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Referendum: il NO ha stravinto. Renzi si dimette e ringrazia la moglie

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Il NO stravince al referendum. Prima ancora di avere i dati ufficiali, con i primi exit poll, le agenzie di tutto il mondo rilanciano che l’Italia ha detto NO a Renzi e al suo referendum.
El Pais titola “Renzi perde il referendum”, Sky News commenta con un tweet: “Renzi ha perso un referendum chiave”. Il britannico Guardian scrive “vittoria per la campagna del No”, mentre la Bbc sottolinea che il presidente del Consiglio ha perso “con largo margine”. Anche France 24 dà la notizia, che le agenzie hanno immediatamente rilanciato, dalla tedesca Dpa (“Gli italiani danno un colpo a Renzi”), alla France Presse, alla Reuters.

I numeri, con il passare dei minuti, sono inequivocabili: a mezzanotte in punto il Ministero dell’Interno rilancia la proiezione dei numeri definitivi di questo referendum per l’approvazione delle leggi di riforma Costituzionale: su 6360 sezioni di 61551 totali il SI ha preso 1.136.287 (40,9), il NO 1.639.777 (59,1).

Il NO comincia a rimbalzare anche nelle dichiarazioni ufficiali. Da più parti arrivano richieste di dimissioni di Renzi.
Pochi minuti dopo la mezzanotte Matteo Renzi annuncia il suo ritiro con un annuncio a tratti toccante. Con voce rotta dalla commozione, in una conferenza stampa a Palazzo Chigi che conclude con un ringraziamento a moglie e figli. Il premier uscente dichiara: “Grazie ad Agnese per la fatica di questi mille giorni e per come ha rappresentato splendidamente il Paese. Grazie ai miei figli”, dice Renzi.

Il Premier uscente è commosso ed emozionato, con gli occhi rossi, il suo discorso di addio è di 11 minuti con il quale si congeda da Palazzo Chigi, assumendo su di se la sconfitta e riconoscendo la vittoria del fronte del No. Mano in tasca, tolta e poi rimessa, Renzi ha cercato di sdrammatizzare con qualche battuta ma ha anche rivendicato i risultati del suo governo. Alla fine ha spazio per i ringraziamenti alla moglie Agnese, al suo fianco, e per i figli prima di lasciare la Sala dei Galeoni senza rispondere alle domande.

E’ ufficiale, a questo punto, il NO ha vinto. Renzi si è appena dimesso davanti ad un trionfo netto, nettissimo, che segna ‘un prima e un dopo’ nella politica italiana.

Il No alla riforma urla con il 60% delle preferenze e travolge il premier e il suo esecutivo: “il mio governo finisce qui, vado via senza rimorsi”, annuncia il presidente del Consiglio in una conferenza stampa a Palazzo Chigi dove parla di “sconfitta netta” e dove afferma che nel giro di una manciata d’ore consegnerà le sue dimissioni irrevocabili al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Di tutt’altro tenore la reazione del fronte del No, unito idealmente da un lungo boato di esultanza.

E’ una notte drammatica per il governo Renzi e per il Pd. Una notte che comincia malissimo con i primi exit poll che non lasciano spazio alle illusioni dando il Sì a percentuali che nei momenti migliori non superano il 46%. La forbice, con il passare delle ore, si allarga infatti, con il No che supera il 59% e il Sì fermo a poco più del 40%. Dati ai quali va accompagnato quello dell’alta affluenza, che si attesta al 69%.

Lega e Forza Italia, già nei minuti successivi alla chiusura dei seggi, chiedono le dimissioni del premier. “E’ la vittoria del popolo contro i poteri forti di tre quarti del mondo”, esulta il leader leghista Matteo Salvini laddove il capogruppo FI Renato Brunetta attacca: “per Renzi è ‘game over'”. “Sono commosso e orgoglioso”, esulta Alessandro Pace dalla sede dei Comitati del No mentre il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini annuncia, per martedì, la direzione di un partito nel quale oggi la minoranza si prende la sua rivincita: “eravamo nel giusto”, sottolinea Roberto Speranza.

