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Coronavirus: forse virus indebolito da diffusione di massa prima, Lockdown e possibili mutazioni poi

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Coronavirus: tra le tante informazioni divulgate ce n’è una che non era mai stata confermata finora, anche se appartiene al patrimonio di conoscenza ‘ingenua’ della gente, quella non scientifica ma che si basa su esperienze precedenti: ogni virus quando raggiunge la sua massima diffusione e viene contemporaneamente ‘limitato’, in qualche modo, perde forza, aggressività.

Ecco una visione scientifica sull’ipotesi: il virus SarsCov2 sta cambiando, così come il suo andamento, probabilmente per effetto del lockdown, secondo l’ipotesi dell’epidemiologo Massimo Ciccozzi, dell’Università Campus Bio-Medico di Roma.

L’ipotesi di Ciccozzi, che secondo lo stesso epidemiologo è “da dimostrare”, si basa sull’osservazione che il valore R0, il numero delle persone contagiate da ogni persona, sta calando ed è sotto 1. Ciò dimostra che il virus sta perdendo potenza, principalmente per l’effetto delle misure di restrizione adottate in questi ultimi due mesi, a partire dal lockdown.

E’ anche possibile che a influire in tal senso possano essere alcune mutazioni transitorie, che magari non gli sono utili ma possono averlo reso meno contagioso. “Quelle che si stanno facendo nei modelli elaborati da vari gruppi di ricercatori in questi giorni sono tutte ipotesi, perché mancano le prove di patogenicità in laboratorio su cellule e virus”, precisa Ciccozzi, che ne ha parlato anche nel corso di un’audizione al Senato presso la commissione Sanità.

Detto questo, “un dato che stiamo riscontrando è che il virus sta perdendo potenza prima di tutto per effetto del lockdown, del distanziamento e dell’uso delle mascherine”, continua. Inoltre “ora stanno morendo meno persone, le terapie intensive sono meno piene e il virus ha una perdita di potenza, perchè continua a mutare. Si tratta di mutazioni transitorie, che durano qualche settimana per poi magari sparire, e che non gli servono. Ma l’evoluzione interviene facendogli perdere contagiosità e letalità. Tuttavia lo ripeto, anche questa è un’ipotesi che va dimostrata”.

Intanto una ricerca condotta negli Stati Uniti dai Laboratori Nazionali di Los Alamos e dalla Duke University ha scoperto 14 mutazioni in una delle principali proteine del virus e una di queste, hanno scritto “preoccupa” anche se, hanno commentato alcuni virologi, i suoi effetti vanno ancora dimostrati.

Proprio a proposito di mutazioni subite dal virus, in questo nuovo studio pubblicato dai Laboratori Nazionali di Los Alamos e dalla Duke University sul sito bioRxiv, che ospita i lavori ancora privi del vaglio della comunità scientifica, ne ha identificate 14 nuove nella proteina Spike, quella che aiuta il nuovo coronavirus ad aggredire le cellule umane.

Tra queste c’è la mutazione D614G, che è diventata dominante. Ha iniziato a diffondersi in Europa all’inizio di febbraio e una volta entrata in nuove aree, è diventata dominante, dimostrando di essere più vantaggiosa per il virus rispetto al ceppo originario di Wuhan.

Potrebbe essere stata questa mutazione, ipotizzano i ricercatori, a rendere più rapida la diffusione del virus nel mondo e sarebbe “rischioso ignorare questi cambiamenti nel virus – dicono gli studiosi – che potrebbero limitare l’efficacia dei primi vaccini che arriveranno”.

Il dato sicuro, afferta Gianguglielmo Zehender, uno dei ricercatori dell’ospedale Sacco di Milano, che hanno sequenziato il genoma del virus in Italia, “è che questa mutazione D614G è presente nel ceppo del virus più diffuso in Europa e in Italia.

Ma se sia stata lei la colpevole della maggiore diffusione del Covid-19 ancora non lo si può dire, perché manca la dimostrazione scientifica.

Indubbiamente, se un ceppo virale si afferma e diventa dominante in Europa, ha poi la strada spianata per diffondersi e raggiungere il resto del mondo”.

Non lo stupisce dunque che ci siano “meno ceppi cinesi circolanti. In ogni caso – conclude – il virus SarsCov2, come tutti i virus a Rna, muta. Gli effetti di queste mutazioni vanno ancora dimostrati”.

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