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Il realismo politico e il realismo strategico nella storia. Tucidide e Machiavelli (Somiglianze – Differenze). Di Apostolos Apostolou

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Il realismo politico e il realismo strategico nella storia. Tucidide e Machiavelli (Somiglianze – Differenze). Di Apostolos Apostolou

Tucidide: C’era di nome una democrazia ma di fatto un governo del cittadino migliore..
Machiavelli: Tutti gli stati, tutti i domini che hanno avuto e hanno imperio sopra gli uomini, sono stati e sono o repubbliche o principati.

Tucidide.
Di solito il realismo politico si caratterizza per il principio di privilegiare l’interesse e la sicurezza nazionale rispetto ad ideologie e problematiche morali e sociali. Tucidide vede il realismo politico con un senso più ampio, cioè come realtà storica attraverso un approccio empirico. Ma anche come l’esperienza del contatto che include le esperienze di posizione, di equilibrio e di supporto.

Il realismo politico secondo Tucidide è il comune (koinon B35). La democrazia è il regime esplicitamente fondato sull’opinione, sul confronto tra le opinioni, sulla formazione di un’opinione comune. La confutazione delle opinioni altrui è ben più che permessa e legittima, essa è addirittura l’ossigeno della vita pubblica (Peri homonoias H 93).

La vita è esperienza, cioè improvvisazione, utilizzazione delle occasioni, tentativi in tutte le direzioni. E il cittadino ha dignità solo quando può scegliere il suo modo d’essere. Perciò il termine polis indica l’ipotetico patto fondato sul reciproco interesse dei politai (cioè cittadini) della città. (Γ 82). Perché come dirà il poeta K. Kavafis: “…. Ti verrà dietro la città. Per le vie girerai: le stesse. E negli stessi quartieri invecchierai, ti farai bianco nelle stesse mura. Perenne approdo, questa città….”

Con altre parole secondo Tucidide il rapporto tra polis e polites (cittadini) non è lo stesso con quello di civis-civitas. Perché nella democrazia ateniese, il potere è nelle mani del popolo: nei tribunali tutti i cittadini sono eguali, e nell’esercito (i cittadini sono anche oplite, cioè soldati) delle cariche la capacità e il merito hanno annullato ogni differenza tra ricchi e poveri. La philotimia (Tucidide III, 82,8) è la virtù dei cittadini. (Nietzsche nella philotimia di Tucidide cerca il concetto dell’uomo superiore.) Euripide ha disegnato nei suoi versi un ritratto lusinghiero della polis democratica, dove regnano libertà e uguaglianza, amicizia e unione.

Libertà, amicizia, eguaglianza è la concordia. Questa ultima è l’unità del sentire e del pensare (homonoia) raggiunta dai cittadini nella determinazione dei fini comuni e delle scelte necessarie per conseguirli. Se non c’è frattura tra l’individuo e la comunità, tra la sua vita privata e quella pubblica, la connessione è una dialettica della pluralità del diverso su cui la dialettica non avrebbe più alcun potere (Tucidide H 97. Sygrasis – Mescolanza. O come dice Aristotele ex anomoion he polis, Politica 3,1277° 5-6, cioè, la città è ineguale).

Poiché nella città secondo Tucidide esiste sempre l’antinomia, discorso doppio (Dissoi logoi, cioè discorsi doppi) e l’idea della mutua paura (antipalon deos) necessaria al mantenimento dell’equilibrio. Così la mutua paura (antipalon deos) diventa (isopalo sevas) bilanciato rispetto.

Nella guerra civile esiste la techne politiche, (Protagora 322 b-c) cioè la formazione del cittadino e dei dirigenti, il compito di un processo indicativo che riguarda almeno in teoria, tutti gli uomini. E con questa techne politiche, si può risalire ad una concezione del rapporto di individuo e comunità, di cittadino e stato.

