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Corruzione: manette all’Agenzia delle Entrate, in Finanza e alla Tributaria

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Somme di denaro e costosi regali in cambio di sconti pesanti nelle sanzioni per evasioni fiscali. Nuovo scandalo scoppiato sulla base di indagini sorte marginalmente al Mose.

Su questo si basava il sistema corruttivo scoperto dalla Guardia di finanza di Venezia che ha portato all’esecuzione di 14 ordinanze di custodia cautelare.

I provvedimenti, emessi dal gip di Venezia, presi nei confronti di 6 imprenditori (di cui due ai domiciliari), 3 funzionari dell’Agenzia delle Entrate, 2 commercialisti, 2 ufficiali della Guardia di finanza, un appartenente alla Commissione Tributaria Regionale per il Veneto e 2 dirigenti di un’azienda assicuratrice, coinvolti con diversi ruoli in fatti di corruzione commessi al fine di sgonfiare gli importi delle imposte da pagare da parte di imprese già sottoposte a verifiche fiscali.

L’indagine diretta dalla Procura di Venezia e sviluppata dal Reparto veneziano, ha avuto origine nell’estate del 2015 in seguito alle intercettazioni legate al filone collaterale dell’inchiesta sul MOSE, nella quale erano emersi comportamenti sospetti, tenuti da un dirigente dell’Amministrazione Finanziaria.

Nelle sedici misure cautelari emergono nomi importanti, tra questi Elio B., ai vertici dell’Agenzia delle entrate prima a Venezia ora in Abruzzo.

Christian D. e Massimo E., rispettivamente responsabile delle verifiche il primo ed ex direttore
dell’Agenzia di Venezia il secondo.

Nell’elenco anche due ufficiali della Guardia di Finanza, Vincenzo C. e Massimo N., un giudice tributario della Commissione regionale Cesare R., due commercialisti di Treviso e Chioggia, Tiziana M. e Augusto S. e una serie di imprenditori appartenenti ad un gruppo di Jesolo specializzato in costruzioni, a un gruppo di assicurazioni, ad una società di Marghera attiva nella logistica, oltre a un produttore di prosciutti friulano Pietro S. .

Gli episodi che hanno riscontrato l’avvenuto atto di corruzione riguardano un imprenditore jesolano ed il dirigente dell’Agenzie delle Entrate, che, essendo stato trasferito in un’altra regione, dopo i preliminari contatti, si è avvalso di un suo collega in servizio a Venezia.

La Guardia di Finanza in questo caso ha provato il pagamento di tangenti per un totale di
140.000 euro, in varie *tranches* tra il settembre 2016 ed il maggio 2017; in cambio, i due funzionari si sono adoperati per ridurre di circa l’80% le imposte dovute da tre società, con sede in provincia di Venezia, riconducibili all’imprenditore, che erano state sottoposte a verifica fiscale da altri funzionari della stessa Agenzia fiscale, passando così da 41 milioni di euro dell’originaria pretesa di gettito a poco più di 8 milioni di euro effettivamente pagati.

Inoltre, l’imprenditore ha ottenuto che venisse ritardata la notifica di altri avvisi di accertamento per debiti tributari, in modo da poter chiedere rimborsi IVA, ammontanti a 600.000 euro, che altrimenti non avrebbe potuto legittimamente ottenere.

Le indagini hanno poi portato a provare che i due funzionari si sono accordati con un commercialista di Chioggia per ricevere 50.000 euro, in cambio della promessa di “accomodare” un accertamento tributario relativo ad un’impresa del posto.

Un secondo episodio di corruzione, sempre con lo scopo di ridimensionare l’esito di verifiche eseguite regolarmente, dal Nucleo pt di Venezia, riguarda una società immobiliare ed un’azienda di trasporti di Venezia.

I titolari delle imprese ispezionate hanno corrotto un ufficiale della Guardia di Finanza ed un funzionario dell’Agenzia delle Entrate, con l’intermediazione di una commercialista trevigiana.

L’ufficiale, in cambio di denaro ed oggetti di lusso per un valore di 40.000 euro, ha fatto da “ponte” verso il funzionario dell’Agenzie delle Entrate, e, con il proprio interessamento, supportato dalla commercialista, ha reso possibile la riduzione di oltre il 70% dell’importo del debito complessivo delle aziende verificate, passato da euro 13.000.000 a 3.700.000.

La terza vicenda si ricollega invece a verifiche fiscali effettuate dall’Agenzie delle Entrate nei confronti di un’impresa assicuratrice veronese.

Risultano coinvolti l’ufficiale del Corpo ed il funzionario dell’Agenzia delle Entrate oltre a due dirigenti dell’azienda assicurativa ed un giudice tributario, che ha svolto le funzioni di mediatore.

I pubblici ufficiali hanno ricevuto oggetti preziosi del valore di 20.000 euro, a febbraio e marzo 2017, ed in cambio hanno fatto sì che il debito erariale, per imposte e sanzioni da pagare, scendesse da 8.800.000 euro a poco più di 2.600.000 euro.

Un ultimo episodio riguarda “l’accomodamento” di un controllo fiscale, eseguito tra il novembre 2015 e il febbraio 2016, nei confronti di un’impresa industriale della provincia di Udine; in questo caso, l’ufficiale in servizio a Venezia si è rivolto ad un altro ufficiale che a quel tempo dirigeva l’attività di verifica, convincendolo a non approfondire troppo l’ispezione contabile.

In cambio, l’imprenditore friulano ha assunto alle dipendenze il figlio del primo ufficiale ed ha offerto altre regalie.

Oltre agli arresti, il gip di Venezia ha disposto il sequestro, in capo agli indagati, delle somme oggetto delle pattuizioni corruttive, per un importo totale di 440.000 euro.

«Siamo di fronte a fatti gravi soprattutto perché messi in essere da funzionari dell’agenzia delle entrate che, con il loro comportamento, hanno falsato il rapporto Stato/Cittadino in cambio di denaro, oggetti preziosi, raccomandazioni, assunzioni presso ditte e organizzazioni di parenti e amici. – è stato l’amaro commento del Procuratore Capo di Venezia Bruno Cherchi – La misura cautelare dà un quadro che travalica i singoli momenti contestati: i rapporti tra i vari soggetti sembra configurino un rapporto amicale collaudato e un modus operandi con dei riferimenti taciti. Le poche parole intercettate che sono state sufficienti per tessere l’attività di corruzione dimostra che esisteva una franchezza di rapporti corruttivi, un substrato di riferimento all’attività di corruzione»

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