dunque legati a come siamo fatti in quanto esseri umani. Per quanto riguarda i fattori che chiamiamo ‘contingenti’, dall’inizio della pandemia ci siamo abituati a un bombardamento mediatico di realtà di volta in volta presentate come ‘assolute’, ‘scientifiche’ e che, nonostante siano espresse da professionisti autorevoli, spesso si contraddicono. Questo stile comunicativo contribuisce a creare diffidenza”.


 

E da dove nasce la paura dei vaccini?
“L’Organizzazione Mondiale della Salute è consapevole che si tratta di un tema che non riguarda solamente COVID-19, ma le vaccinazioni in generale” riflette il dottor Cucchi.
“Infatti, tra le 10 principali minacce alla salute pubblica, figura proprio la diffidenza nei confronti delle vaccinazioni e, secondo alcuni recenti sondaggi effettuati in paesi europei, a dichiararsi diffidente è ben il 25% del campione preso in considerazione”.

“In questa esitazione nell’approcciarsi ai vaccini ci sono vari fattori determinanti. Uno è sicuramente rappresentato dalla paura di eventi avversi, per quanto siano molto rari. La reazione di fronte a un rischio dovrebbe essere il risultato di un calcolo razionale tra la possibilità che una cosa avvenga e la gravità di quell’avvenimento, ma questo calcolo non avviene sempre su base razionale, come ci insegna la diffusione preponderante della paura di volare rispetto alla paura di viaggiare in auto. Questo perché la sensazione di paura dipende molto dalla percezione di avere o meno controllo su una determinata cosa: sottoporsi a un vaccino, proprio come salire su un aereo, espone alla percezione di non avere il controllo su quello che succede”. 

“Può capitare addirittura che a esprimere incertezza sulle vaccinazioni sia una persona che lavora con la sanità, a dimostrazione che questo tipo di paura nasce davvero da una parte irrazionale ed emotiva dell’essere umano. I dati che abbiamo a disposizione evidenziano da questo punto di vista una maggiore presenza di fattori emotivi che socio culturali, per questo ne sono soggette anche persone che lavorano nella sanità”.


 

A rimuovere questa diffidenza non basta l’evidenza scientifica, bisogna costruire un dialogo per fare in modo che quella di fidarsi del vaccino sia una decisione autonoma delle persone suggerisce lo specialista:
“Questo significa non limitarsi a elencare dati e temi tecnici, ma lavorare sulla fiducia. Un elemento fondamentale che si correla alla confidenza con il tema della vaccinazione, sotto quest’aspetto, è la fiducia nei professionisti sanitari. Non bisogna porsi come ‘maestri’ che fanno delle ‘lezioni’ sui vaccini, ma portare a supporto di ciò di cui si sta parlando dati e fonti, in modo che la percezione di chi ci ascolta non sia quella di trovarsi di fronte a risultati che non può valutare, ma che abbia a disposizioni fonti cui può attingere per chiarirsi le idee. È molto importante provare a dare degli strumenti per il pensiero critico alle persone che hanno ancora dei dubbi sui vaccini”.

Andreina Corso

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5 persone hanno commentato. La discussione è aperta...

  1. Le valenze scientifiche sono tutte da appurare. Chi é vaccinato può essere comunque veicolo di infezione, da quí la regola basilare di mantenere distanziamento e mascherina. Gli effetti a lungo termine non sono ancora verificabili. Si tende a somministrare il vaccino a disposizione ad ogni costo, senza nemmeno una vera consulenza clinica (ne ho esperienza diretta) invece di quello piú idoneo ai vari casi, non solo, la tendenza é somministrare vaccino a vettore virale anche alle categorie per cui l’aifa stesso lo sconsiglia per i rischi riscontrati, solo perchè abbiamo piú dosi di quel vaccino e per arrivare al 60% dei vaccinati entro l’ estate. Non si tiene conto dei giá immuni naturalmente, ad esempio i sanitari sono obbligati anche se hanno sviluppato anticorpi, ma a nessuno interessa togliere quelle dosi ai piú fragili, purché si perseveri su questa linea ormai dettata. I soggetti allergici spesso non vengono rimandati in ospedale in ambiente idoneo. E ripeto, tutto questo per dei vaccini ancora sperimentali per cui non é nota durata e validità di copertura e non si esclude la contaggiositá. Molti non sviluppano nemmeno gli anticorpi. Tutto questo non mi sembra molto scientifico tanto da giustificare un obbligo, ne sono presupposti che danno fiducia e serenità sulla vaccinazione.

  2. Alla diffidenza nei confronti dei vaccini dovuta a timori di reazioni avverse, si aggiunge la scomodità per gli abitanti della Laguna ( residenti a Venezia e isole) nel raggiungere il Pala Expo. Lungo le calli si sente dire: “Fin Marghera? .. no vado..” . Dal Lido bisogna prendere un vaporetto, un autobus e la navetta: tre mezzi pubblici per andare e tre per tornare. In tutto 12 mezzi pubblici se si considera anche il richiamo. Un’ora/un’ora e mezza per ciascuna tratta: come se un padovano fosse mandato a Vicenza o peggio. Offrire un sito vaccinale ( magari una motonave Actv) a Venezia centro storico incoraggerebbe I titubanti e usare meno mezzi pubblici sarebbe più sicuro anche dal punto di vista sanitario.

  3. Pare che anche il nostro Governatore Zaia ci metta del suo per mettere in condizioni le persone a non vaccinarsi, quando afferma che Astrazeneca è obbligatorio e che non è un a lotteria, ” ritenta che vincerai”. Non capisco perchè agli aver 50 danno il Pfizer e a una persona di 65 anni con problemi di coagulazione e prossima a subire un intervento alla Safena, molto perentoriamente si dice che o si fa Astrazeneca o niente altro. A questo punto, siccome viviamo in regime democratico, almeno ci lascino la possibilità di acquistarselo il Pfaizer, Io personalmente non ho obiettato nulla e mi sono fatto iniettare Astrazeneca, ma capisco le persone che anche volendo vaccinarsi non possono farlo per la presa di posizione del tutto ingiustificata del nostro Governatore o chi per esso. Come diceva Don Abbondio, la paura è tanta e se uno non ha coraggio non può farselo venire, perciò con un po’ di buon senso e meno propaganda televisiva si potrebbero ottenere migliori risultati.

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