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Ha ragione Brunetta

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Il ministro Brunetta, ha snobbato una “precaria” comunista da 1800 euro al mese, ed apriti cielo, il castiga fannulloni più noto d'Italia è stato mediaticamente aggredito da chi ha scambiato il posto fisso per un diritto divino.
Quello che l'italiano medio ignora, è che il termine precario è stato inventato di sana pianta da una lobby culturale che ha scambiato le casse dello stato, per delle grosse mammelle da mungere sino all'essicazione.


In Italia, probabilmente memori della vecchia scuola sovietica, i sindacati, i partiti di sinistra e certune aree stataliste che si annidano persino nel centro destra, usano le risorse dello stato alla stregua di un ammortizzatore sociale finalizzato a creare occupazione a prescindere dalla produttività  e dall'utilità  sociale e pubblica.
Nulla di strano quindi se l'Italia è l'unico paese al mondo con 3,6 milioni di dipendenti statali.

Nulla di strano quindi se la scuola pubblica ha pensato che quattro insegnanti siano meglio di uno.
Nulla di strano quindi se la pubblica amministrazione s'è inventata migliaia di profili professionali socialmente inutili.
Nulla di strano quindi se le grandi aziende pubbliche e private abbiano ideato i call center e assunto migliaia di incompetenti.

E' vero solo in parte che i cosiddetti precari siano vittime del sistema Italia, vale a dire un mercato del lavoro ingessato da vincoli burocratici e contribuzioni onerose che ne impediscono la flessibilità , o meglio, la possibilità  di cambiare facilmente professione. Il problema principale sta nella testa degli italiani, che a differenza degli stranieri, essendo “contagiati” dal mito del posto fisso, non riescono a concepire che un lavoratore nel corso della vita, possa cambiare più volte lavoro.

A prescindere dal condizionamento indotto da certuna cultura statalista assistenzialista, i precari, con le loro lamentale quotidiane, dimostrano di essere senza ambizioni e aspirazioni. Invece di mettersi a studiare per anelare a qualifiche più allettanti, o di migrare all'estero ove gli sbocchi professionali sono senz'altro migliori di quelli italiani, se ne stanno a piangere tutto il giorno o a inveire contro chi vorrebbe smantellare un sistema di privilegi e di caste che solo i lavoratori italiani godono. Sino a che lo stato non applicherà  il criterio della meritocrazia, imboscati, fannulloni e scansafatiche, continueranno a rubare il futuro dei precari, talvolta non meno colpevoli dei loro privilegiati colleghi.
Se Brunetta non esistesse, bisognerebbe inventarlo.

Gianni Toffali Verona

[19 giugno 2011]

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