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Effetti della pandemia sui bambini. La lettera di una mamma e lo studio dell’Università di Genova. Di Andreina Corso

I bambini, le bambine e la loro vita dentro la pandemia. Che cosa è avvenuto in loro? E i grandi si sono accorti dei cambiamenti che i loro figli manifestavano, gli insegnanti, cosa hanno osservato nei loro alunni? L’Università degli Studi di Genova e l’Istituto di Ricerca Gaslini hanno analizzato l’Impatto psicologico e comportamentale sui bambini delle famiglie italiane. Ne riportiamo gli esiti per un’utile riflessione.

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La premessa
La recente pandemia da Covid-19 ha cambiato repentinamente molte quotidianità della popolazione globale, in particolar modo di quella italiana che, a partire dalla seconda metà di febbraio (con il riconoscimento del paziente 0 il 21/2 e l’indizione della prima zona rossa il 23/2), ha vissuto, anche durante la più permissiva Fase 2, una progressiva condizione di allarme a causa di un virus che ci ha costretti in casa o al lavoro o (per salute) in ospedale.
L’improrogabile necessità di confinare i cittadini per abbassare il numero di contagi ha messo alla prova le capacità di adattamento, non solo per la limitazione della libertà personale e la necessità della riorganizzazione della routine domestica, ma anche per la quantità d’informazioni (talora contrastanti) che sono state divulgate, rendendo il momento storico particolarmente critico e pervasivo per la nostra vita sociale ed emotiva.
Per molti soggetti con pre-esistenti difficoltà adattive (anche senza conclamati disturbi medici o relazionali), la condizione di confinamento è risultata essa stessa un fattore di stress, per la perdita di consuetudini, ritmi e mansioni che mitigavano o compensavano alcuni disagi latenti. A questi fattori si aggiungono le problematiche di natura socio-economica [. . .].
Tuttavia, anche in considerazione degli ordinamenti di chiusura di asili e scuole e di altri tipi di servizi sociali, il benessere dei più piccoli è apparso assediato allo stesso modo degli adulti per ciò che concerne la qualità di vita e l’equilibrio emotivo, a prescindere dallo stato psico-sociale di partenza, per effetto diretto del confinamento stesso e per il riflesso delle condizioni familiari contingenti (assenza o perdita dei nonni, genitori disoccupati o senza lavoro, scarsa socializzazione, etc. . .).
Infatti, i bambini respirano e hanno respirato come non mai l’aria di casa in questo lungo periodo, con tutti i possibili aspetti positivi e negativi legati alla situazione familiare.


L’Indagine

Sin dalle prime fasi della pandemia l’Istituto Giannina Gaslini ha attuato un programma di monitoraggio e d’intervento dedicato al supporto della popolazione pediatrica e delle loro famiglie, anche con l’obiettivo di individuare precocemente (tramite un questionario), possibili situazioni di criticità in ambito psichico e comportamentale.
Il questionario ha riscosso subito interesse da parte della popolazione: in due settimane hanno aderito 6800 soggetti da tutta Italia, di cui 3245 hanno dichiarato di avere figli di età da uno ai diciotto anni.
Il 64.7% delle persone che hanno compilato il campione sono donne, con un’età media che si colloca nella fascia dei 40-45 anni.
Dall’analisi dei dati relativi alle famiglie con figli minori di 18 anni, è emerso che nel 65% e nel 71% dei bambini con età rispettivamente minore o maggiore di 6 anni sono insorte problematiche comportamentali e sintomi di regressione.
Per quel che riguarda i bambini al di sotto dei sei anni, i disturbi più frequenti sono stati l’aumento dell’irritabilità, disturbi del sonno e disturbi d’ansia (inquietudine, ansia da separazione).

Nei bambini e adolescenti (età 6-18 anni) i disturbi più frequenti hanno interessato la mancanza d’aria) e i disturbi del sonno (difficoltà di addormentamento, difficoltà di risveglio per iniziare le lezioni per via telematica a casa).
In particolare, in questa popolazione è stata osservata una significativa alterazione del ritmo del sonno con tendenza al ”ritardo di fase” (adolescenti che vanno a letto molto più tardi e non riescono a svegliarsi al mattino), come in una sorta di scompenso domestico. In questa popolazione di più grandi è stata inoltre riscontrata un’aumentata instabilità emotiva con irritabilità e cambiamenti del tono dell’umore.

