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Fata Morgana chiude, addio ai vestiti per bambini in Strada Nuova

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Fata Morgana addio, un altro commerciante si arrende e Venezia diventa sempre più povera.

“Non ne vale più la pena”. A parlare è Elisabetta, veneziana doc e titolare del negozio di abbigliamento infantile in Rio Terà de la Maddalena che a fine mese chiuderà per sempre i battenti.

In vetrina si legge “Liquidazione totale” e tanti articoli sono in svendita a prezzi irrisori – dai due ai cinque euro.

Ma stavolta l’aumento degli affitti non c’entra: “Settanta ore alla settimana senza giorno di riposo – continua la gestrice – che si sommano alle notti passate in negozio con l’acqua alta. E per guadagnarci cosa? Sono giunta alla conclusione che non ne valga più la pena”.

L’attività fu inaugurata vent’anni fa, quando ancora si chiamava ‘Il Circolo’ e vendeva vestiti da donna. “Prima di noi c’era una pelletteria – racconta Elisabetta – e prima ancora un negozio di alimentari: ne siamo certi perché durante il restauro spuntarono dal muro un manifesto dell’Orzo Bimbo e dei conti che ancora riportavano i centesimi di lire”. A metà anni 2000 ci fu il passaggio all’abbigliamento infantile, avvenuto sotto l’egida del marchio IANA “ci accorgemmo che i vestiti da bambino avevano una maggior richiesta e decidemmo di cambiare. Ma erano anni migliori per tutti”.

Venezia nel 2004 contava 63.353 contro i 52.336 attuali. “Nel 2014 lasciammo il franchising e diventammo indipendenti: sugli scaffali giunsero altri marchi, soprattutto italiani e spagnoli. Ma i tempi erano già cambiati, e a dettar legge erano internet e le grandi catene: i Veneziani compravano solo con gli sconti”.

E poi la frase che suona come una resa non per il negozio ma per l’intera città: “Negli ultimi tempi ho stimato che l’80 per cento del fatturato provenisse dai turisti”.

Ma neanche questa porzione commerciale è destinata a durare: “Anche chi visita Venezia acquista online – confessa la gestrice – senza dimenticare quanto la globalizzazione abbia ormai appiattito il mercato: che un cliente vada a Parigi, Londra o Barcellona troverà le stesse catene, gli stessi marchi e gli stessi articoli. Perché dovrebbe comprare qui?”.

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La fatica si legge negli occhi di Elisabetta: “La mia vita non è semplice, ho mille aspetti gestionali da seguire: pacchi da aprire, merce da ordinare… Le ultime acque alte sono state terribili: per salvare la merce rincasavo ogni volta all’alba. E per guadagnarci quanto? Io sono stanca”.

Gli scaffali che ospitavano magliette, tutine e pantaloncini appaiono sempre più vuoti mentre si approssima la data di chiusura “Spero di finire la merce anche prima”. Rimarrà a casa anche Giorgia, l’ultima dipendente di Fata Morgana: “Ai tempi d’oro eravamo in tre, a volte anche in quattro; ultimamente era rimasta solo lei.”

“La gente non sa più comprare – conclude Elisabetta – non riconosce più il valore della merce e dei materiali. Tranne nel caso delle griffe: quelle si comprano ad occhi chiusi solo per il marchio. Ma per il resto si guarda solo il prezzo, il cartellino che spunta dal colletto, senza chiedersi se la cifra si riferisca alla maglia o se includa anche i pantaloni”.

Con i vestiti per bambini se ne va un altro pezzo della Strada Nuova che conoscevamo, quell’area che era densa di negozi, alimentari e fruttivendoli divenuta ormai un non-luogo al servizio del turista monopolizzato da bar, ristoranti e rivendite di paccottiglia.

E dalla vetrina ormai spoglia, i due manichini osservano sconsolati la maggiore arteria di Venezia che, pezzo dopo pezzo, sembra aver perso per sempre la sua identità.

Nino Baldan

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  1. Purtroppo Venezia è da decenni una città di anziani, i giovani hanno iniziato a lasciarla 50 anni fa. Almeno graie ai turisti, la signora è riuscita a mandare avanti la sua attività che, ahimè, era destinata a chiudere, prima o poi.
    Riapra in un posto meno ostile ai bambini, buona fortuna!

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