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Amor Sacro e Amor Profano di Tiziano Vecellio, dedicato al matrimonio di un nobile veneziano

L’essenza dell’opera risiede nelle figure femminili appoggiate a una vasca decorata, richiamante quella di un sarcofago antico su cui sono state rappresentate scene di violenza, dove appaiono Marte che picchia Adone. Ciò attesta l’interesse di Tiziano per la cultura classica.

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Amor Sacro e Amor Profano (1515 circa) del pittore Tiziano Vecellio (Pieve di Cadore 1488-90/Venezia,1576) è uno dei più celebri ed enigmatici dipinti dell’artista, conservato a Roma nella Galleria Borghese. Fu dedicato al matrimonio di Niccolò Aurelio, un nobile veneziano, che per molti anni ebbe la carica nel Consiglio dei Dieci del governo della Serenissima, con Laura, figlia del giurista padovano Bertuccio Bagarotto. Si è certi del tema del quadro perché sul sarcofago è presente lo stemma degli Aurelii, mentre nel fondo del bacile venne riportato quello di casa Bagarotto.
Il committente dell’opera Nicolò Aurelio, nel 1514, sposò dunque una padovana di nome Laura Bagarotto, figlia di Bertuccio, condannato a morte nel 1509 perché accusato di essere il capo dei ribelli a Venezia.
In questa storia bizzarra esiste un’incoerenza, poiché l’atto del Consiglio dei Dieci, volto a uccidere il Bertuccio, venne firmato proprio dal segretario e futuro suocero Nicolò, il quale quattro anni dopo sposò Laura. Esistono una serie di interpretazioni che spiegano le origini dell’opera. A seguito delle scoperte della studiosa Rona Goffen, avvenute nel 1993, viene dato maggior risalto agli aspetti matrimoniali.
La ricercatrice ebbe il merito di riuscire a identificare una documentazione utile a chiarire alcuni dubbi, recuperando un documento datato 16 maggio 1514, relativo al giorno prima delle nozze, firmato da Nicolò Aurelio, in cui si restituiscono a Laura tutti i beni confiscati. Tra i primi punti elencati nell’inventario c’è un vestito di raso, che pare sia stato quello indossato dalla sposa. Nel corso degli anni si sono create varie ipotesi, tra le quali si è giunti a definire il dipinto un’allegoria di persuasione amorosa di interpretazione iconologica, legata a una vicenda matrimoniale.
Il senso del dipinto si sintetizza nei concetti di persuasione e amore, in cui si manifesta un atteggiamento di esortazione da parte di Venere nei confronti della sposa per indurla a unirsi in matrimonio con un uomo che aveva approvato la condanna a morte del padre.

Secondo l’esperto Augusto Gentili la donna vestita non è un ritratto di Laura, poiché siamo all’interno di un’allegoria complessa, con una storia ricca di contraddizioni: «I livelli della realtà e dell’allegoria sono paralleli, non sovrapposti; la realtà non appare mai, e per essa parla l’allegoria» (Augusto Gentili, 2008). Il vestiario ricorda una sposa: l’abito bianco da cui spunta una manica rossa, i guanti di feltro, segnale di status di lusso al fine di proteggere le mani, la cintura stretta alla vita, segno di castità e rispetto della regola di fedeltà. Un altro elemento legato all’immagine di sposa sono i capelli sciolti, circondati da una coroncina di mirto, alludente al matrimonio. Plinio il Vecchio definiva il mirto simbolo dell’unione coniugale. Il prezioso recipiente metallico è un attributo tipico della sposa, donato dal compare di anello. Il mazzolino di fiori nella mano destra potrebbe essere riferito a Flora, dea della primavera, stagione dei matrimoni. In mezzo c’è cupido, che sta tentando di mescolare nella vasca l’aspetto mondano dell’amore con quello sacro. Sullo sfondo compaiono due conigli come augurio di fecondità.

L’essenza dell’opera risiede nelle figure femminili appoggiate a una vasca decorata, richiamante quella di un sarcofago antico su cui sono state rappresentate scene di violenza, dove appaiono Marte che picchia Adone. Ciò attesta l’interesse di Tiziano per la cultura classica.
Le protagoniste del dipinto si assomigliano, quella seminuda con un mantello rosso è stata identificata con una Venere celeste, che reca in mano un bruciaincenso, quella vestita invece è abbigliata in modo mondano e rappresenta una Venere terrena. In generale si tratta pertanto di personificazioni allegoriche. Lo scenario che si presenta sullo sfondo è quello di un paesaggio bucolico veneto, dove si scorgono un borgo montano, personaggi a cavallo e un pastore con il suo gregge. La composizione è armoniosa, immersa in un’atmosfera idilliaca dalla quale emerge la raffinatezza pittorica dell’artista nel saper modulare i toni di colore, donando agli abiti uno straordinario effetto perlaceo.

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