Il livello di gravità dei comportamenti disfunzionali dei bambini/ragazzi correlava in maniera statisticamente significativa con il grado di malessere circostanziale dei genitori.
All’aumentare di sintomi o comportamenti suggestivi di stress conseguenti alla condizione “Covid” nei genitori (disturbi d’ansia, dell’umore, disturbi del sonno, consumo di farmaci ansiolitici e ipnotici), i dati hanno mostrato un aumento dei disturbi comportamentali e della sfera emotiva nei bambini e negli adolescenti, indipendentemente dalla pregressa presenza di disturbi della sfera psichica nei genitori.
D’altra parte i disturbi della sfera emozionale dei genitori conseguenti alla “condizione Covid” sono risultati significativamente accentuati nel caso di pregresse problematiche di natura psichica.


 

Inoltre il malessere psichico dei genitori legato alla “condizione Covid” è risultato significativamente più frequente e intenso nelle famiglie al cui interno erano presenti sia persone anziane sia bambini.
In conclusione questi dati preliminari sottolineano come la situazione di confinamento abbia determinato una condizione di stress notevolmente diffusa con ripercussioni significative a livello non solo della salute fisica ma anche di quella emozionale – psichica dei genitori e dei bambini.
Aver messo in atto dei percorsi di supporto psicologico e neuropsichiatrico alle famiglie e ai bambini, com’è stato fatto dall’Istituto Gaslini, non solo ha fornito un aiuto nella fase acuta ma potrebbe ridurre i rischi di sintomatologie post-traumatiche perduranti nel tempo.
Allo scopo, lo studio determina la necessità di mettere in atto procedure di tutela del benessere mentale dei giovani.

Si comprende che i bambini e i ragazzi sono stati messi alla prova della resistenza psicologica, hanno dovuto affrontare una situazione più grande di loro e per questo è suonata come una campana stonata la prova Invalsi che ha interessato i bambini di seconda e quinta elementare, che il Ministero all’istruzione ha ritenuto di far loro sostenere, nonostante la didattica a distanza, le difficoltà sostenute per oltre un anno.
Molti insegnanti hanno evidenziato che questa modalità di valutazione non tiene conto di alcune variabili non oggettivabili, né dello sviluppo cognitivo degli studenti, ma semplicemente si avvale dell’acquisizione di un apparato nozionistico che spesso non corrisponde agli obiettivi di crescita personale e di personalizzazione che la scuola si pone.


 

Una lettrice ha scritto questa lettera a Oggi Milazzo, che precisa fra l’altro:

“La situazione in cui versa la scuola italiana, a un anno dalla pandemia, la conosciamo tutti.
Mi chiedo, però, come si possa pretendere che tutto questo possa avvenire in un momento del genere? Il 6 maggio ci saranno alunni da poco ritornati sui banchi di scuola dopo mesi interminabili di DAD, altri appena usciti da quarantene o isolamenti fiduciari, altri ancora che, poveri loro, saranno colpiti dal virus e quindi costretti a casa.
Come è pensabile, allora, dare un voto “usando” (permettetemi il termine) quei piccoli eroi che hanno rinunciato al proprio compagno di banco, alla condivisione della merenda, agli abbracci dopo una vittoria?
Come si può pensare di dare un voto a tutti quei docenti che dalla sera alla mattina sono diventati maghi dell’informatica ed hanno tentato, sempre e comunque, di trasmettere la vita, la curiosità per il sapere, l’amore per la scoperta di cose nuove.
La scuola educa, ma non è un dispensatore di sapere fine a se stesso.
La scuola, quella in cui mi ha introdotto mio nonno, per 40 anni docente e poi dirigente Scolastico è quella che educa alla vita, che ti lascia senza fiato quando già a 7 anni ti fanno amare Dante, e ancora quella che crea menti aperte, capaci di volare oltre i confini che solo la conoscenza travalica.
Ebbene quei docenti, quella scuola, quegli alunni, per me sono da Nobel e non era proprio il momento di propinare loro test asettici per la cui erogazione ed elaborazione è stato investito, da parte di chi li ha ideato, tempo e denaro.
Tutte queste energie, forse potevano essere canalizzate altrove!”

E si firma:
Una mamma.

Andreina Corso

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