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Venezia nei campielli, un libro e una mostra per i 1600 anni di Venezia

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Nella toponomastica comunale di Venezia è riportato un grave errore: nel sestiere di Castello, quello che oggi è comunemente conosciuto come Campo di Santa Giustina detto de Barbaria dovrebbe essere invece denominato Campiello, seguendo la certificazione dei catasti napoleonici e austriaci.
Questa è solo una delle tante curiosità che si possono leggere nel volume Venezia nei campielli che, per celebrare i 1600 anni dalla fondazione di Venezia, diventa anche una mostra.
Per tutto il mese di settembre, infatti, l’Ateneo Veneto farà da cornice a uno speciale viaggio tra i campielli veneziani, cuore pulsante della città: una mostra site specific, composta da 10 foto scelte tra le più significative del libro (una per sestiere e per isola), stampate in grande formato.
Il volume, che porta la firma di Giorgio Crovato e Franco Mancuso ed è corredato dalle foto di Franco Vianello Moro, è un’opera di catalogazione e studio di un aspetto di Venezia finora poco indagato, seppur protagonista della vita quotidiana: gli spazi pubblici minori. Nella loro toponomastica, infatti, i campielli testimoniano i passaggi storici e urbanistici della città, svelando non solo la presenza di antichi mestieri e istituzioni, come nel caso del frequentatissimo Campiello del Tintor, ma anche personalità da ricordare, il rispetto delle fedi religiose, l’attenzione e l’ospitalità di Venezia per le comunità foreste.
Il libro Venezia nei campielli è quindi una singolare guida alla Venezia “minore”, che aiuta il lettore a ricomporre la storia e le origini dei luoghi, iniziando proprio dai loro nomi.

Partendo dalla celebre guida di Giulio Lorenzetti, e interfacciando lo Stradario Ufficiale del Comune di Venezia con i catasti napoleonici e austriaci, gli autori sono arrivati a censire ben 217 campielli, tenendo conto delle trasformazioni urbane ed edilizie che quei luoghi hanno subito nel corso del tempo e includendo oltre a Venezia le isole di Murano, Burano, Pellestrina e Lido-Malamocco. Ogni campiello è stato fotografato e accuratamente ricercato. Per le immagini sono stati selezionati 60 campielli che, grazie alle loro caratteristiche, si prestano ad una ripresa fotografica ad ampio spettro, in modo da avere una visione panoramica dei luoghi.
Tutti gli altri 157 campielli sono stati invece rappresentati con scatti unici.

E tuttavia, fotografare i campielli non è sempre stata una facile impresa, come ha ricordato Vianello Moro alla presentazione del volume all’Ateneo Veneto, la scorsa settimana. Spazi come Campiello della Pietà nel sestiere di Castello, o Campiello de la Madona a San Polo, sono lembi di terra di appena qualche metro e non offrono grandi scelte di inquadratura. È qui, tuttavia, che emerge l’importanza del lavoro di ricerca: quelli che ora appaiono a tutti gli effetti come dei cul de sac vengono invece ricordati dai catasti napoleonici e austriaci come spazi molto più grandi, in alcuni casi anche con rive d’acqua, che sono stati successivamente riformulati.

L’esposizione rimarrà aperta al pubblico fino al 27 settembre, dal lunedì al venerdì, con orario 10-13 e 15-18. Giovedì 9, 16 e 23 settembre, dalle 17 alle 18, sono previste tre visite guidate in compagnia degli autori del volume, per un numero massimo di 10 persone a visita. Prenotazione obbligatoria scrivendo a info@ateneoveneto.org.

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