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Festa della Repubblica, la prima volta del voto alla Donna compie 70 anni

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Festa della Repubblica, la prima volta del voto alla Donna compie 70 anni
Le donne al voto hanno scelto la Repubblica. Correva l’anno 1946 e con il loro primo voto hanno contribuito alla democrazia del Paese. Un paese a metà fra passato e futuro, in bilico dopo una guerra tremenda. Le donne hanno votato bene, lungi da loro gli eroismi in battaglia, hanno messo a fuoco l’esperienza di madri e di figlie, di donne capaci di costruire il domani.

Hanno partecipato alla Resistenza, sacrificato, sofferto in una guerra che non volevano, che i loro uomini hanno scelto di fare. E hanno resistito, curando i figli e la famiglia, Facendosi carico degli effetti nefasti della guerra.

Le note informative in materia riportano (fonte Wikipedia) “Nel mese di novembre del 1944 UDI, CIF e altre organizzazioni commissionarono a Laura Lombardo Radice la scrittura di un opuscolo intitolato “Le donne italiane hanno diritto al voto”.

Successivamente le rappresentanti del Comitato Pro Voto consegnarono una petizione al Governo di Liberazione Nazionale nella quale chiedevano che il diritto di votare e di essere elette venisse esteso alle donne per le successive elezioni amministrative.

Il 20 gennaio 1945 Togliatti scrisse una lettera a De Gasperi per dirgli quanto fosse necessario porre la questione del voto alle donne nell’imminente consiglio dei ministri. A tale lettera De Gasperi rispose: “Ho fatto più rapidamente ancora di quanto mi chiedi. Ho telefonato a Bonomi, preannunciandogli che lunedì sera o martedì mattina tu ed io faremo un passo presso di lui per pregarlo di presentare nella prossima seduta un progetto per l’inclusione del voto femminile nelle liste delle prossime elezioni amministrative. Facesse intanto preparare il testo del decreto. Mi ha risposto affermativamente.”

Il 30 gennaio 1945 nella riunione del Consiglio dei Ministri, come ultimo argomento, si discuteva del voto alle donne. La questione fu esaminata con poca attenzione ma la maggioranza dei partiti (a esclusione di liberali, azionisti e repubblicani) si dimostrò favorevole all’estensione. Il 31 gennaio 1945 venne emanato il decreto legislativo che conferiva il diritto di voto alle italiane che avessero almeno 21 anni. Le uniche donne a essere escluse erano citate nell’articolo 354 del regolamento per l’esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza]: si trattava delle prostitute schedate che lavoravano al di fuori delle case dove era loro concesso di esercitare la professione.

Il 21 ottobre 1945 Papa Pio XII, in presenza delle presidenti del CIF, si dimostrò favorevole al suffragio femminile affermando: “Ogni donna, dunque, senza eccezione, ha, intendete bene, il dovere, lo stretto dovere di coscienza, di non rimanere assente, di entrare in azione [..] per contenere le correnti che minacciano il focolare, per combattere le dottrine che ne scalzano le fondamenta, per preparare, organizzare e compiere la sua restaurazione”. Con queste parole Pio XII, adeguatosi ai tempi, aveva interrotto la tradizione clericale in merito alla questione.
Il decreto Bonomi tuttavia non faceva menzione dell’elettorato passivo: cioè della possibilità, per le donne, di essere votate. L’11 febbraio 1945 l’UDI compose un telegramma per Bonomi nel quale si richiedeva di sancire anche l’eleggibilità delle donne. Dovette trascorrere poco più di un anno prima che esse venissero accontentate e potessero godere dell’eleggibilità che veniva conferita alle italiane di almeno 25 anni dal decreto n. 74 datato 10 marzo 1946: da questa data in poi le donne potevano considerarsi cittadine con pieni diritti.

Le prime elezioni amministrative alle quali le donne furono chiamate a votare si svolsero a partire dal 10 marzo 1946 in 5 turni, mentre le prime elezioni politiche (si trattava del Referendum istituzionale monarchia-repubblica) si tennero il 2 giugno 1946.

La legge che consentiva elettorato attivo e passivo alle donne diede immediatamente i suoi frutti, infatti, già alle prime amministrative vi furono donne elette nelle amministrazioni locali, come Gigliola Valandro (Democrazia Cristiana) e Vittoria Marzolo Scimeni (DC) a Padova o Jolanda Baldassari (Democrazia Cristiana) e Liliana Vasumini Flamigni (Partito Comunista Italiano) a Forlì].

Alle successive elezioni, quelle del 2 giugno 1946 per l’elezione dei deputati dell’Assemblea Costituente, le donne elette risulteranno 21; cinque di esse (Maria Federici, Angela Gotelli, Nilde Jotti, Teresa Noce, Lina Merlin), faranno parte della Commissione per la Costituzione incaricata di elaborare e proporre il progetto di Costituzione repubblicana. A conclusione, la Costituzione italiana del 1948 garantirà alle donne pari diritti e pari dignità sociale in ogni campo (articolo 3)”.

Oggi, 2 Giugno 2016, non si può dire certo che la donna non abbia percorso un cammino di civiltà, di restituzione e valorizzazione della sua persona e del suo ruolo, ma tanti, troppi sono ancora i problemi che ostacolano la piena realizzazione dei suoi diritti di cittadina.

Un mondo di cifra maschile ha deciso che oggi fasce e strisce tricolori festeggeranno la Repubblica, la festa si celebra militarmente, si esibiscono gli apparati (ma non riguarda il 4 Novembre?), lasciando nell’ombra la grande conquista di questa giornata: il voto alla Donna.

Andreina Corso | 02/06/2016 | (Photo d’archive) | [cod ferevotodo]

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