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Venezia, acqua alta e pandemia: “Noi operatori lasciati soli”

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Venezia, acqua alta e pandemia: "Noi operatori lasciati soli"

Venezia, acqua alta e pandemia, gli operatori, turistici e non, abbandonati, lasciati soli, davanti forse alla più grande crisi della nostra storia.
“Siamo stati lasciati soli, c’è bisogno di essere #unitipervenezia”.
Un appello che è anche una richiesta d’aiuto quello lanciato oggi dai commercianti dell’area marciana alle istituzioni dal cuore di Venezia, Piazza San Marco.
Preoccupa la pandemia, l’assenza di turismo, ma quello che oggi i commercianti chiedono a gran voce è di sbloccare i contributi

per l’acqua alta per le imprese, quelli che dovrebbe liquidare il Governo ma che non sono ancora arrivati.
Per questo l’Associazione Piazza San Marco ha convocato oggi una conferenza stampa per segnalare la situazione difficilissima che stanno attraversando tutte le attività economiche, su cui pesa la mancata liquidazione dei contributi per la marea eccezionale, a un anno di distanza.
“Sono trascorsi 365 giorni dalla marea eccezionale di novembre scorso – spiega il presidente dell’associazione Piazza San Marco Claudio Vernier – 365 giorni in apnea, il nostro incubo è iniziato il 12 novembre, abbiamo tirato su la testa a Carnevale per poi ripiombare nell’incubo che prosegue oggi. In piazza

circa il 30% di attività hanno chiuso. Vogliamo evitare che la situazione peggiori”.
Presenti all’incontro alcuni rappresentanti di tutte le attività che si trovano attorno alla piazza e in cui lavorano, in totale, circa 3mila persone.
Albergatori, negozi di vetri, specialità veneziane, gallerie artistiche, caffè di piazza.
“Rappresentiamo un luogo che come tanti altri sta soffrendo tantissimo – aggiunge Vernier – le città d’arte stanno subendo più di altre la crisi: nel momento in cui abbiamo perso il turismo abbiamo perso l’80-90% dei nostri introiti. Un momento di difficoltà per le aziende e per tantissimi dipendenti, gli stagionali sono rimasti a casa, c’è chi ha usufruito di cassa integrazione per tutto il periodo. A 365 giorni da quell’acqua alta ci sono aziende

che ancora non hanno avuto ristori economici per i danni subiti sopra i 20mila euro e potrebbero salvarle, per mantenere il tessuto sociale-economico che è in crisi”.
La sollecitazione è diretta alle istituzioni. “Siamo a chiedere al governo di liquidare questi contributi e una legislazione specifica per Venezia, per la sua specificità, siamo ambasciatori di arte, bello, artigianato – puntualizza Vernier – ricordo la ditta Pagan, artigiano storico, ha chiuso e anche Venini, c’è la questione dei 22 lotti demaniali di cui non ci sono ancora risposte concrete, e i ristori non ci sono. Le aziende rischiano di chiudere come già accaduto non solo nell’area marciana ma in tutta la città. Servono quindi ristori specifici, mirati, che prendano in considerazione la specificità della città di Venezia. Occorre inoltre rivedere la legge sulla liberalizzazione delle licenze che ci portiamo dietro dal 2007. Stiamo solo chiedendo che ci venga data la possibilità di rimanere vivi,

aperti, di pensare a chi rappresenta il tessuto sociale economico artistico di tutte le città d’arte.
“Io non nascondo – ha concluso Vernier, titolare del Caffè Gelateria al Todaro in Piazza – che la mia azienda è fortissima crisi, ha accumulato debiti che in 70 anni non avevamo mai accumulato. Da qui ad aprile tanti altri chiuderanno”.
Un grido di dolore condiviso da molti in Piazza San Marco.
“Partiamo dall’anniversario dell’acqua alta – dice Raffaele Alajmo, titolare del Gran Caffè Quadri e vicepresidente dell’Associazione – dove vi sono stati danni forti e importanti per tante aziende, per il quale il governo aveva sbloccato fondi, erano stati anche aperti conti correnti in cui erano arrivati contributi da tutto il mondo”.
Una parte dei soldi per risarcire i danni dell’acqua alta – osserva – è stata affidata al Comune di Venezia

“che ha liquidato i danni sotto i 20mila euro, ma quelli per i danni più importanti non sono arrivati. Abbiamo presentato al governo i dossier delle fatture già pagate, basta che Conte istituisca una piccola commissione per controllare questi dossier e risarcisca i danni. Almeno così si sblocca la situazione. Chiediamo al premier dove sono questi soldi – aggiunge Alajmo – almeno ci diano quelli promessi. I danni sono stati ripristinati, io ad esempio ne avuti tantissimi e ho speso 180 mila euro”.

(Foto: raffaele alajmo seduto, in piedi claudio vernier, associazione piazza san marco coronavirus/acqua alta 111120)

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