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Tumore al seno, radioterapia intraoperatoria: un diritto per tutte le donne

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medici ospedale in corsia

Per i tumori del seno iniziali la radioterapia intraoperatoria, effettuata durante l’intervento chirurgico, può sostituire la radioterapia esterna tradizionale, che prevede per le pazienti cicli di trattamento per un periodo di circa due mesi dopo l’operazione. Lo conferma la pubblicazione in contemporanea su Lancet e Lancet Oncology di uno studio dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano (coordinato da Umberto Veronesi, Direttore scientifico e Roberto Orecchia, Direttore della Divisione di Radioterapia) e uno studio inglese dello University College London.

«La conferma dell’efficacia della radioterapia intraoperatoria è un’ottima notizia per il mondo femminile» – spiega Veronesi – «Non dimentichiamo che le donne che vivono lontano da un centro di radioterapia, ancora oggi preferiscono a volte sottoporsi ad una mastectomia, anche se non necessaria, piuttosto che affrontare viaggi e costi giornalieri per diverse settimane, per sottoporsi alle radiazioni esterne. Purtroppo la discriminazione diventa quindi economica: in genere sono le donne che vivono in condizioni meno agiate e distanti dai centri urbani ad avere le maggiori difficoltà a spostarsi per curarsi. La Radioterapia intraoperatoria risolve questo problema e per questo penso dovrebbe diventare un trattamento standard per tumori del seno iniziali. Ricevere la miglior cura disponibile è un diritto per tutte le donne».

«Non è da sottovalutare inoltre che la Eliot è una terapia ben tollerata in quanto consente di escludere organi importanti come il polmone ed il cuore, oltre alla cute. La tossicità globale dell’intero trattamento per il tumore del seno risulta quindi molto ridotta» – continua Orecchia – «Eppure in Italia solo 41 centri sono attrezzati per effettuare la radioterapia intraoperatoria e sono dislocati principalmente al Nord: Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna, insieme al Lazio, hanno 4 centri, mentre Calabria, Campania e Puglia ne hanno 1 solo, e la Sardegna nessuno».

I ricercatori IEO hanno sperimentato il metodo ELIOT (Electron IntraOperative Therapy) che utilizza un acceleratore lineare con un braccio mobile in grado di concentrare il fascio di elettroni direttamente sull’area da irradiare per 3 minuti, subito dopo che il chirurgo ha rimosso la parte della ghiandola colpita dalla malattia. Sono state selezionate 1.305 pazienti con tumore al seno iniziale, candidate all’intervento chirurgico di quadrantectomia: metà delle donne è stata trattata con Eliot durante l’intervento, e l’altra metà con radioterapia esterna tradizionale.

A 10 anni i due gruppi hanno mostrato una identica sopravvivenza, intorno al 95%, anche se la percentuale di recidive è risultata lievemente più alta (2,5% rispetto a 0,4%) nel gruppo sottoposto a Eliot.

«Per quanto riguarda le recidive – proseguono gli autori – ci aspettavamo che irradiando solo una piccola parte della ghiandola, il resto rimanesse a maggior rischio. Tuttavia abbiamo scoperto che questo non vale per tutti i casi. Abbiamo identificato precise caratteristiche (tumore superiore a 2 cm, recettori negativi, linfonodi ascellari colpiti e un certo grado di aggressività) che selezionano un sottogruppo di pazienti a cui associare alla Eliot un breve ciclo (meno di due settimane) di terapia esterna. In questo modo il rischio di recidiva è ridotto al minimo per tutte».

Lo studio inglese, chiamato TARGIT e coordinato dal Dott. Jayant Vaidya, utilizza, invece che un acceleratore mobile di elettroni, un dispositivo miniaturizzato che emette raggi x direttamente sull’area da trattare per 30 minuti. Un sistema più semplice e meno costoso, ma che allunga i tempi operatori. I risultati ottenuti sono del tutto sovrapponibili a quelli dello IEO.

Redazione

[01/12/2013]

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