Poi, poco dopo la mezzanotte – e dopo aver sentito il capo dello Stato – tocca a Renzi assumersi le responsabilità della sconfitta. “È stata una festa in un contesto in cui tanti cittadini si sono avvicinati alla Costituzionale”, sottolinea il premier rivendicando l’azione riformatrice del suo governo
citando leggi come quella sulle unioni civili o sul ‘dopo di noi’ e annunciando, allo stesso tempo, la fine del suo esecutivo.

“Volevo tagliare poltrone, non ce l’ho fatta. La poltrona che salta è la mia”, afferma Renzi ringraziando, con voce rotta dalla commozione, la moglie Agnese e i suoi figli e assicurando che il governo dimissionario si impegnerà comunque per completare l’iter della legge di bilancio e nell’assistenza alle popolazioni terremotate. E, in ogni caso, “l’Italia può contare sulla guida autorevole e salda di Mattarella”, sono le parole del premier che poi si rivolge al fronte del No in chiave post-Italicum: “a voi onori e oneri, tocca a voi fare una proposta sulla legge elettorale”.

Una proposta sulla quale anche il M5S dovrà dire la sua. “Ha vinto la democrazia, addio Renzi”, scrive Beppe Grillo dal blog dove annuncia: “Dalla prossima settimana inizieremo a votare online il programma di governo e in seguito la squadra di governo”. E netto è il commento del candidato premier ‘in pectore’ del M5S, Luigi Di Maio: “l’uomo solo al comando non esiste più”. E mentre anche il leader di Ap, Angelino Alfano si congeda con un tweet (“abbiamo giocato una bella partita e l’abbiamo persa”), da domani, sarà il Quirinale a fare le sue valutazioni. Con un obiettivo, innanzitutto: far uscire il prima possibile il Paese dal cono d’incertezza in cui stanotte è precipitato.

Paolo Pradolin

05/12/2016

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3 persone hanno commentato. La discussione è aperta...

  1. Egregio avv. Gianluca Teat,
    Ha ragione Lei. Non aiuterebbe a trovare lavoro ai giovani dai 18 ai 24 anni e 11 mesi, ma la mia riforma consentirebbe loro di avere due schede nella prossima consultazione del popolo nelle elezioni politiche. Le ricordo che il diritto al voto è sacro almeno quanto il diritto al lavoro. Per di più la riforma da me indicata sarebbe a costo 0 ( zero ) o quasi ( ci sarebbe solo da spendere qualche “scheo” in più di stampa nelle schede da distribuire ai giovani elettori, ma la matita copiativa sarebbe sempre la stessa ed anche le spese elettorali non aumenterebbero di un niente). La saluto cordialmente.

  2. Tra poco il fallimento economico epocale genererà di quelle tensioni sociali al cui confronto questo si o no al referendum sarà aria fritta.
    Sig. Palazzo lei crede veramente per i giovani italiani sarebbe cambiato qualcosa in caso di vittoria del sí? Pensa che un sì li avrebbe aiutati a trovato lavoro o casa?
    Perché se ci crede veramente… Questo è il vero dramma…
    I problemi son ben altri!

  3. Il mio ragionamento
    Nella Repubblica Italiana, che è Parlamentare, pur essendo possibile, secondo la sua Costituzione, lo scioglimento di una delle due Camere, non è mai successo.
    Il Senato meno numeroso della Camera dei deputati è eletto dagli elettori aventi diritto di voce passiva, che abbiano compiuto i 25 anni, mentre la Camera dei deputati viene eletta dagli elettori con voce passiva, che abbiano compiuti i 18 anni e non i 21 per merito di una proposta di legge che porta il nome dello statista compianto poco: Aldo Moro.
    Evidentemente ancora in Italia nella prima, seconda e terza Repubblica non si è riuscito a dar voce passiva elettorale senatoriale ai giovani che abbiano compiuto i 18 anni, ma che dovrebbero aspettare ancora 7 anni per votare per il Senato.
    I giovani italiani, che tutti i parlamentari di qualsiasi colore dell’arcobaleno dicono che rappresentano il nostro futuro, sono gli unici che ampiamente scuso di aver votato NO al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016.
    Da: Domenico Palazzo, che ha votato SI e che intende fondare in Italia il Partito Democratico del Congresso.

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