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Vandalismi a Venezia, non solo leoncini. Scritte e cuoricini sul marmo

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Vandalismo a Venezia, non solo leoncini. Scritte e cuoricini sul marmo del Campanile

Mentre si stanno via via placando a Venezia le reazioni per il leoncino imbrattato di vernice rossa (anche se in molti esprimono ancora dissenso per la “pena” decisa dal sindaco Brugnaro contro i responsabili, fermatasi alla semplice “ramanzina”), si scoprono a San Marco altri vandalismi rimasti impuniti. Gesti perpetrati con frequenza quasi quotidiana che non vengono affrontati con la medesima fermezza (anche nelle indagini) perché la loro scoperta non genera lo stesso clamore. La scoperta di nuovi sfregi alla Venezia storica e monumentale si deve alla Nuova Venezia che giovedì 4 ottobre 2018 è uscita in edicola con un pezzo puntuale e preciso per raccontare la nuove barbarie dei giovani del nuovo millenio, verosimilmente. Una categoria di comportamenti che inizia con pennarelli indelebili, o con oggetti atti a graffiare delicate superfici, o con la vergogna dei lucchetti appesi ai ponti. Tutti gesti accomunati dalla stessa mancanza di senso civico, dalla strafottenza del senso della sfida gettata, dalla sensazione di impunità generale.

Non solo leoncini
scritte sulla Loggetta
del Sansovino
Deturpati anche i marmi del ‘500 alla base del campanile
Il procuratore di S. Marco Tesserin: fenomeno vergognoso
di Alberto Vitucci

Scritte in inglese, in veneziano, in cirillico. Graffiti e cuoricini con il pennarello, frasi stupide e incisioni fatte con un coltellino.

Non solo leoncini: in piazza San Marco gli atti vandalici grandi e piccoli interessano anche gli altri importanti monumenti dell’area marciana, le colonne, i marmi. Come la Loggetta del Sansovino, pregevole opera del Cinquecento alla base del campanile.

Dopo il crollo del luglio 1902, la loggetta venne distrutta e ricostruita «com’era e dov’era», utilizzando quasi tutti i materiali originali.
Adesso i marmi della Loggetta sul lato Nord, dove sono le panchine in marmo che ospitano visitatori e veneziani, si mostrano deturpati dalla mano di qualche imbecille.

Scritte vecchie e nuove, mai pulite. Alcune di recente fattura, come quella in pennarello nero che invita in inglese a «non pulire».

Segno della barbarie culturale che non risparmia i monumenti più preziosi del mondo.

Inciviltà che chiede rimedi, non facili. «Purtroppo è un fenomeno diffuso, vergognoso», dice Carlo Alberto Tesserin, primo Procuratore di San Marco da cui dipendono i restauri della Basilica e del campanile, «è davvero avvilente sapere che gli autori di questi gesti siano giovani, studenti di prestigiosi istituti della nostra città. Occorre ricominciare dall’educazione».

Quanto ai possibili rimedi, Tesserin è piuttosto scettico. «Evidente che per fare un grande danno non occorre portarsi dietro il secchio dei vernice», dice, «basta una bomboletta, un temperino, un pennarello. E si danneggiano in un attimo seriamente opere dal valore incalcolabile. Non possiamo mettere un poliziotto per ogni colonna. E il patrimonio culturale, che in questa Piazza ha un concentrato forse unico al mondo, è a rischio soprattutto nelle ore notturne. Quando lo spazio è più godibile e le presenze calano».

«Unico modo per combattere questa follia», continua il Procuratore, «l’unico deterrente è la sorveglianza con le telecamere. Se chi compie un atto vandalico sa che può essere individuato e punito dopo 24 ore ci pensa bene».È il caso dei vandali che hanno… (l’articolo completo su La Nuova Venezia del 04/10/2018)

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