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The Fabelmans, l’ultimo Spielberg: film semplice ma sottilmente e meravigliosamente articolato

The Fabelmans, il nuovo film di Steven Spielberg con cui il regista si conferma il mago dei sogni del cinema americano, sembra volare a briglia sciolta nel corso delle due ore e trenta. Ciò si deve alla maestria di un regista che sotto un'apparente leggerezza ha messo in scena lo spettacolo con le componenti del dolore e del senso di perdita.

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Voglio cominciare con un augurio di buon anno a tutti i lettori de “La voce di Venezia”.
Cinematograficamente il mio è iniziato benissimo, con la visione del nuovo film di Steven Spielberg, “The Fabelmans”, racconto di formazione di un ragazzino che resta folgorato dalla scoperta del cinema.

Nel corso degli ultimi anni abbiamo avuto diverse opere che o riguardavano autobiografie di registi, oppure narrazioni in cui il contesto cinematografico era almeno il brodo di coltura delle vicende narrate. In Italia c’è stato Sorrentino con “È stata la mano di Dio”; negli U.S.A. invece abbiamo avuto “C’era una volta a Hollywood” di Tarantino, oppure “Liquorice pizza” di Anderson. Giusto alcuni titoli che mi balzano alla mente. Differenti modi di approcciarsi al coming of age, alle scoperte dell’orizzonte dell’adultità, all’universo privato parallelo a quello del cinema e dello star system.

Bene, ora cercherò di spiegare perché a mio parere Spielberg è riuscito a surclassare tutti questi altri film.
Se raccontiamo la trama di “The Fabelmans” ci troviamo in imbarazzo. Ciò che esce dalla nostra bocca sembra vanificarsi, assumere una inconsistenza tale che è meglio desistere perché è impossibile restituire la complessità di un film così “semplice” eppure così sottilmente articolato e fondamentalmente amaro e che, molto più degli altri citati, si sofferma sul fare cinema in maniera profonda e continua. Al punto che nemmeno di fronte allo sgretolamento delle vicende familiari della famiglia Fabelman Spielberg perde di vista la visione cinematografica (come nella memorabile scena in cui si discute sulla relazione tra genitori).

“The Fabelmans” inizia col descrivere cosa avviene e come avviene un incontro che segnerà il resto della vita di un individuo. In questo caso è il giovane Sam Fabelman, alter ego di Spielberg (Gabriel La Belle) che si scontra in tutti i sensi con una scena de “Il più grande spettacolo del mondo” di Cecil B. De Mille. Pare quasi di percepire più l’evento di un trauma che quella di una rivelazione. Riprodurre la scena in maniera casalinga è, come ben spiega mamma Mitzi (eccellente Michelle Williams), prendere il controllo di uno choc, replicarlo sino a che non si raffredda e diventa manipolabile e riproducibile infinite volte.

Spielberg non parla di genio sovrumano, di superiorità elettiva ma di individui traumatizzati. “The Fabelmans” sembra volare a briglia sciolta nel corso delle due ore e trenta; questo per la maestria di un regista che sotto l’apparente leggerezza ha messo in scena, senza perdere di vista lo spettacolo, tanto dolore e senso di perdita. Per cui le piccole grandi dis-avventure personali, fatte di incontri con zii solo apparentemente pazzi, crisi matrimoniali, malattie mentali, vicende con bulli della scuola che si accaniscono col piccolo Sam, colpevole agli occhi dei bulli californiani di essere basso ed ebreo, prime cotte, sono perennemente collegate a una parallela “messa a fuoco” a un “montaggio”, a un piegamento in forma di cinema quasi terapeutico che si scontra con la realtà che non è mai un film montato.

È proprio vero: Spielberg, il mago dei sogni del cinema americano è davvero l’ultimo grande rappresentante di quella fabbrica che oggi sembra ormai estinta o che, perlomeno, sta cambiando pelle. Cosciente della necessità della finzione e contemporaneamente di una sincerità disarmante Viene da dire che anche nei film meno riusciti e in quelli dove c’era una percentuale di saccarina in eccesso, Spielberg non ci ha mai presi in giro, c’è stata sempre e comunque un’onestà, una necessità di fare film che è propria dei grandi artisti.

“The fabelmans” ci spiega il cinema di Spielberg come un libro aperto ma allo sesso tempo ci mostra cosa può essere il cinema, prima, durante e dopo la realizzazione sino a fase ultimata. Cosa entra in campo, cosa non entra, cosa non dovrebbe entrare ma purtroppo c’è(In questo senso la scoperta della relazione adulterina è quasi un contro Blow Up antonioniano). E, a questo proposito, la scena finale, che ovviamente non posso rivelare data l’entità della sorpresa, ci chiarisce tutto.

Chi ama Spielberg non potrà non amare “The fabelmans”; chi non lo ama avrà almeno modo di capirlo meglio. Per chi è giovanissimo sarà un documento che racconta esaurientemente cosa fu il cinema americano del secolo che se ne è andato. Anche qui tutto cominciò con un treno…

THE FABELMANS
(id. U.S.A. 2022)
regia: Steven Spielberg
con MICHELLE WILLIAMS, SETH ROGEN, PAUL DANO, GABRIEL LA BELLE

Giovanni Natoli

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