Anche questa è la concezione che Platone in un passo delle Leggi riproduce dicendo che un’educazione rettamente intesa è quella che sa far nascere negli animi fin degli anni dell’infanzia, il desiderio di diventare un perfetto cittadino, capace ad un tempo di obbedire e di comandare secondo giustizia.

Socrate accetta il giudizio del tribunale formato dai propri concittadini. Possiamo vedere nel Critone il suo discorso, scambiato tanto spesso per un’arringa moralistica, e uno sviluppo magnifico della fondamentale idea greca della formazione dell’individuo attraverso la propria città. Simodide scriveva: polis andra didaskei, cioè la città educa l’uomo.

Qui posiamo vedere anche la differenza tra Tucidide e Machiavelli. Il realismo politico di Machiavelli è il successo. E il successo per un principe nuovo si misura dalla sua capacità di conservare lo stato.

L’introduzione del criterio del successo come unico metro di giudizio politico permette al Machiavelli di distinguere anche all’interno della categoria del tiranno. Il tiranno Agatocle e il tiranno Liverotto da Fermo sono i modelli di realismo politico secondo Machiavelli. Agatocle, e Liverotto da Fermo avevano conquistato lo stato con delitti e efferati. (Principe, cap. XVIII).

Tucidide si differenzia anche dalla dottrina spinoziana dello Stato, esposta nel Trattato politico e nel Trattato teologico- politico. Però quello di Spinoza è un realismo politico condensato sul principio della tolleranza (che significa aggiustamenti e riforme senza rivolgimenti rivoluzionari) e sul dogma come diceva Caillois Roland che sostiene: “il sistema rimane l’uomo muore”.

Il realismo politico di Tucidide non esprime una speranza, perché secondo Tucidide la speranza è una condizione umana molto complessa e articolata fatta di pieni e vuoti, di esplosioni e di ripiegamenti e non è mai un sentire identico (Tucidide E 84-116). Anche l’idea di “ necessità”, considera in maniera troppo compatta situazioni che, invece sono molto differenziate (A,22,1-2). Possiamo dunque dire che il realismo politico di Tucidide diventa una riforma della politica per mezzo della molteplicità delle esperienze vitali.

Alla natura del governo, che è ravvisabile nell’uso platonico e tucididico, sembrano propri alcuni elementi. Innanzitutto quello della pluralità delle parti che costituiscono un insieme, sia questo l’anima, l’ambito della casa, o quello della polis. Innanzitutto quello della pluralità delle parti che costituiscono un insieme, sia questo l’anima, l’ambito della casa, o quello della polis.

Tucidide era sostenitore di Teramene. Tucidide Libro H). Teramene fu uno dei fautori del colpo di Stato oligarchico ateniese del 411 a.C., che portò al governo la Boulé dei Quattrocento. Successivamente si oppose a tale regime, sostituendolo con l’assemblea dei Cinquemila che, dopo aver eliminato i principali esponenti dei Quattrocento, nel 409 restaurò pienamente la democrazia. Tucidide scrive: ἐγίγνετό τε λόγῳ µὲν δηµοκρατία, ἔργῳ δὲ ὑπὸ τοῦ πρώτου ἀνδρὸς ἀρχή («C’era di nome una democrazia, ma di fatto un governo del cittadino migliore» II,65,9)

Machiavelli.
“Tutti gli stati, tutti i domini che hanno avuto e hanno imperio sopra li uomini, sono stati e sono o repubbliche o principati.” Con queste parole apre il Principe di  Machiavelli (1469-1527). Ai principati nuovi, è dedicato la maggior parte del libro “Discorsi” di Machiavelli. Distingue quattro specie secondo il diverso modo con cui il potere viene conquistato: I) per virtù; II) per fortuna; III) per scelera , con la violenza; IV) col consenso dei cittadini. Queste quattro specie si dispongono in coppie antitetiche; virtù – fortuna, forza – consenso.

