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Task Force: duro scontro Conte – Renzi

Il sospetto è che il leader di Iv aspetti solo gennaio, per aprire la crisi. Preoccupazione del presidente Mattarella per la maggioranza che si sfilaccia in un momento di fondamentale importanza dentro all'Europa.

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La task force per la gestione del Recovery plan è il tavolo dove va in scena il più grave scontro istituzionale degli ultimi mesi con il premier Conte che parla di un colossale fraintendimento ma che non rinnega nulla quindi non fa passi indietro, come invece Renzi annuncia.
Siamo così arrivati alla mezzanotte di una lunga giornata parlamentare con il premier Giuseppe Conte che mette in chiaro che non intende arretrare. Risponde al telefono, da Palazzo Chigi, alle domande dei giornalisti, dopo il duro attacco di Renzi sul Recovery plan.
“Non voglio commissariare la politica” o “i ministri”, assicura. Matteo Renzi gli lancia ultimatum che secondo più d’uno in maggioranza, avrebbero come obiettivo finale Palazzo Chigi. E il presidente del Consiglio fa sapere che è disposto al dialogo, ma non a fare marcia indietro su una struttura di missione che ritiene “necessaria” per assicurare “tempi certi e velocità”.
Probabilmente ai renziani non basterà: “Vuole lo scontro e lo avrà”, commentano dall’assemblea di Iv leggendo le sue dichiarazioni. Conte parla di un “colossale fraintendimento” sulla governance del Recovery: “La norma non è stata compresa o non è stata letta con attenzione”, dice.
Difende, ma non rinnega. Tiene il punto. Sul tavolo ha un’ipotesi di mediazione che prevede lo stop ai sei commissari per le opere: se ne parlerà in Cdm, afferma, ma “ragionevolmente” potrebbero restare sei, uno per missione. Ne discuterà con i ministri e poi

in Parlamento, dal momento che la norma sarà contenuta in un decreto legge e non più – come ipotizzato – in un emendamento alla manovra.
Non si nega, assicura, a un confronto costruttivo e ad aggiustamenti come quello che porta a ridurre di molto gli esperti della task force e far passare ogni decisione dal Consiglio dei ministri. Ma mentre il leader di Iv a Porta a porta si dice sicuro che “farà marcia indietro”, Conte dal suo ufficio di Palazzo Chigi fa capire che intende andare avanti.
“I responsabili di missione hanno compiti di monitoraggio e non sottraggono poteri, prerogative e competenze ai ministri, ad amministrazioni centrali e periferiche”, assicura. “Si è solo pensato a una clausola di salvaguardia nell’ipotesi in cui le amministrazioni centrali non potessero intervenire a esercitare poteri sostitutivi”. Ma sempre “con l’autorizzazione del Cdm”.
E’ una risposta a chi, anche dal Pd, lo accusa di voler accentrare, di non voler aprire alla collaborazione e al dialogo con le parti sociali.
Nicola Zingaretti lo incalza, gli chiede di farsi carico di sciogliere i nodi aperti. Ma la convinzione, diffusa nella maggioranza, è che Renzi abbia aperto un’altra partita,

che altro sia l’obiettivo.
Il sospetto è che il leader di Iv aspetti solo gennaio, per aprire la crisi.
Non tutti i ministri ne sono convinti: secondo alcuni, dietro lo “show”, non c’è voglia reale di rottura, anche perché lo spauracchio restano le elezioni. Ma Conte va a vedere le carte.
Il Cdm slitta, ma lì si tornerà a discutere, della governance, come della ripartizione dei fondi del piano.
E’ l’ora di pranzo quando Conte si collega in videoconferenza con il Quirinale, insieme ai ministri Roberto Gualtieri ed Enzo Amendola: il tradizionale pranzo che precede ogni Consiglio europeo, dopo il contagio della ministra Luciana Lamorgese, viene convertito in video-conferenza. Si parla di temi europei non, fanno sapere dal Colle, dell’attualità politica. Ma il presidente della Repubblica Sergio Mattarella assiste preoccupato da giorni allo sfilacciamento della maggioranza ed è convinto, assicurano fonti parlamentari, che a questo punto sia necessario un cambio di passo, un passaggio di rilancio, anche considerati i dossier di enorme portata all’ordine del giorno, a partire dalla manovra.
Senza considerare il rischio, osservano le stesse fonti, che Conte si presenti indebolito

in Europa, proprio mentre l’Italia riceve la fetta più grande del Recovery.
I partiti di maggioranza si mostrano convinti che si sta davvero scherzando sul fuoco: tornano a rincorrersi le ipotesi di rimpasto, si riaffaccia anche quella di un ribaltone a Palazzo Chigi, c’è la consapevolezza che la prima opzione sul tavolo di Mattarella sarebbe il voto.
Gennaio, dice un dirigente Pd, sarà il crocevia: prima bisogna mettere in salvo la legge di bilancio, poi la verifica sarà ineludibile.
Nel testo della manovra, spiega una fonte di governo, è già deciso che non solo non ci sarà un emendamento sulla governance del Recovery, ma neanche quello per creare una fondazione sulla cybersecurity, che non piace né al Pd, né a Iv, né a una parte del M5s (l’accusa al premier è accentrare troppo il dossier Servizi segreti). Ma Conte non accetta le accuse di poca apertura al dialogo che si è sentito rivolgere da Renzi come, con ben altri toni, dal Dem Graziano Delrio.
Non è più un mistero che la prima decisione sulla ripartizione dei fondi del Recovery abbia scontentato molti, anche tra i Dem.
Dal ministro Roberto Speranza, che dice essere pochi i 9 miliardi alla sanità, alla ministra del Lavoro Nunzia Catalfo, fino alle donne Dem, che chiedono di fare di più per la parità di genere. E’ poco, dice Renzi tirando in ballo Dario Franceschini, anche quanto stanziato per il turismo.

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