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VENEZIA COVID di Maria Cristina Simioni [concorso letterario]

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13 MARZO 2020
Oggi voglio stare concentrata su di te mia amata città, cercando di estraniarmi da tutto il negativo in cui questo virus ci sta trascinando, ho bisogno di respiro e di evasione e ti dichiaro il mio amore.
Venezia non mi basti mai: sono avida di te, per me sei come il cibo più goloso ed allettante che ci sia. Mi riempio gli occhi contemplandoti e l’anima si nutre di queste meraviglie che mi circondano ogni giorno da quando sono nata. Sono ignorante su questa mia città, lo so e me ne vergogno un po’: non vado più di tanto alla ricerca dei “chi” dei “come” dei “quando” dei “perché”. In fondo è così quando si ama, si ama incondizionatamente e il mio è un amore viscerale che non cerca spiegazioni ma ascolta solo le emozioni. Tu, cara amica mia, mi dai ogni giorno la forza per andare avanti, soprattutto ora con la pandemia che non ci lascia tregua, ti vivo il più intensamente possibile sempre guardando e rimirando gli stessi palazzi, chiese, campi, calli, ponti, canali con la paura di perderti sopraffatta nuovamente dalle orde dei vandali. I tuoi colori pastello mi accarezzano delicatamente come un abbraccio. Adoro i tuoi azzurri infiniti dell’acqua che ti culla da millenni senza tregua e i meravigliosi rosa dei palazzi sul fantastico Canal Grande.
Il Bacino di S. Marco è la mia casa e rimango intontita a guardare S. Giorgio che, non so nemmeno io perché, è un mio riferimento.
La punta della dogana svetta da spartiacque tra il Canale della Giudecca e la Piazzetta S. Marco: il mio salotto ideale perché Palazzo Ducale è la parte più intima della mia casa, così rosa e delicato con i suoi ricami bianchi. Quante volte ho riso e quante volte ho pianto in questo luogo. Da ragazzina si usava andare avanti e indietro tra la Piazza e la Piazzetta ed io prediligevo te perché più confidenziale. Di quanti discorsi della mia vita adolescenziale sei stata testimone discreta. Ma sei stata testimone anche delle mie disperazioni adulte. Qualche sera arrivavo e, seminascosta da una colonna, ascoltavo la musica blues proveniente dal caffè Todaro e lasciavo libero sfogo alle mie lacrime di dolore. Sei stata la testimone dei miei più segreti sentimenti.

21 marzo
Gli ospedali sono scoppiati. Noi fortunati, sì questa è la parola che continua a percorrermi la mente fin dall’inizio di questa “odissea”, ci lamentiamo perché non possiamo uscire. Assistiamo a questa catastrofe comodamente a casa mentre ci sono persone bardate dalla testa ai piedi che cercano di fare l’impossibile per salvare vite umane. Autoambulanze, carovane di camion piene di bare, numeri di morti, di nuovi contagiati: un’apocalisse. Sembra che la natura si sia fatta avanti con tutta la sua potenza. Ci sta dando l’ultimatum. Uomo non hai pensato altro che al potere, all’avere incurante di tutti i segni premonitori che da decenni gli esperti dell’ecosistema, persino una ragazza di sedici anni, ci urlano. Ultime notizie: sta accadendo quello che purtroppo avevo immaginato, stanno scegliendo chi salvare e chi sacrificare. Straziante, dilaniante pensare ai famigliari che non possono vedere i propri cari forse mai più.

26 marzo 2020
Ora mi alzo, sono già le 8,30. Devo subito portare giù la spazzatura, piccola colazione, ultime notizie sul coronavirus, bagno più veloce del solito perché mi trucco a metà, giusto quel tanto per non spaventarmi da sola quando inevitabilmente incontro lo specchio, sistemo il letto, una passata ai sanitari, lavo la caffettiera, pulisco il tavolo della cucina e … subito in divano. Cosa mangio a pranzo? Minestrone: è sano e leggero. E di secondo? Mah … poi ci penso. Carne oggi no.
Il telefono cordless mi ha abbandonato definitivamente ma tanto squilla di rado. Mi sembra che in questa fase non abbiamo neanche più voglia di parlare, non sappiamo più che dire. Una desolazione. Che freddo che fa e questo vento che non accenna a cessare. Meglio, così mi pesa meno stare a casa.

2 aprile 2020
La parola pazienza è in questi giorni imperativa. Stiamo diventando sempre più nervosi e a volte perdiamo anche il buon senso.
Questa mattina dopo una notte insonne sono stata pervasa da un profondo senso di tristezza e soprattutto di sconforto. Guardo troppi telegiornali? Stiamo vivendo una realtà molto complicata, ci aspetta un futuro molto limitante. Mi devo fare coraggio: io non mollo, non mollo, io non mollo. Me lo ripeto perché sento che più il mio cervello registra questo ordine, più lo fa diventare parte integrante del mio essere. Bisogna essere obbedienti a quello che ci dicono gli esperti. Nella circostanza che stiamo vivendo è davvero importante l’obbedienza perché questo vuol dire anche rispetto per gli altri, quindi l’altruismo deve prevalere. In questa tremenda confusione entra in campo anche la disciplina che non è sempre facile da tenere perché, presi dal panico molti vogliono prevaricare sugli altri. Mascherine, guanti, tamponi, dispositivi sanitari che scarseggiano, assalti ai supermercati, fame d’aria, di relazione. Penso a tutti quei disperati che non hanno più un lavoro o che non avranno comunque una ripresa facile perché l’economia del paese è una catena infinita che non potrà come per incanto riprendere da dove si è interrotta.
Parola d’ordine: resilienza. Ma abbiamo tutti la forza di resistere? Dobbiamo, non c’è scelta. Siamo strani noi esseri umani, tutti uguali ma tutti diversi: la varietà umana che più mi spaventa è la categoria dei malvagi, degli approfittatori, dei cattivi insomma.

 

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