Machiavelli è considerato il primo grande teorico della politica moderna e dello Stato uscito dal medioevo. La virtù politica comprende anche l’astuzia e l’uso della violenza, purché essa sia “ben usata” per costituire o difendere uno Stato ben ordinato. Il principe deve agire da “ volpe e leone”, cioè deve essere astuto e deciso, ingannatore e violento.

Machiavelli sostiene che per salvare lo Stato il principe deve essere disposto anche a “operare contro la fede, la carità, l’umanità e la religione”, poiché se riuscirà, con tali mezzi, a conseguire quell’obiettivo, allora tutti lo loderanno e lo considereranno “virtuoso”.

Nel capitolo XV del Principe troviamo, la prospettiva machiavelliana: “Essendo l’intento mio scrivere cosa utile a chi la intende, mi è parso più conveniente andare drieto alla verità effettuale della cosa, che all’immaginazione di essa. E molti si sono immaginati repubbliche e principati che non si sono mai visti né conosciuti essere in vero; perché elli è tanto discosto da come si vive a come si doverrebbe vivere, che colui che lascia quello che si fa per quello che si doverrebbe fare, impara più tosto la ruina che la perservazione sua: perché uno uomo che voglia fare in tutte le parte professione di buono, conviene rovini infra tanti che non sono buoni. Onde è necessario a uno principe, volendosi mantenere, imparare a potere essere non buono, et usarlo e non usare secondo la necessità. Lasciando adunque indrieto le cose circa uno principe immaginate, e discorrendo quelle che sono vere, dico che tutti li uomini, quando se ne parla, e massime e principi, per essere posti più alti, sono notati di alcune di queste qualità che arrecano loro o biasimo o laude “.
 
Cioè i concetti di virtù e di fortuna sono come è noto, centrali nella concezione machiavellica della storia.

La virtù secondo Machiavelli è la capacità personale di dominare gli eventi e di realizzare, anche ricorrendo a qualsiasi mezzo, il fine proposto; per fortuna, intende il corso degli eventi che non dipendono dalla volontà umana. Oggi cerchiamo il momento per esempio soggettivo, il momento oggettivo, o il momento storico. Secondo Machiavelli ciò che uno consegue non dipende né tutto dalla virtù, né tutto dalla fortuna, non tutto dal merito personale, non tutto dal favore delle circostanze, ma dall’una e dall’altra in parti uguali.

Scrive per esempio (cap.XXV) “ Nondimanco perché il nostro libero arbitrio non sia spento, iudico potere essere vero che la fortuna sia arbitra della metà delle azioni nostre, ma che atiam lei ne lasci governare l’ altra metà, o presso a noi.” 

Con Machiavelli l’Italia ha conosciuto il più grande teorico della politica e ha influenzato tutto il pensiero politico occidentale, e come leggiamo in Wikipedia . «Secondo Machiavelli la politica è il campo nel quale l’uomo può mostrare nel modo più evidente la propria capacità d’iniziativa, il proprio ardimento, la capacità di costruire il proprio destino secondo il classico modello del faber fortunae suae.Nel suo pensiero si risolve il conflitto fra regole morali e ragion di Stato che impone talvolta di sacrificare i propri princìpi in nome del superiore interesse di un popolo.»

Molti hanno scritto che il Principe di Machiavelli era una specie di manuale delle nefandezze della tirannide celebre, mentre altri che la politica si presenta come puro calcolo di interessi, e la politica è  un prodotto della immortalità, le passioni gli interessi sono il luogo, la sostanza  della politica. (Roger Asham, Pedro Ribadeneyra, Giullaume Bude, Stephen Gardiner, Justus Lipsius, Giullaume de Vair, Giucciardini.)

Politico realismo o politico strategico? La nostra epoca forse non abbisogna di niente. Perché esiste la politica del simulacro. 

Prof. Apostolos Apostolou
Docente di Filosofia

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