Neanche la morte riduce le ingiustizie, neanche la pietà si mostra di fronte a violazioni che indignano chi le subisce.
E’ successo a Nadia e Andrea Trentinaglia, in visita al Camposanto di Mestre, per deporre un mazzo di fiori sulla tomba del padre Giorgio, deceduto nel ’91.
I figli si avviano fra i sentieri e sgomenti, scoprono che la tomba non c’è più, si guardano intorno sconsolati e cercano di capire cosa possa essere accaduto.
Si rivolgono quindi a Veritas che cura i servizi cimiteriali: vengono così informati dell’ esumazione del corpo del padre, avvenuto lo scorso settembre.
Ahinoi, la sacralità del corpo dei defunti celebrata dal Foscolo ne “I Sepocri”, quando è stata esumata?
Perché Veritas non ha informato la famiglia dell’esumazione? E’ vero che i sentimenti oggi sono di difficile lettura e contraddittori, ma perché non si considera “anche” che i figli, la famiglia, avrebbero diritto di esser presenti in un momento delicato che appartiene ad una persona cara, un momento “ultimo” da condividere.
Era scritto nella bacheca del cimitero – si è giustificata Veritas – bastava leggere.
Forse c’è qualche sapiente meritevole di lode che va a leggere quel che c’è di scritto nelle bacheche dei cimiteri, ma non sarebbe più ragionevole e rispettoso telefonare o scrivere, dati i mille mezzi di comunicazione oggi usati e abusati?
Una migliore e accurata comunicazione gioverebbe ad una relazione ottimale in una materia che coinvolge la vita e la morte e certo imporrebbe un doveroso tatto.
Andreina Corso