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Venezia “ha riaperto”. Viaggio nella città: quello che abbiamo visto

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Venezia "ha riaperto". Viaggio nella città: quello che abbiamo visto

Venezia “ha riaperto”: da ieri è possibile spostarsi liberamente all’interno di tutta la Regione, e le attività come ristoranti e negozi della città hanno potuto finalmente tirare su le serrande sotto l’osservanza di strette norme igieniche e di distanziamento. Ma non è tutto come prima.

Se nelle zone residenziali – come San Francesco della Vigna – sembra che se il covid-19 non sia mai esistito, in quelle più centrali le calli sono vuote, spettrali, desertificate. In Riva degli Schiavoni, a parte l’edicola e un coraggioso bar impegnato a sanificare i tavolini, si ha l‘impressione di trovarsi ancora in lockdown: ad accogliere sparute famiglie dell’entroterra, rigorosamente protette da guanti mascherina, non ci sono né chioschi, né bancarelle, né gondolieri.

venezia calle deserta box nostra

Proseguendo per Calle delle Rasse e Campo SS Filippo e Giacomo, lo stato di desolazione è ancora più palese: solo quattro bar “storici” hanno scelto di ripartire, circondati da saracinesche abbassate, vetrine impolverate, luci spente e pile di bollette sotto le porte.

Alla Canonica un bengalese ha riaperto la sua bottega di souvenir: una scena a dir poco surreale con magneti, vetri e gondole elettriche che si ergono in mezzo al nulla.

In Calle Larga tra i tanti ristoranti ne sono attivi soltanto due, mentre a San Marco non ha aperto nessuno se si escludono le grandi catene della moda, che tra le Mercerie e Via XXII Marzo hanno riacceso le loro vetrine alla ricerca di una normalità che appare ancora lontana. I commessi stanno in posa impettiti, con le loro divise che da ieri includono anche guanti e mascherine; ma a transitare non sono le comitive e i gruppi organizzati ma i dipendenti delle attività vicine, con un afflusso complessivo che rasenta lo zero.

cartello affittasi cedesi attività venezia nostra box

In Frezzeria e in Calle dei Fabbri è ripartita qualche bigiotteria, ma i cartelli “vendesi”, “cedesi”, “affittasi” ormai non si contano più.

In Campo San Luca riecco la “normalità”, con tutti i negozi di vestiti aperti e funzionanti; uno di questi ha una guardia all’ingresso che misura la temperatura con il termoscanner.

san bortolo venezia gente con mascherine nostra box
La maggior concentrazione umana si trova a San Bortolomeo: oltre agli abitanti, cinque o sei famiglie dell’entroterra si dirigono verso un Ponte di Rialto ancora in lockdown con tutte – o quasi – le attività chiuse. Su alcune si legge: “senza aiuti si muore”.

Giù dal Ponte la situazione non cambia: sono aperti solo i bar e le botteghe per residenti; ma si tratta di una goccia in un altro mare di saracinesche abbassate: sono i locali che negli anni si sono convertiti al turismo e che a causa del blocco non hanno più la linfa per sostenersi.

Al Mercato ci sono tre, quattro fruttivendoli – con la consueta fila ordinata di massaie; e in tutta l’area, nonostante il permesso di ampliare il plateatico, dei ristoranti a menù fisso non c’è più traccia.

strada nuova gente mascherine venezia nostra box
La Strada Nuova è di nuovo affollata, sembra la Venezia pre-coronavirus, ma si tratta di veneziani in transito o in coda per la spesa; non pervenuti invece i negozi di pelletteria, bigiotteria e souvenir: qualcuno se n’è già andato, altri sono chiusi senza dare indicazioni. Ma a saltare all’occhio sono le attività che rimandano l’apertura al prossimo 3 giugno: data in cui è prevista la riapertura agli spostamenti tra regioni ma soprattutto tra i paesi membri dell’Area Schengen.

E nei discorsi dei veneziani non si parla d’altro: “apertura delle frontiere”, “ritorno dei turisti”: una speranza sulla cui confidano ristoratori, albergatori e negozianti che con mille difficoltà hanno resistito alle acque alte di novembre e al lungo lockdown che ha chiuso la città al resto del mondo.

Ma basterà a riportare Venezia “alla stessa situazione di prima”? Alcuni paesi come la Germania hanno sconsigliato ai loro cittadini di recarsi in Italia, uno dei paesi più colpiti dal covid-19. Senza tralasciare che gli europei costituivano un solo 49% delle presenze in Laguna: quando torneranno gli americani, i russi, i cinesi? Le frontiere extra-UE rimarranno chiuse fino al 15 giugno, ma sarà solo nel prossimo mese che la Commissione Europea deciderà se togliere il blocco o prolungarlo, anche alla luce di eventuali sviluppi della pandemia.

E se si viaggerà lo si farà a numero chiuso, mantenendo le distanze e rispettando le restrizioni: un ulteriore spina nel fianco per Venezia, che proprio dei grandi afflussi ha fatto il suo cavallo di battaglia.

negozi chiusi calli deserte venezia nostra box

Tanti punti di domanda che hanno spinto i commercianti più stoici a continuare a sperare, altri invece a fuggire, desertificando una città dove anche le multinazionali della ristorazione attendono tempi migliori, lasciando i fast food di Santa Fosca e San Giovanni Grisostomo desolatamente chiusi.

Sul “ritorno del turismo” non sembrano scommettere più neanche gli imprenditori asiatici, che oltre a non riaprire le loro attività sono arrivati – in un caso – anche alla più drastica delle decisioni: è di domenica la notizia del trentenne cinese che, colpito dalla crisi, ha tentato di togliersi la vita in Canal Grande.

La Venezia delle riaperture, quindi, appare limitata ai negozi di vicinato, ai bar “storici” e alle grandi catene d’abbigliamento, che dovranno comunque far quadrare i conti di fronte a una situazione che appare tutt’altro che rosea.

Perché se la città ospitasse un numero contingentato di italiani ed europei – l’auspicato “turismo 2.0” – la maggior parte delle attività pre-coronavirus non avranno più i margini per sopravvivere.

Nino Baldan

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