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Mestre, risse e violenze: nei numeri del Suem 118 la verità dell’aumento

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Le generalizzazioni sommarie spesso non aiutano a comprendere un problema, rischiano di concentrare l’attenzione su specifici aspetti, lasciando sommersa la complessità che quel problema esprime.

La premessa riguarda le aggressioni, le risse, gli episodi di violenza che Mestre vive con maggior frequenza in alcune zone specifiche, che ricalcano puntualmente la cronaca quotidiana. E insieme la lettura corretta della vulnerabilità dei giovani, la prevenzione e l’accoglimento responsabile dei comportamenti che li riguardano.

Sono le circostanze estreme che inducono i cittadini a chiamare il Suem, il Servizio Sanitario di Urgenza e Emergenza Medica attraverso la chiamata al 118.

I dati relativi agli interventi delle ambulanze rilevano un aumento significativo degli interventi in dodici mesi: dai 290 del 2016 ai 329 di oggi, con una preminenza nei mesi estìvi e l’indicazione della zona Stazione – Via Piave, dove sono accaduti fatti particolarmente violenti, come l’accoltellamento recente del senegalese quarantenne Dembel Gadiaga, per mano del tunisino Khalil Ghrissi, vent’anni.

I residenti di via Piave, hanno cercato di attivarsi in questi anni per incentivare attività e iniziative per rivitalizzare la zona, per aprirla a iniziative culturali capaci di coinvolgere i giovani e la residenza, per restituire una vivibilità sostenibile a quella lunga strada che dalla Stazione conduce al centro della città. Gli abitanti di Via Piave hanno ripetutamente sollevato il problema della sicurezza che nella zona, anche a causa di episodi di spaccio e degli effetti del consumo di droga, creano un preoccupante malessere sociale in un tessuto ambientale fragile e a prevedibile rischio. Le forze dell’ordine hanno rinforzato la presenza e i controlli, soprattutto riguardo la criminalità e l’interferenza di soggetti estranei alla città.

Piazzetta Olivotti e la zona circostante richiamano giovani disagiati, spesso alcolizzati, si riuniscono e si ritrovano, talvolta specchiandosi nella reciproca sofferenza. Molti di loro si sentono male, il Suem accorre, li trasporta al Pronto soccorso, spesso sono giovanissimi e bisognosi di cura, ci vorrebbero interventi mirati ad accogliere e rimuovere questo disagio che trova espressione , talvolta tragica, nei gruppi di simili, nei quali si riconoscono.

Il Suem svolge un prezioso lavoro per l’intervento di emergenza, ma poi bisognerebbe entrare più a fondo sulle ragioni del disagio giovanile, sulla vulnerabilità di queste esistenze, spesso vittime di quel mondo adulto spregiudicato dello spaccio, ma anche provate da difficoltà familiari, problemi di disoccupazione e di relazioni sociali che sfociano sull’incapacità di affrontare la vita e le sue difficoltà.

Andreina Corso

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